Il grido di allarme delle imprese meridionali. Costi energetici e pressione fiscale faranno fallire le imprese
L’importanza dell’analisi geopolitica per i fattori economici europei e italiani e per le dinamiche energetiche è emersa, nel corso degli ultimi mesi, con tutta la sua forza, generando un cataclisma per le imprese che nel meridione italiano vivono una situazione drammatica rischiando di chiudere per sempre. Il recente stop al flusso sul gasdotto Nord Stream che è stato annunciato da Gazprom, la nota compagnia russa, ha innescato profonde incertezze sulle forniture di gas in Europa e in Italia. Gli analisti energetici prevedono un ulteriore aumento dei costi energetici con una stima che prevede 337 dollari per megawattora, uno scenario altamente preoccupante che farà registrare ulteriori aumenti dei costi energetici per le imprese e per le bollette delle famiglie italiane nel corso dell’autunno 2022. Uno scenario altamente preoccupante per il tessuto industriale, commerciale ed economico del meridione italiano. “Il prezzo del gas lunedì sulla piazza di Amsterdam ha chiuso a 280 €/MWh dopo aver toccato quota 295. Il quadro del mese di luglio composto dalle bollette mandate dagli imprenditori e dai nostri clienti fotografa numeri destinati a peggiorare. Le imprese meridionali rischiano il fallimento e con l’arrivo di settembre ci ritroveremo più politici che imprese. La situazione è davvero critica e le imprese meridionali rischiano il fallimento generale. La politica italiana deve intervenire subito nel calmierare i prezzi energetici, rilanciare la diversificazione energetica e limitare i danni che il fisco e la tassazione continuano a creare”, denuncia Umberto Pagano, esperto in diritto societario e internazionalizzazione delle imprese dello Studio Associato Ansaldi & Partners di Napoli. “Tra il 2019 e il 2022, a fronte di un incremento dei consumi del 5%, il costo si è praticamente decuplicato. Il prezzo delle offerte elettriche è salito mediamente del 61%, mentre il prezzo delle offerte gas è aumentato del 21%. Allargando il confronto su base annua, tra aprile 2021 e aprile 2022, gli aumenti della spesa annuale di elettricità e gas per il terziario sono ancora maggiori raggiungendo una “forchetta” che va da +110% a +140%. Nel 2022 la spesa in carburante per gli autotrasportatori si dovrebbe collocare sui 37 miliardi di euro, 7 in più rispetto ai 30 miliardi di euro del 2021. Queste sono analisi concrete in quanto rappresentano calcoli che abbiamo fatto sulla documentazione presentata dai nostri clienti accompagnate da stanzianti richieste di aiuto per non essere costretti a chiudere. Risposte che non sappiamo dare perché oramai è chiaro che i costi energetici sono maggiori del guadagno o fatturato finale. La situazione è davvero preoccupante e a breve non vi sarà più possibilità di rimediare”, rilancia Umberto Pagano. Inoltre, secondo le analisi dello Studio Associato Ansaldi&Partner, i comparti del terziario nel 2022 soffriranno un aggravio di spesa più che doppio, passando da 11 miliardi di euro di spesa nel 2021 ai 27 miliardi di euro attuali. Numeri che destano enorme preoccupazione e che testimoniano ulteriormente il momento di sofferenza delle imprese che nel meridione italiano, accanto a servizi inesistenti, logistica inefficace, fisco e burocrazia criminale, rischiano di far accelerare i processi di delocalizzazione o semplicemente di far fallire le imprese del meridione. I professionisti e consulenti meridionali ribadiscono che non bastano più le misure spot, ma diviene essenziale un programma strutturale che tuteli il tessuto imprenditoriale e le famiglie italiane pensando seriamente anche all’introduzione di meccanismi di Price cap sul gas, un tetto ai prezzi internazionali del metano, imponendo alle varie categorie di operatori lungo la filiera metanifera prezzi massimi nelle loro transazioni.