Federalismo differenziato. Una pietra tombale sulla coesione territoriale

Il dramma di accrescere le differenze tra nord e sud. Il tracollo definitivo per quelle aree periferiche anche rispetto al resto del Mezzogiorno.

C’era d’aspettarselo! Noi ce l’aspettavamo. Prima o poi sarebbe dovuto succedere. Non pensavamo potesse accadere adesso, in questo momento particolare. Dopo due anni di pandemia ed a tre mesi dall’inizio di una guerra rovinosa e dolorosa per gli ucraini, ma anche per tutti i popoli europei. Ne prendiamo atto e non faremo mancare le nostre parole di dissenso e di opposizione.
Ci riferiamo al federalismo differenziato. L’agognato obiettivo perseguito e ricercato sin dalle prime manifestazioni elettorali dai Rappresentanti della Lega Nord. Ebbene oggi, questo, potrebbe realizzarsi grazie al Ministro agli affari regionali che, a seguito lo strappo consumatosi con il Leader di Forza Italia, risponde in toto ai Governatori del Nord.

Un tentativo maldestro, l’ennesimo, per tentare di stravolgere la Costituzione.
E questa volta, con il disegno di legge già pronto e preconfezionato dalle solite scrivanie venete, lombarde ed emiliane, alle quali si sono aggiunte le bramosie di Piemonte e Toscana.

L’articolato è un disegno di legge composto da cinque punti. Il primo definisce i principi generali, e dunque il riconoscimento di “particolari forme di autonomia ai sensi dell’art.116 e le modalità di intesa tra le Regioni e lo Stato”. Tuttavia è l’articolo quattro quello destinato a scardinare il principio fondante della Carta Costituzionale. Questo prevede che le risorse finanziarie necessarie all’esercizio da parte della Regione delle funzioni trasferite — “siano determinate nell’intesa dall’ammontare della spesa storica sostenuta dalle Amministrazioni statali della Regione interessata per l’erogazione dei servizi pubblici oggetto di devoluzione”— e, continua, con l’affermazione che le Regioni —“ricevendo esattamente la quota corrispondente alla spesa storica saranno incentivate ad efficientare l’esercizio delle funzioni trasferite al fine di trattenere le risorse risparmiate”.

Quanto virgolettato è ciò che, da sempre, chiedono i Presidenti delle regioni Veneto ed Emilia Romagna. Non partecipare al processo perequativo dello Stato in nome di un’efficienza, tutta da dimostrare (a nostro parere indimostrabile), delle loro Regioni che, per anni, hanno ottenuto più risorse di quante avrebbero dovute riceverne.
L’intesa prevede che le risorse necessarie a finanziare le funzioni trasferite siano tratte da tributi propri della Regione o da compartecipazione al gettito di tributi maturati nel territorio regionale. Condizione necessaria per il trasferimento delle funzioni richieste e delle risorse corrispondenti resta la definizione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni), in 4 materie che saranno oggetto di richiesta: sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale.
Viepiù, in un secondo momento, l’articolo 4 prevede, una volta definiti i Lep, anche il superamento della spesa storica attraverso la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard.

A questo punto ci sia concessa un’osservazione. In tal modo si potrebbe creare una spaccatura ancora maggiore nel divario tra nord e sud, con arretramento ancor più marcato per quelle aree periferiche che rappresentano il sud nel sud.

Siamo in presenza di un attacco alle corde più sensibili della nostra Costituzione. Con il rischio, sempre più concreto , di rompere la tenuta di una comunità solidale. Si stanno mettendo sul piatto da gioco disparità di trattamento tra persone, indebolimento dei diritti di cittadinanza e, forse un domani non troppo lontano, anche la differenziazione tra i salari.

Per questo riteniamo che il Ministro per il sud, assieme a tutti i Presidenti delle Regioni meridionali e ad una Rappresentanza istituzionale regionale e nazionale dell’area che nel Mezzogiorno sconta il ritardo più atavico, l’Arco Jonico, si facessero interpreti e portavoce, con il Governo e con il Primo Ministro di quello che potrebbe rivelarsi un boomerang per le Regioni e per le popolazioni del Sud ed un ecatombe per l’area Jonica calabro-appulo-lucana.

D’altronde accettare una soluzione come quella proposta dal Ministro agli affari regionali equivarrebbe a confermare il conclamato spaccamento in due del Paese. E verrebbero meno anche i dettami imposti da Bruxelles circa la coesione territoriale, atteso che, l’Europa ci chiede di concedere maggiori spettanze a chi è rimasto più indietro per consentire un sostanziale pareggio territoriale fra aree dello stesso Paese.
Ed è grazie a questo principio che l’Italia risultò essere beneficiaria del più cospicuo pacchetto di fondi next generation UE.

Se aggiungiamo che, a livello nazionale, la distribuzione dei fondi PNRR sta disattendendo i parametri richiesti dall’Europa, i presupposti di questo federalismo differenziato potrebbero conferire il colpo di grazia alle Regioni meridionali. Il tutto con la certezza matematica che aree come quella jonica, devastate da una disoccupazione due volte superiore a quella dello stesso Mezzogiorno e tre volte rispetto quella dell’intero Paese, saranno destinate a desertificarsi. E l’esodo, già in atto da tempo, verso altri lidi, diventerà inarrestabile.

Riteniamo, infine, che non possa essere accettata una così palese differenziazione tra cittadini dello stesso Stato. Con la consapevolezza che se si procederà verso tale disparità di trattamento si creerà un inedito sistema di “scala mobile” al contrario dove chi già sta meglio continuerà a vivere una vita agiata e chi sta peggio finirà alla fame.

Giovanni Lentini

Domenico Mazza

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