Il CSC ‘Nuvola Rossa’ partecipa al terzo sciopero globale ‘Fridays For Future’
Venerdì 27 settembre il Centro Socio-Culturale ‘Nuvola Rossa’ parteciperà al terzo sciopero globale promosso dal movimento Fridays For Future, che manifesterà nelle piazze e nelle strade di tutta Italia, e anche a Reggio Calabria, per rivendicare il diritto ad abitare un pianeta più sano e più giusto, nel quale l’umanità non sia minacciata da politiche dissennate che mirano al profitto (per pochi) devastando l’ambiente.
La massa di 250 mila metri cubi di ghiaccio che rischia di crollare su una parte del massiccio del Monte Bianco è l’immagine inquietante del cambiamento climatico ormai pressoché irreversibile e con cui dobbiamo fare i conti. Non in un futuro remoto, ma al tempo della nostra vita, oggi.
La catastrofe ambientale del resto non interessa solo terre lontane. Nelle scorse settimane ha destato scalpore la notizia di una società multinazionale che per anni ha sversato materiale di scarico nelle acque di Reggio Calabria, generando la scomparsa della fauna presente in quell’area. E che dire poi dello Stretto di Messina, vera e propria discarica liquida in cui per decenni ogni tipo di rifiuto è stato riversato, nella più assoluta incuranza della popolazione e degli organi deputati al controllo?
In Calabria peraltro è impossibile non pensare all’emergenza sanitaria ed ecologica rappresentata dalla disastrosa gestione dei rifiuti. Oltre alle inadempienze amministrative degli enti locali e delle società partecipate, siamo ancora molto lontani dall’attuazione della virtuosa filiera di riciclo-riuso-recupero, che permetterebbe una drastica riduzione del conferimento dell’indifferenziato in discariche e micro-discariche, oltre che l’allungamento del ciclo di vita di prodotti e merci.
Della questione ambientale negli ultimi anni si è iniziato a parlare, e giustamente. Tuttavia, ci preme sottolineare che non esiste giustizia ambientale senza una messa in discussione del modello di sviluppo economico capitalista, la cui unica ragion d’essere consiste nella mercificazione degli uomini e della natura. Il profitto a qualsiasi costo; l’imperativo della crescita economica senza curarsi della giustizia e della felicità delle persone; la concentrazione della ricchezza nelle mani di una percentuale irrisoria della popolazione mondiale; l’abbattimento di tutti quegli ostacoli che intralciano l’accumulazione finanziaria rapace o la costruzione di grandi opere che impoveriscono e deturpano i territori, come il TAV o il Ponte sullo Stretto. Da questo punto di vista, Bolsonaro in Brasile non fa che mettere in pratica ciò che il capitalismo predica e pratica da sempre, e che anche le corporazioni politico-economiche italiane attuano quando progettano di impiantare trivelle nel mare Ionio, abbattere alberi secolari per realizzare gasdotti, progettare inceneritori che inquinano l’aria e fanno ammalare le popolazioni.
Questi elementi sono i tasselli costitutivi di un modello economico, politico e sociale che va rigettato e sostituito da uno che leghi la giustizia sociale a quella ambientale: non vi è felicità degli uomini senza cura dell’ambiente. Lo testimoniano i sempre maggiori migranti ambientali, che scappano da terre desertificate per il mutamento climatico e per la penuria di risorse come l’acqua. Nei prossimi anni, saranno infatti soprattutto le popolazioni dei Paesi meno sviluppati a fare i conti con l’assoluta inospitalità dei territori.
Pretendere oggi che questa situazioni inizi a cambiare è un atto di giustizia verso noi stessi ma soprattutto verso le generazioni più giovani a cui consegniamo questo mondo. Lottare per la salute del pianeta è allora rivendicare eguaglianza ed equità generazionale.