“Dieci lezioni per un mondo post-pandemia” Fareed Zakaria: narratore del prossimo futuro. Di Al. Tallarita
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“TEN LESSONS FOR A POST-PANDEMIC WORLD’’, il libro, tradotto in italiano uscirà nel luglio nel 2021, ha fatto già il giro del mondo in diverse lingue. Io l’ho incontrato in aereo, nella sua versione inglese, incuriosita da quella copertina e da quel titolo. Lo stava leggendo una persona, piuttosto conosciuta, seduta davanti a me; fu la prima volta. Successivamente l’ho cercato, incontrato e letto in portoghese. Un libro da conoscere, per farsi un’idea ancora più concreta, su cosa ci sia dietro e davanti a questa nuova evoluzione del mondo. All’indomani della pandemia. E Fareed Zakaria, racconta tutto questo, concentrato in dieci punti. Che in questo articolo cerco di riassumere per voi. Parla di politica, di economia e tecnologia, dove tutto è collegato. Il futuro è già cominciato, questo fondamentalmente ci dice nel testo. Lui è un americano, nato in India a Mumbai, dottore in scienze politiche ad Harvard, lavora per la CNN, con audience di milioni di spettatori ed è opinionista del Washington Post. Ci parla di questo mondo, che esce dalla pandemia da coronavirus, in modo diseguale, perché parte in modo diseguale. Differenziato per economia e differenze sociali. Da cui ne escono sopraffatti in particolare, i fautori del populismo. Tanto di destra quanto di sinistra. E che anzi questi concetti all’indomani della pandemia, risultano del tutto superati, cosa che io condivido sinceramente e che in più di un articolo avevo già sottolineato. Infatti questo testo, che ho trovato molto interessante nonostante le divergenze politiche, sottolinea come, ci siano state tante vittime in due Stati con due leader populisti diversi, di destra in Brasile e di sinistra in Messico per esempio. E che vi sia stata propensione, da parte del popolo, ad esaltare quei leader, che hanno minimizzato inizialmente la pandemia. Inoltre vi sono state disparità di trattamento, tra le persone povere e quelle benestanti. Sono arrivati in maniera diseguale, anche gli aiuti per sconfiggere il COVID-19. Un altro punto che sottolinea è come i governi abbiano risposto all’inaspettato evento o come avrebbero dovuto intervenire. Scaglia una critica serrata agli Stati Uniti, per non aver agito bene, nonostante le risorse in suo possesso. Facendo così riscontrare, un altissimo numero di vittime. Sui se e sui ma, non si fa la storia, ma tali constatazioni sono comunque, interessanti spunti di analisi.
La pandemia dunque, come un acceleratore di tutti quei procedimenti, che erano già in atto.
Siamo in una fase in cui decade il neoliberismo sfrenato. Ed in questo io ne concordo con l’autore. Infatti ho sottolineato il concetto nell’articolo in cui, all’indomani delle proteste dei ristoratori e altre categorie a Roma, ho lanciato il monito sul fatto, che non tutte le imprese riusciranno a riprendersi; né ricevere gli aiuti necessari.
La pandemia ha palesato l’impossibilità di affrontare, solo attraverso il ‘mercato’, questo grave blocco generale, arrivato a livello mondiale. I mercati non sono sufficienti ed è stato dimostrato dalla pandemia. Che restituisce il dovuto risalto al potere dello Stato, all’importanza nell’attuare soluzioni adatte, nei momenti d’emergenza. Capaci di affrontare un’adeguata assistenza medica, intervenire in aiuto a chi ha perso il lavoro. E cosa più importante, a finanziare la ricerca per i vaccini. In una modalità tale, che i mercati da soli, non avrebbero potuto affrontare. Anche perché, non ne avrebbero avuto un sentito interesse nel farlo. Alcune sue conclusioni, inoltre, riguardano le innovazioni tecnologiche, avanzate velocemente negli ultimi dieci anni. Con le società, che di conseguenza, si sono modificate in risultanza a ciò, ma che non hanno cercato un’unione d’intenti, oggi necessaria. Una macchina lanciata a tutta velocità, priva di cinture di sicurezza, airbag o altro..una velocità tale a cui ha corrisposto, per contro, una enorme valanga di problemi. Come quelli pandemici. E allora ecco il generarsi di un terribile incidente, i cui danni, qualora avessimo avuto meno diseguaglianze sociali e ulteriori misure di prevenzione per le epidemie, avrebbero potuto essere minori.
E poi si apre a una polemica. Quella dello screditamento, da parte del ceto meno scolarizzato, degli esperti. Percepiti come parti di un’élite e pertanto facenti parte di un sistema, verso cui non avere fiducia.
Analisi contro il megafono anti-sistema populista. Così criticare i ricercatori e gli scienziati, finisce per essere, la modalità di un’identità politica per Zakaria. Specialisti che cercano di parlare a tutti i gruppi sociali, proponendo soluzioni fattibili, dove determinazione e difficoltà si mescolano, nel trasformare le raccomandazioni teoriche, in realtà fattiva.
Introiettato nella vita digitale, ecco che il lavoro, torna ad essere legato alla vita domestica. La tecnologia, necessaria anche per la scuola o per esempio per le visite mediche, l’intrattenimento a distanza; riceve una spinta propulsiva, ora adottata in massa. E allora da questa circostanza, il futuro si proietta come un modello ibrido, tra presenza fisica e digitale. Il lavoro e la vita domestica saranno nuovamente uniti, come era stato in un tempo passato della storia umana. In cui era normale che un commerciante, vivesse in una casa sopra al suo negozio, o un contadino stesse vicino al suo campo. E infine l’autore sottolinea, il fatto che comunque siamo degli ‘animali sociali’. Che nonostante la tecnologia faciliti l’isolamento, la vita nelle città continuerà a essere quella di sempre. Si continuerà a scambiare esperienze, a convivere con gli altri. Perché la pandemia, ci ha mostrato, che molto si perde in termini di apprendimento, nel momento in cui non abbiamo un interazione sociale. Così come le chiusure dei negozi, hanno palesato, che gli abitanti delle metropoli abbiano più opzioni rispetto alle città più piccole. Questa questione del divario sociale, per l’autore è primaria, lo si denota, in tante analisi nel testo, una diseguaglianza nel mondo, tra le varie popolazioni e che è destinata ad aggravarsi, nel post-pandemia. Le nazioni povere, avranno molta difficoltà e dovranno indebitarsi per andare avanti. Durante le crisi, gli investitori, prediligono i luoghi sicuri. Come gli Stati Uniti o l’Europa, all’interno di un circuito, che indebolisce l’economia dell’America Latina e dell’Africa. Inoltre le grandi imprese hanno più facilità a finanziarsi rispetto a quelle minori, accrescendo pertanto il loro potere. Inoltre Zakaria sottolinea, che la globalizzazione non sia affatto finita e che nonostante la chiusura delle frontiere, lo scambio dei prodotti fra i paesi si sia fortificato. E si manifesterà in più forme. Ciò perché ci sono catene di produzione collegate, prodotti montati con pezzi che vengono da varie parti del mondo. Ma anche gli stessi servizi digitali, viaggiano attraverso le frontiere. E allora ad esempio, un esame a RaggiX fatto negli Stati Uniti, può essere analizzato de medici indiani, con l’ausilio di un software che viene da Singapore. Il potere nel mondo sarà diviso fra due grandi superpotenze. La Cina, che con la pandemia ha continuato a crescere economicamente e gli Stati Uniti, che hanno affrontato una crisi con un altissima disoccupazione. Particolare che favorisce l’ascensione di paesi asiatici, come potenze mondiali. E sarà un’opposizione differente, da quella della guerra fredda, per Zakaria. Perché si parla di economie integrate, fattore che diminuisce il rischio di conflitto. Parla anche di Xi Jinping e della sua politica aggressiva, di conquista di un maggiore spazio internazionale.
E quali saranno gli ideali che verranno?
Dopo le grandi crisi, come all’indomani della seconda guerra mondiale, i paesi vincitori hanno investito nella cooperazione internazionale. Da qui è nata l’ONU, per esempio i paesi sono stimolati reciprocamente per mantenere la pace. I paesi non potranno cercare successi individuali senza pensare agli altri. E gli Stati Uniti, non avranno la possibilità di essere leader mondiali incontrastati. Molte Nazioni si pongono il medesimo obiettivo, ma la pandemia conduce con se, l’idea che attraverso la cooperazione, si possa in vero guadagnare tutti.
Di certo le sue sono delle conclusioni piuttosto ottimistiche, ma è indubbio pensare, che vi saranno sempre delle grandi imprese con degli interessi tali, da non riuscire a mettere insieme questo desiderio di pace e di cooperazione internazionale. A mio avviso, anche perché non credo che verranno difesi i diritti degli esseri umani dovunque e allo stesso modo. Né verranno portati a termine da tutti, allo stesso modo, i presupposti che sono stati dati per una coscienza più ambientalista a livello mondiale.
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