Il 4 dicembre anche in Calabria si scende in piazza per il No Draghi Day, giornata nazionale di protesta del sindacalismo di base e conflittuale.
Contro le misure economiche del governo Draghi. Contro licenziamenti, privatizzazioni, delocalizzazioni e carovita. Per far sentire anche in Calabria la nostra voce alla nuova giunta regionale ed ai padroni della sanità privata, che con la fresca nomina di Occhiuto, sono pronti a continuare a speculare sulla vita delle classi popolari calabresi.
La Legge di Bilancio prodotta dal governo Draghi conferma il nuovo e pesante attacco alle condizioni di vita dei settori sociali più deboli del paese mentre stanzia ulteriori risorse per le grandi imprese e le rendite finanziarie.
Gli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia provocano un rincaro delle bollette e del carovita che colpiscono lavoratori e lavoratrici, che hanno salari bloccati da contratti non rinnovati, pensionati e disoccupati. Mentre sulle pensioni si mantiene l’impianto della Fornero con un rialzo dell’età pensionabile, al Reddito di Cittadinanza si introducono misure per restringerne la platea e per forzare i percettori ad accettare qualsiasi lavoro: part time, precario e a grande distanza dalla residenza. Sul fisco si preannuncia l’abolizione dell’IRAP, cioè dell’unica tassa ineludibile per le imprese, mentre le riduzioni per i lavoratori verranno indirizzate verso i redditi medio-alti (tra i 28 e i 55mila euro).
In una fase in cui è ormai operativo lo sblocco totale dei licenziamenti, crescono i morti sul lavoro e sono ancora visibili gli effetti pesantissimi della crisi pandemica, la manovra economica concentra le risorse sulle grandi imprese, esattamente con la stessa logica con cui si è elaborato il PNRR, e non si pone il problema drammatico della riduzione delle fortissime disuguaglianze sociali attraverso la redistribuzione del reddito. Quasi inesistenti sono gli investimenti pubblici nei settori chiave della vita sociale, come sanità, scuola e trasporti urbani, fondamentali anche per contrastare, oltre ai necessari vaccini, la diffusione della pandemia. Non ci sono né sono previsti interventi per rialzare i salari in un paese dove è in forte crescita il lavoro povero, senza tutele ed il lavoro in nero. Viene inoltre riesumato il pericolosissimo progetto di autonomia differenziata, destinato ad aumentare le differenze territoriali e sociali. E ancora una volta non ci sono interventi sulla drammatica questione abitativa per incrementare l’offerta di alloggi popolari, né ci sono risposte al dramma degli sfratti.
A completare il piano di Draghi c’è invece il disegno di legge del governo sulla concorrenza che prepara una privatizzazione selvaggia di tutto ciò che resta ancora di pubblico nel nostro paese: dai trasporti locali all’energia, dall’acqua all’igiene ambientale, dai porti fino al rilancio in grande stile della sanità privata. Con la legge di bilancio e il disegno di legge sulla concorrenza Draghi sta realizzando i diktat dell’Unione Europea e soddisfacendo tutte le richieste di Confindustria, senza incontrare alcuna vera opposizione sul piano politico e con il silenzio complice di Cgil, Cisl, Uil.
In Calabria tutte queste manovre pesano il triplo e vanno a peggiorare drasticamente condizioni sociali ed economiche già molto precarie. Nel nostro territorio infatti, oltre ad esserci intere categorie di lavoratori, come i tirocinanti, gli ex Lsu-Lpu, i lavoratori dei call center, eccetera, a non ricevere risposte esaustive su un futuro sempre più incerto, quasi tutti i lavoratori dipendenti operano nella maggior parte dei casi con contratti illegittimi, sottopagati, sottoposti perennemente a ricatti resi possibili dai tassi altissimi di disoccupazione sui quali i datori di lavoro speculano indisturbati.
La Calabria è la regione più povera d’Italia, le centinaia di migliaia di giovani e meno giovani che ogni anno sono costrette a trasferirsi altrove per un posto di lavoro dignitoso ne sono un’amara testimonianza, ma di questa emorragia al Governo Draghi poco importa. E se le condizioni occupazionali sono pessime, sul fronte dei servizi la Calabria conquista un’altra maglia nera. Il blocco del turnover per il personale sanitario determina, fra gli altri fattori, condizioni lavorative disumane e prestazioni scadenti, mentre il mercato della sanità privata continua a crescere rigoglioso a scapito di dipendenti malpagati o licenziati e pazienti trattati come merce.
Intanto perdura la crisi dell’agrumicultura calabrese, iniziata ormai oltre un decennio fa, e per la quale non sono state adottate soluzioni e misure adeguate per contrastarla. I prezzi sempre più bassi imposti dai padroni del cibo – e quindi delle nostre vite – comportano una sempre maggiore quantità di frutta lasciata a marcire sugli alberi. I progetti di sviluppo, nazionali e regionali, riguardano non più di mille ettari a fronte di un patrimonio calabrese di 30 mila ettari di agrumeti produttivi. Tutto ciò alimenta una sempre più feroce “guerra tra poveri” nella quale il prezzo più alto viene pagato dalle categorie di lavoratori più fragili e con meno tutele, cioè i braccianti, italiani e stranieri. Per questi ultimi, costretti a vivere nei ghetti e nelle baracche, le istituzioni non conoscono altre risposte se non marginalità e razzializzazione.
Il riuscito sciopero generale dell’11 ottobre, promosso da tutto il sindacalismo conflittuale e di base, con la sua piattaforma di lotta ha individuato con precisione i temi sui quali proseguire la mobilitazione. No ai licenziamenti e alle privatizzazioni. Lotta per il salario minimo e il reddito garantito. Cancellazione della Legge Fornero, contrasto al carovita e ai diktat dell’Unione Europea. Rinnovi contrattuali e lotta alla precarietà per la piena occupazione. Forti investimenti per scuola, sanità, trasporti e previdenza pubblica, contro le spese militari e le missioni all’estero, a favore di una necessaria spesa sociale. Per un fisco equo che aggredisca le rendite e riduca le disuguaglianze sociali. Il programma di lotta dell’11 ottobre oggi esce rafforzato dai nuovi provvedimenti presentati da Draghi, che ne confermano l’indirizzo fortemente antipopolare.
È dunque urgente la costruzione di un vasto movimento popolare che contrasti con la mobilitazione e la lotta questo disegno autoritario destinato ad approfondire le disuguaglianze e ad aumentare la povertà.
Il sindacalismo di base propone e si impegna a costruire una Giornata di protesta nazionale per il prossimo 4 dicembre denominata “No Draghi Day” e invita, pertanto, tutti i movimenti e le realtà sociali e politiche a costruire la mobilitazione in forma unitaria e condivisa.
Le manifestazioni in Calabria saranno a Cosenza, in Piazza Kennedy alle ore 17:00, e a Reggio Calabria, in Piazza Camagna alle ore 17:00
COBAS – USB – OR.S.A. – FUORI MERCATO