E’ di nuovo Autunno!
Ottobre, le ombre si allungano sulla spiaggia, ormai solitaria, il mare canta una triste ninna nanna al tramonto che dipinge di rosso il cielo.
L’autunno è ormai arrivato con il suo fagotto di foglie dorate , con le castagne e le noci che profumano d’infanzia, di sogni perduti, di lacrime e illusi racconti.
E’ tempo di bilanci, si tirano le somme dell’estate ormai finita: meravigliosa principessa vestita di sole, di libertà, di profumi, di canti e bellissimi fiori.
Ho lasciato un pezzettino del mio cuore a Locri, davanti alla colonna del tempio di Marasà, dove la mia anima ha danzato insieme alle sacerdotesse di Afrodite.
Un altro pezzettino di cuore è rimasto al Parco Archeologico dei Tauriani a Palmi, dove ho accarezzato la Torre Saracena e ho sognato cullata dai canti delle cicale, amate sorelle.
Ho finalmente “conosciuto” San Fantino il Cavallaro e Sant’Elia Lo Speleota.
Da tempo sognavo di conoscerli, come dire: ”tutto arriva per chi sa aspettare”.
Un’estate fatta di fogli, inchiostro, incanto, magia, sogno, storia e preghiere.
Al Bosco di Rosarno sotto un cielo trapuntato di stelle, mi sono emozionata cantando a Maria, Madre di tutte le madri.
Ringrazio Don Pasquale Ciano per avermi coinvolta.
A Nicotera superiore ho visto Selene inargentare il cielo, ho accarezzato il profumo della storia, in quei graziosi vicoletti dove il tempo sembra essersi fermato.
Ho scoperto che anche ad Oppido Mamertina la notte profuma di magia.
Un’estate dove non è mancato il dolore.
In primis per la mia terra, ancora una volta violentata. Mi riferisco agli incendi che hanno distrutto le nostre montagne.
Incendi consumati nell’indifferenza generale, tutti presi alla coltivazione dei propri orticelli.
Qualche scarno comunicato e poi il silenzio.
A questo dolore, si è aggiunto un altro altrettanto grande: la Partenza dei Padri Salesiani da Gioia Tauro.
Una sconfitta per la città, per i giovani, per le famiglie.
Un dolore che mi ha trafitto l’anima, al pari degli incendi.
“Partire è morire” aveva detto un giorno don Pasquale Cristiani.
Ma io dico che spesso anche “restare è morire”.
Ho pianto ancora davanti alla “Bruna” di Seminara(Madonna Dei Poveri) e davanti a San Rocco, perché come diceva don Luca Asprea “San Rocco d’Acquaro è sempre san Rocco d’Acquaro”.
Ho rivisto dopo tanti anni Zerbò con il suo verde incantato e ho comprato a Gambarie D’Aspromonte una piccola madia in legno, per “vedere” ancora mia nonna intenta ad impastare il pane.
Amata estate, alla foce del fiume Petrace, l’antico Metauros caro ad Oreste, arrivato da lontano per guarire dalla pazzia.
Lì alla foce del fiume Petrace un gabbiano mi ha sorriso, lasciandomi in dono una piccola conchiglia.
Avrei voluto fermare il tempo, dire all’autunno: “Alt! Non si passa”.
Invece è arrivato ancora, a dispetto di tutto e tutti, portando nel mio cuore un’antica nostalgia, un nodo alla gola, un’attesa disattesa.
Non lo si può fermare, e lei la cara principessa è ormai nel cassetto dei ricordi insieme alle conchiglie, dono del mare infinita distesa d ‘azzurro, alle chioccioline raccolte ai piesi della colonna del Tempio di Marasà e un sassolino raccolto al Parco dei Taureani .
Un gallo che “abita” al di là della vecchia ferrovia della Calabro-Lucana, all’alba canta.
L’ho ascoltato tutta l’estate.
Tra un punto e una virgola il suo canto mi ha fatto compagnia, come un’antica preghiera mai dimenticata.
Il mio bilancio è positivo. Don Pasquale mi ha detto : ”Guarda sempre il bicchiere mezzo pieno”.
Lo guardo questo bicchiere, è qui davanti a me, mentre il gallo sta cantando ancora.
Lo guardo e sorrido, piango, sogno, prego e, soprattutto spero.
Spero che l’autunno mi porti nuove pagine da riempire.
Scrivere per non dimenticare, scrivere per sognare, scrivere per esistere.
Scrivere per poter volare ancora, verso una nuova estate fatta di sole, sole e ancora sole.
Ieri a San Nicodemo la siepe era vestita di rosso, l’ho accarezzata, il suo profumo ha riportato al mio cuore un’antica preghiera, l’ombra del vento e il sogno di una sbiadita felicità.
Caterina Sorbara