Da Reggio Calabria parte la richiesta al sistema Confcommercio ed a tutti i sistemi associativi delle imprese e dei lavoratori: “manifestiamo uniti a Roma. Con coraggio. Stiamo perdendo tutti. Stiamo perdendo tutto!”
Arrivano le nuove bollette. Arrivano nuovi rincari. Arriva un peso insostenibile per le famiglie e soprattutto per le aziende. Arrivano le chiusure.
Il 2020 sarà ricordato come l’anno della più grande crisi sanitaria che si ricordi in epoca recente. Abbiamo vissuto cose inimmaginabili. Il lockdown economico e sociale. Ma il 2022 verrà ricordato come l’anno del fallimento della politica italiana, del modello europeo. Il fallimento di una intera generazione di governanti che non solo non ha saputo cogliere e prevenire i segnali di una crisi economica di questa dimensione ma, addirittura, di fronte a numeri e dati spaventosi non ha saputo e tutt’oggi non sa adottare nessun correttivo.
È il Presidente Lorenzo Labate a esprimere lo scoramento del mondo delle imprese Confcommercio reggine. “Al di là del dato nazionale – dice Labate – abbiamo raccolto in queste settimane le posizioni di tutte le Categorie provinciali in seno a Confcommercio e, in particolar modo, della Federazione dei Panificatori, dei Pubblici Esercizi, dei Distributori di Carburante, dei Dettaglianti alimentari. Cosa ne è emerso? Rabbia, paura, angoscia, la quasi certezza di andare entro fine anno incontro alla chiusura o, nella migliore delle ipotesi, alla sospensione attività. Soprattutto i più piccoli non hanno margini, hanno esaurito le riserve e le risorse. Hanno esaurito la speranza”.
“Dal canto nostro – continua il Presidente – non abbiamo mai preso in giro nessuno. Consapevoli che le decisioni su questo tema sono “romane” abbiamo rivolto a quel livello le nostre energie e le nostre richieste, facendo leva sulla forza e sulla capillarita del Sistema Confcommercio su tutto il Territorio Nazionale. Abbiamo fatto toccare con mano alla politica il dramma vissuto dalle aziende con strumenti sempre pacifici e democratici. Abbiamo offerto soluzioni tecniche.
Ma questa inerzia o, peggio, questa impotenza della classe politica oggi è inaccettabile. Addirittura – prosegue Labate – sul livello provinciale, oltre alle azioni di pressione sulla politica svolte da Confcommercio con “Bollette in vetrina” e “Estate fuori”, assieme alle altre sigle datoriali più rappresentative dell’industria, artigianato, agricoltura e con il pieno supporto e condivisione del Comune di Reggio Calabria e della Camera di Commercio abbiamo incontrato il Prefetto di Reggio Calabria Massimo Mariani consegnando nelle sue mani, quale massimo rappresentante del Governo nella nostra Provincia, un documento unitario recante le istanze del mondo produttivo all’Esecutivo e alla Politica per realizzare interventi urgenti salva-imprese. Un gesto che ha inteso significare la compattezza delle Organizzazioni reggine rispetto a questioni di vitale importanza per le imprese portando alla formalizzazione di una richiesta unitaria e forte nei confronti del Governo, priva di colori e volta solo alla tutela delle imprese”.
“Triste è vedere che questa mobilitazione, questa pressione frammentata ma comunque forte, – continua Labate – abbia fatto partorire fino ad ora al Governo il topolino di Aiuti-ter. Di fronte ad aziende che inevitabilmente stanno chiudendo, dopo otto lunghissimi mesi di dramma assoluto, si discute ancora di “possibilità” di scostamento di bilancio, di “possibilità” di tetto al prezzo del gas, di “possibilità” di interventi salva imprese. E prima ancora, si discute di toto ministri e di scelte che, per un perverso sistema di unione che è la nostra Europa, alla Germania sono consentite ed all’Italia no. Tra un mese – continua Labate, non ci saranno imprese da salvare. Verrà smantellato, quanto meno nella nostra provincia, una intera fascia del tessuto economico”.
“In ballo – prosegue il Presidente Labate – c’è il futuro delle nostre famiglie e delle nostre attività che non saranno in grado di risollevarsi. L’aiuto andava dato nei mesi scorsi. Va dato oggi. Tutte le categorie in seno a Confcommercio provinciale, in primis panificatori e ristoratori, sono pronte a scendere in piazza perché la situazione è drammatica. In questo momento avremmo un seguito amplissimo ma occorre senso di responsabilità perché adesso non è il seguito che occorre ricercare o assecondare la “pancia”. La protesta deve avere significato perché chiudere le attività è un ulteriore costo economico ed emotivo per noi imprenditori e, se si arriva a questo, si deve avere l’obiettivo chiaro e la certezza che l’azione sia realmente funzionale al raggiungimento dello stesso. Altrimenti diventa solo un modo per sfogare la rabbia o per fare vetrina. Ma il momento della finzione è terminato”.
“Necessaria è oggi un’azione unitaria: è la politica romana che decide e se in piazza scende solo Reggio Calabria non si avrà nessun risultato ulteriore rispetto agli strumenti di pressione che abbiamo già messo in campo arrivando a chiedere l’intervento del Governo tramite il Prefetto. Ecco perché diventa indispensabile la protesta “romana”. Mai come in questa occasione – conclude Labate – è necessario un atto di coraggio unitario e senza bandiere. Un atto che veda coinvolte Aziende, lavoratori, giovani, famiglie. Veda unite a livello centrale tutte le Organizzazioni e le rappresentanze.
È a Roma che la politica decide, è lì che ha sede Eni che ha macinato miliardi di utili nell’ultimo anno in netta controtendenza rispetto al dramma vissuto dalle imprese, ed è lì che deve giungere contemporaneamente ed unitariamente la voce di tutte le imprese italiane. Occorre manifestare uniti a Roma, con coraggio, perché stiamo perdendo tutti e stiamo perdendo tutto!
Ciò che limita le Categorie è il pensiero che la piazza, quando c’è reale sofferenza e quando si combatte per sopravvivere è pericolosa. “Come Confcommercio provinciale oltrechè personalmente – conclude Labate – non ho mai pensato alla Piazza come soluzione ai problemi. Ma di fronte ad un Sistema politico assurdo, passivo, silente ed impotente, forse, sono necessarie anzi, indispensabili, scelte non istituzionali. È il momento di correre il rischio, puntando sulla responsabilità e sul fatto che l’obiettivo è troppo importante. I nostri padri lo avrebbero fatto per loro e per il loro futuro. Lo avrebbero fatto per i loro figli”.