Cosenza, diritto alla cura disatteso
“Dare risposte semplici a problemi complessi” questa è la critica più dirimente nei confronti di un certo populismo ben espresso, per esempio, dalla Lega salviniana. Questo indirizzo, tra l’altro, si adatta perfettamente ai tempi del mercato che s’impongono sulle scelte politiche nazionali e locali ormai in modo più che evidente. Di fronte ad un problema di disavanzo del bilancio pubblico la soluzione semplice è tagliare sui servizi e quindi sui diritti; una risposta di tipo aziendale non sufficiente quando si tratta dello Stato, il quale deve dare risposte principalmente al dettato costituzionale. Quando sono le Istituzioni a dare risposte semplici a problemi complessi a pagarne il dazio sono i diritti e, di conseguenza, i bisogni dei cittadini. Il nostro Ospedale cittadino di fronte all’aumento dei contagi da covid chiude alla presenza dei parenti dei degenti sia nel corso della degenza, sia in fase di accettazione, senza considerare la complessità di condizioni e necessità specifiche che riguardano la persona in sé e i pazienti. Potremmo comprendere questa decisione se l’infrastruttura ospedaliera si fosse organizzata in termini di organi e servizi a tutela e sostegno ai bisogni delle persone che vanno ben oltre la patologia, le analisi strumentali e la somministrazione farmacologica, ma hanno a che fare con la dignità umana del cui rispetto bisognerebbe fare bandiera nel concetto profondo del “prendersi cura”.
I parenti dei pazienti hanno spesso sopperito e sopperiscono alla mancanza di servizio della struttura sanitaria per l’insufficienza dell’organico e degli strumenti, dovuti anche al blocco delle assunzioni riconducibili all’enorme debito dell’Azienda sanitaria regionale, e questo gap genera un dramma in chi, una volta lasciati i pazienti all’ingresso del Pronto soccorso, non riesce più ad avere notizie dei propri cari in quanto il numero telefonico preposto squilla quasi sempre a vuoto. Molti pazienti e degenti del Nosocomio non sono in condizioni di piena autonomia sia per le patologie, sia per condizioni di disabilità, per i quali è un problema a volte potersi anche solo dissetare, pulirsi, o andare in bagno, ma anche interfacciarsi con il personale come nel caso della demenza, o di persone sorde.
Ci lascia davvero basiti e amareggiati che nel 2021, nel quale si parla di cura personalizzata, ci si trovi di fronte ad un Ospedale non dotato di figure atte a queste esigenze essenziali dei pazienti; non ci si sia dotati di personale che conosce la lingua dei segni e abbia competenze specifiche sulle disabilità. Nel caso di persone sorde anche la mascherina diventa un problema perché non permette di leggere le labbra, per cui bisognerebbe usare quelle trasparenti come suggerito dalle associazioni di categoria. Nelle molte associazioni presenti sul territorio abbiamo una ricchezza umana e in competenze che, in questa mancanza cronica di risorse potrebbero, nel principio di sussidiarietà sancito in Costituzione, e nella cittadinanza attiva, come ben sottolineato nell’ottimo articolo, uscito sul Quotidiano, del Dottor Renzo Bonofiglio (già Direttore Nefrologia AO), attraverso un minimo di protocollo e organizzazione, essere utilizzate negli Ospedali, per far fronte ad esigenze altrimenti drammaticamente disattese. Nessuno deve essere lasciato solo.
Sandro Scalercio e Teresa Colonna, componenti Lista “Bianca Rende”