“Il camerino degli specchi incrociati”. Un solo libro, tante storie
“Il camerino degli specchi incrociati”. E’ l’opera di Antonio Invito, classe 2000, originario di Ottaviano (NA) e studente di giurisprudenza alla “Federico II” di Napoli, che arricchisce la collana “I Diamanti della Narrativa” dell’Aletti editore. Una raccolta di racconti di vario genere: dal thriller al mitologico, dal fantastico all’horror, dal favolistico all’avventura. Apparentemente scollegati, i testi posseggono un unico filo conduttore: il Mondo Altro, un eremo felice destinato al lettore.
Alla continua ricerca di un equilibrio tra bene e male. «In un certo senso – spiega l’autore – per quanto sia paradossale, l’equilibrio fra bene e male esiste ed è già ben definito. La distinzione nasce proprio dalla loro perfetta coesistenza. Il bene è tale perché comparato col male, e viceversa. Agire nel bene acquista valore solo e soltanto quando il male viene percepito e sorpassato. Scegliere è una suprema forma di libertà». L’opera contiene venti racconti brevi. «Quando intuii il valore raccogliente del titolo – racconta Invito – decisi di chiamare il libro in questo modo. Una raccolta di racconti è come un labirinto di specchi, le molteplici strade che si incrociano rappresentavano svariati viaggi tutti differenti; che però conducono alla stessa meta: il Mondo Altro, una culla per il lettore». E, in riferimento ai diversi generi letterari che si susseguono con un linguaggio asciutto e attento ai dettagli, il giovane scrittore afferma: «Mi piace variare. Le storie non hanno confini, quindi è giusto non porsi limiti attraversando gli oceani dei vari generi letterari. È giusto farlo con il massimo rispetto della forma e della lingua, però è anche bello sapersi divertire e lasciarsi trascinare dalle vicende immaginarie. In ogni caso, se dovessi scegliere un unico genere, sceglierei quello fantastico.
La realtà è fonte di ispirazione, ma spesso è troppo noiosa». Ed è per questo che la scrittura riveste un ruolo importante sin da bambino, quando Antonio scriveva già brevi narrazioni. «La passione per la scrittura è nata successivamente a quella per la lettura, che per scrivere bene è indispensabile. Questa raccolta di racconti risale al periodo liceale, in cui nei momenti di maggiore noia mi divertivo ad inventare storie».
Riguardo allo stile particolarmente ricco e variegato dell’opera, l’autore ne parla nella sua Introduzione, dove si rivolge al lettore in maniera confidenziale, dando subito del “tu”. «Il libro rappresenta la necessità di smascherarsi dietro un verso, di sentirsi esplodere nel proprio io con la forza delle parole e di capire veramente chi siamo prestandoci al vissuto di un personaggio, con la percezione di essere più capienti nel portamento di noi stessi. Questa raccolta di racconti tocca forse tutti i generi, oppure nessuno. Non sta a me dirlo. Sta a me, invece, sperare che alcune delle mie proiezioni generino sentimenti piacevoli».
E’, poi, sul concetto di povertà e autenticità che l’autore si sofferma anche nel parlare della sua ispirazione: «Di solito mi raggiunge negli attimi più impensabili, per esempio sotto la doccia o nel dormiveglia. Qualche volta nasce dal nulla, altre volte da qualcosa che osservo con molta attenzione. I personaggi dei miei racconti nascono sempre dal concetto di povertà, nel senso che mi piace pensare che la vera essenza dell’umanità sia nelle cose che devono essere riempite, non in quelle già adornate. È bello credere che il cuore della Terra risieda in tutto ciò che spesso viene scartato oppure ignorato».
Federica Grisolia
(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)