Si è concluso con un bel successo di pubblico, il quarto appuntamento della Decina 2025 del Premio Sila, che ha visto protagonista Giulia Corsalini e il suo ultimo romanzo “La condizione della memoria”, edito da Guanda, tra le opere della Decina 2025. Ieri sera, la libreria Mondadori di corso Mazzini, ha registrato una grande affluenza, confermando il Premio Sila come appuntamento imperdibile per gli appassionati della letteratura contemporanea.
COSENZA, 15 aprile 2025 – Ieri sera, il sipario della Decina 2025 si è aperto sulla libreria Mondadori di corso Mazzini, a Cosenza. Il quarto appuntamento della Decina 2025 del Premio Sila è stato dedicato a “La condizione della memoria” il romanzo di Giulia Corsalini. L’evento, caratterizzato da una notevole partecipazione di pubblico, ha visto l’autrice dialogare con Battista Sangineto e la direttrice del Sila, Gemma Cestari, sui temi centrali del romanzo: la memoria come strumento di conservazione dell’esperienza umana e il suo carattere (talvolta) ingannevole.
Un viaggio emozionante nella memoria
Durante la serata, l’autrice ha offerto al pubblico una riflessione profonda sui temi centrali del romanzo. «Scrivere questo libro è stato un processo intenso – ha raccontato Giulia Corsalini –. Ho cercato di esplorare il modo in cui i ricordi possono diventare un ponte tra ciò che siamo stati e ciò che possiamo ancora essere».
«Questo libro nasce da una riflessione sulla memoria che si è fatta sempre più urgente in questi anni, per la mia età e per il tanto che si perde nel corso della vita», ha spiegato l’autrice. «La domanda era questa: se la memoria in questo può essere un alleato, se la memoria possa trattenere qualcosa di ciò che si perde».
Gemma Cestari ha sottolineato «la qualità altissima della scrittura, precisa e affilata», evidenziando come il romanzo rappresenti «una grande e profondissima riflessione sull’ambivalenza della memoria».
Roccasecca, in Ciociaria
La storia, ambientata in un piccolo borgo della Ciociaria chiamato Roccasecca, racconta di Anna, una donna di cinquant’anni che dopo aver perso il lavoro e vissuto una separazione, decide di trascorrere una vacanza con la madre anziana nella casa di famiglia. «Ho visitato questo paese che è un piccolo paese arroccato alle pendici di una montagna, e l’ho trovato in completo abbandono», ha raccontato Corsalini. «Tutte le case erano in abbandono, derelitte, con cartelli ‘vendesi’. E così ho immaginato che la protagonista decidesse di fare questa villeggiatura con la madre nel luogo d’infanzia della madre».
Battista Sangineto ha definito il libro «molto denso, con un andamento narrativo apparentemente semplice, affilato, piano, lento, però con uno stile letterario che si potrebbe definire proustiano», sottolineando alcuni passaggi di grande intensità lirica: «Non ricordava nella sua infanzia momenti di vera gaiezza, ma un insieme di ore languide».
«La memoria viene indagata e analizzata in tutte le sue complicazioni, nel suo carattere anche ingannevole e illusorio», ha precisato Corsalini. «Ma tutto questo viene fatto non per fermarsi a quel passato, ma per salvare qualcosa nel presente. Riconoscere il valore di quelle vite lontane nel tempo diventava per me un modo per riconoscere il valore di ogni vita secondaria, di ogni vita umiliata e perduta».
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Tre domande a Giulia Corsalini
Abbiamo voluto approfondire ulteriormente alcuni dei temi del libro con l’autrice…
Che significato ha lo “spaesamento” nel suo romanzo?
Penso che lo spaesamento sia la dimensione ideale per l’immaginazione, per la scrittura. Cioè, tutte le volte che ci si trova in una condizione in cui non si riconosce la realtà e ci si può sorprendere della realtà e vederla come nuova, anche una realtà così semplice e derelitta come quella narrata, allora lì scatta il processo immaginativo, la possibilità della creazione.
Come si intrecciano, nel libro, le storie dei personaggi locali e quelle dei migranti?
Quello che mi colpiva è che ci fosse questa specie di circuito di scontro, di incontro tra una realtà che era tutto passato e una realtà che era tutta futuro. E questo che li accomunava. Era proprio questa dimensione di marginalità, questa condizione secondaria per cui tutto potrebbe essere cancellato.
Quale ruolo ha la figura del vecchio professore?
Sì, c’è un vecchio professore che quando Maria sta morendo le dice «ma lasci perdere il passato, che cosa potrà recuperare con la memoria» le dice «barlumi che la illuderanno». Anzi, nel momento in cui raccoglierà questi barlumi, si spegneranno nelle sue mani. E sarà lei a cancellare il ricordo dei suoi morti.