I cristiani della nostra terra di Calabria ai tempi del Coronavirus

Ai tempi del Coronavirus ognuno si attrezza come può per non cedere allo sgomento. I credenti sono chiamati ed esortati dai loro Pastori ad osservare tutte le precauzioni per evitare il contagio del Coronavirus, ma anche a vincere il male attraverso la preghiera. Così scriveva San Paolo: «tutto concorre al bene per quelli che amano Dio» (Rm 8,28) e il Coronavirus, da un male oggettivo quale è, può anche essere utilizzato – sia ben chiaro in seconda istanza – per imparare a pregare di più e a perseverare nella preghiera, secondo l’ammonimento dell’Apostolo: «siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie» (1Ts 5,16-18). Può cioè trasformarsi in una “opportunità pastorale”, non cercata ma ben vissuta. Ma se non pregano i cristiani – e in particolare i cattolici -, chi pregherà? Lo hanno capito benissimo i sacerdoti, che attenendosi alle disposizioni della CEI, in questi giorni dovendo celebrare a porte chiuse, nell’era dei mezzi di comunicazione si sono attrezzati per portare la preghiera, della Messa in questo caso, nelle case dei loro fedeli. I fedeli non possono venire in chiesa? Bene, andiamo noi da loro è la risposta di diverse parrocchie italiane che, allo scopo di raggiungere chi si sente abbandonato, hanno deciso di trasmettere la messa sui social e sui vari siti web. Nel nostro territorio calabrese i cattolici come reagiscono alle ultime disposizioni? Vogliamo citare un caso che sicuramente invita alla riflessione… Infatti a Varapodio (RC) il giovane e dinamico parroco delle due parrocchie della Diocesi pianigiana, don Gaudioso Mercuri, conosciuto per il suo impegno nel sociale, nella giornata di ieri, celebrando la Santa Messa nella Chiesa di Santo Stefano con diffusione audio dagli altoparlanti collocati sul campanile e trasmessa in diretta sul profilo della pagina facebook delle parrocchie, si accorge alla fine della celebrazione che i suoi fedeli si trovavano “isolati” ma in vera comunione è il caso di dirlo, davanti al sagrato della chiesa e nelle proprie autovetture per assistere alla S. Messa, nonostante le porte della chiesa fossero chiuse. Così il sacerdote scrive sul suo profilo FB: < > Sembrano immagini di fede di un tempo ormai antico che ritorna, che vede la parrocchia, comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare. Senza la celebrazione eucaristica una comunità cristiana manca del compimento, è come una famiglia nella quale ci si incontra e ci si ascolta, si collabora, senza però condividere la mensa. Tante comunità cattoliche nel mondo sono costrette a rinunciare a questo dono, perché mancano i sacerdoti che possano celebrare tutte le domeniche o perché le persecuzioni impediscono loro di trovarsi regolarmente; oggi l’Italia vive questa situazione di impossibilità nella partecipazione attiva alla Mensa Eucaristica, per un bene ulteriore: la salvaguardia della salute. Chissà se al tempo del coronavirus l’uomo imparando l’arte di trarre il bene dal male non ritroverà anche i veri valori cristiani ormai andati in disuso?!
“Domani sera alla fine della S. Messa intorno alle 18.30, – annuncia don Gaudioso- impartiró la benedizione al nostro paese con il Santissimo Sacramento, dal portone principale della nostra chiesa di Santo Stefano, dopo una breve adorazione”.