Il 25 aprile, tra giudizio e processo: ieri come oggi le due facce della realtà storica Di Al. Tallarita
Parlare del passato vuol dire sempre comunque giudicarlo?
Forse no.
La visione asettica dei fatti non è sempre possibile, seppur auspicabile.
Domandarsi sulla società Italiana e la natura umana proprio il 25 aprile. Una data che ritroviamo non solo in Italia, commemorazione del giorno della Liberazione, ma anche in altre nazioni, come o Dia da Revolução dos Cravos, in Portogallo. Momento storico celebrativo, di qualcosa che segna uno spartiacque, fra un prima e un dopo. Ma i conti con la storia sono diversi, il racconto è diverso, il fondamento è diverso. La narrazione di una storia, che si è fatta tale, in una lotta di fratelli contro fratelli. Quella che è stata in Italia e il racconto che tutt’oggi lascia molte domande aperte. Su quali furono le condizioni che portarono nell’Italia la discesa del regime fascista. E sulla sua evoluzione sino al conflitto. Degli uomini e delle donne, di quel popolo che osannò il regime per oltre 20 anni.
Cosa successe dopo?
Molti speravano che quella guerra, dovesse essere persa. Per ritornare a una staticità tranquilla, alla quale non si sarebbe più ritornati.
E allora si apre quell’enorme baratro del giudizio. Quell’opportunità di scrivere privi di quel giudizio storico, analizzando né da vincitore, né da vinti, ma da spettatori, gli anni che avevano preceduto quel 25 aprile e quelli che sarebbero venuti dopo.
Come fece Satta che proverà a raccontarci tutto questo, nel suo ‘De Profundis’ . Dove fa del processo, l’ineludibile attore del presente, per spiegare il corso della storia, nella realtà italiana, mentre è impossibile il giudizio. In quanto il coinvolgimento generale, di tutte le parti di quella unità, che poi venne distrutta, priva dell’imparzialità, dovuta alla spiegazione della realtà storica, è vivo.
Del fascismo, della guerra, della sconfitta.
Ecco perché molti al di là del colore politico, hanno fatto molta fatica a confrontarsi, per esempio, con la sua testimonianza scritta, con ciò che conteneva. Vale a dire quella testimonianza cronistica, compiuta da chi era lì, in mezzo, a vivere quella realtà.
Una visione che Einaudi, a cui venne presentata per la pubblicazione, definirà ‘radicalmente diversa dalla loro’. Un’assenteista, per loro, invece ferocemente realista. E questo stesso realismo, fa vedere la resistenza, in tutta la sua crudezza. Di quei non belligeranti che diventano belligeranti e che entrano in questa dimensione di guerra costante, che distrugge la Patria e l’unità.
Revisionismo storico e ricostruzione tutto si mescola. Arrivando ad un oggi, a quello stesso malcontento, che riporta ad allora. Che scuote le percentuali dei sondaggi, quelle proiezioni di voto a campione, perché la ricerca di una tranquillità relativa, così come quella che fu dell’unità, hanno la stessa motivazione. Cercare benessere per tutti. Ma questo non è sempre realizzabile, dove per uno che vince c’è uno che perde e per uno che si arricchisce c’è sempre uno che s’impoverisce. E alla pancia della gente cosa interessa davvero, se non la visione e la pratica di questo benessere, prima individuale, poi sociale. Quando la pancia resta vuota, il popolo comincia a protestare. E la paura crea reazione. Sposta il voto, il suo appoggio, a coloro i quali possano vestire la voce della sua protesta, del suo malcontento. Sì questo è anche il cuore del populismo, che questa pandemia sembra aver fermato in questo momento. Ma è anche il cuore di qualcos’altro, che non ha un nome preciso, che cambia spesso i corsi della storia, che poi si racconta attraverso le sue date le sue strade, le sue stragi, le sue giornate storiche.
Ma è possibile guardare a quel passato, nel senso del presente, senza la conflittualità destata dal giudizio…o probabilmente no.. ma col senno di poi è sempre tutto, troppo semplice, troppo facile.
Quello che successe in Italia, fu un caso particolare, unico in cui gli amici diventano nemici e i fratelli cominciarono a combattersi a uccidersi fra di loro. Il sogno dell’Unità era svanito, quel benessere vissuto per un ventennio era svanito cosa avrebbe portato la ricostruzione a cosa avrebbe portato col segno di liberazione?
Il processo e il giudizio, si uniscono e si distruggono, richiamandosi l’uno con l’altro, impossibilitati a vivere l’uno senza l’altro.
Il primo in evoluzione, il secondo statico.
Gli italiani, questa resa dei conti con la storia, con la realtà storica, non l’hanno mai fatta e forse difficilmente riusciranno mai a farla.
Quell’italia che si trova alla fine del secondo conflitto mondiale, vinta e vincitrice, dalla parte tanto degli Uni quanto degli altri. Così come il suo popolo, vinto o vincitore, diviso come oggi lo ritroviamo.
“(..) totale mancanza di poesia è la vera poesia della guerra (..) si è andata ogni giorno più rivelando uno
spettacoloso omicidio rituale, e in questa idea religiosa sembrano risolversi e superarsi i problemi che essa solleva,
primo fra tutti quello angoscioso del male. (..) non sono dei mostri: sono i ministri di un dio non immemore.”. (Satta)
#altallarita #pensieroalternativo #25aprile