“Esposti, Limbo ed Arsenicali nel ‘700”. Uno spaccato vero di quella Sicilia
Una trovatella viene ospitata in una cittadina della Sicilia dalla famiglia del Duca fondatore del recente agglomerato. Inizia così il romanzo “Esposti, Limbo ed Arsenicali nel ‘700”, scritto da Lucio Portera, autore siciliano, nato a Messina ma che attualmente vive a Palermo. Il libro è pubblicato nella collana “I Diamanti della Narrativa” dell’Aletti editore. «Ho voluto riassumere così – spiega lo scrittore – aspetti della vita del ‘700 italiano, in cui avevano rilevanza sociale certe figure (“gli ignoti”), certe pratiche religiose estreme (salvare le anime dei neonati morti prima del battesimo), e certe pratiche, alcune clandestine e proibite, aventi a che fare con un prodotto da laboratorio: l’arsenico, molto usato in cosmetica, in cucina, in pasticceria in particolare, in falegnameria e altri settori, oltre che materia assai primaria di speziali, ma anche, clandestinamente, di fattucchiere etc…».
Il romanzo inquadra, nel suo insieme, uno spaccato della realtà dove la protagonista vive un suo dramma, personalissimo, alla cui origine può intravedersi la vanità femminile, ma non soltanto. Educata e sufficientemente istruita, resta nella residenza del Duca anche dopo lo sfortunato matrimonio con un licatese e la nascita della figlia, già orfana di padre. Dopo la vedovanza e la venuta al mondo dell’orfana, diviene protettore – senza alcuna allusione – delle due sventurate, l’arciprete del paese, uomo dotto, enciclopedico, dedito alla salvezza dell’anima dei nascituri in difficoltà di sopravvivenza al parto, mediante taglio cesareo, onde fare in tempo a battezzare il feto appena salvato. Il parroco viene trasferito a Palermo e con lui madre e figlia, in separate abitazioni. La madre si risposa, ma resta vedova per la seconda volta. Segue un periodo di normalità durante il quale avvengono accadimenti di ordinaria amministrazione: morti naturali, matrimoni, nascite, lauree. Di anormale verso la fine della storia c’è che a Palermo arrestano una megera, dedita alla stregoneria, accusata di plurimo omicidio. Il giorno dell’esecuzione della pena alla quale la strega viene condannata, muore anche la protagonista della storia. Le due donne, morte lo stesso giorno, si erano incontrate in vita una sola volta, circa 40 anni prima.
«Il turbamento – racconta l’autore del romanzo – durerà quanto la sua vita e quando, improvvisa, sopraggiungerà la morte (coincidente con quella che indirettamente aveva provocato la grave turbativa), la madre non sarà riuscita a confessare, nemmeno allora, il dramma che l’aveva così turbata nell’intimo». In tutta l’opera si riscontra il tentativo di conciliare in un “unicum” così tanti elementi eterogenei; lo sfondo, i fatti, i personaggi e le loro vicissitudini sono realtà dell’epoca. «Nei racconti – conclude Lucio Portera – l’intento è quello di trasmettere al lettore quali siano stati gli elementi ispiratori del mio “stare al mondo” ma pure, in alcuni casi, gli elementi reconditi, meno superficiali, ancorché apparentemente criticabili, di taluni fatti o fatterelli. Inoltre, la conoscenza di “vita vissuta in altri tempi” e con essa il messaggio di non fermarsi, nel giudicare, soltanto alle apparenze».
Federica Grisolia
(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)