CISL, serve una norma che tuteli gli insegnanti
Negli ultimi mesi si sono verificati diversi casi di aggressione nei confronti di docenti, personale ATA e, caso gravissimo, è stata “minata” l’integrità di un D.S. calabrese, rappresentante legale dell’Istituzione Scolastica.
Tali violenze vengono messe in atto proprio dagli studenti e, ancor più, dai genitori che, spesso e volentieri, si macchiano di veri e propri atti criminali, andando ben oltre le intemperanze verbali. Basta citare solo alcuni degli episodi registrati nelle ultime settimane: la professoressa di Alessandria con difficoltà motorie, legata alla sedia; la maestra di Palermo colpita con un pugno dal genitore di un alunno (nonché bidello dello stesso istituto) infastidito dai rimproveri dell’insegnante per le troppe assenze del figlio; il professore di Treviso picchiato dai genitori di uno studente; il vicepreside di Foggia aggredito; il professore di educazione fisica colpito ad Avola da una mamma; la professoressa d’italiano accoltellata in classe a Santa Maria Vico, provincia di Caserta.
I docenti dal canto loro si sentono inermi e privi di strumenti adeguati per potersi difendere da queste continue aggressioni.
Negli ultimi decenni le normative scolastiche emanate hanno “svuotato” la scuola del reale compito educativo-formativo, “declassando” la figura dell’insegnante rendendola in tal modo l’anello debole del sistema scolastico: alunni e genitori ormai non ne riconoscono più il ruolo.
Sul tema, in questi giorni, online, è nata una petizione, che ha raccolto numerosissime adesioni, proprio a favore di questo problema; lo scopo è quello di creare una legge ad hoc che tuteli i docenti da questi fenomeni:
“Serve una norma che istituisca e, soprattutto, rafforzi la figura dell’insegnante quale pubblico ufficiale, che inasprisca le pene laddove ci sono episodi di violenza conclamati, che tuteli la libertà di insegnamento e restituisca agli insegnanti un ruolo di primo piano“. Ancora: “Occorre una legge che comporti sanzioni che siano da esempio educativo per le generazioni future, serve una norma che tuteli il libero esercizio dell’insegnamento quale base per la crescita delle generazioni che verranno. Serve una legge atta a prevenire episodi del genere che si aggiungono alla non facile situazione del comparto scuola, maltrattato sul piano economico, giuridico e sociale“.
Il Ministro Bussetti si esprime in merito affermando che gli episodi di violenza vanno condannati duramente, il Ministero intende costituirsi parte civile in ogni processo per querela esprimendo la volontà di rilanciare il rispetto per quella che considera la più importante Istituzione del nostro Paese, “fondamenta” del futuro dei nostri figli.
Nonostante queste prese di posizione, la paura che non si venga a capo della questione persiste e ci si interroga ancora sulle cause scatenanti tali violenze.
Un tempo le famiglie consegnavano alle scuole bambini e adolescenti abituati al rispetto delle regole e a quei “no” che fanno crescere. Il Patto Educativo tra scuola e famiglia, una volta implicitamente e socialmente accettato, è ora drammaticamente messo in discussione.
Rispetto a qualche anno fa, gli adolescenti sono più distanti dai genitori e viceversa: il dialogo è venuto meno, i ragazzi sono più avvezzi degli adulti all’uso dei nuovi mezzi tecnologici a disposizione e questo, paradossalmente, crea distanza e isolamento.
L’aggressività, che tale distanza tante volte genera, può esprimersi in termini negativi: se ad esempio un ragazzo lamenta ai genitori una divergenza di vedute o una restrizione impostagli dall’insegnante, il genitore, anziché analizzare la veridicità della sua narrazione, indirizzandolo all’empatia e al pensiero critico, agisce attaccando il docente. I docenti hanno molto chiaro il fatto che la base genitoriale è deficitaria e che non possono in alcun modo colmare quel vuoto nei ragazzi. Il Patto di Corresponsabilità continua a sussistere solo formalmente ma, in realtà, si è dissolto sfumando come una bolla di sapone.
Negli anni, nel tentativo di seguire le varie correnti psico-pedagogiche, ci si è posti l’obiettivo di mettere i fanciulli al centro, di non considerarli più un contenitore sterile da “riempire”, una “tabula rasa” su cui scrivere; sono state accorciate le distanze: i genitori sono diventati “amici” dei loro figli e i docenti “compagni di banco”; i ruoli sono stati reimpostati, capovolti, stravolti e infine completamente annullati. Senza nulla togliere a tanta conoscenza dobbiamo fare, se necessario, un passo indietro, montare nuovamente una “pedana” che restituisca, anche visivamente, l’autorevolezza che è stata nel tempo “amputata”, al fine di creare una distanza costruttiva, in quanto prima ancora che docenti siamo “educatori”. È arrivato il momento di imporsi, di avere il coraggio di dire dei “no” che facciano crescere genitori e figli, in quanto: “Si educa molto con quello che si dice, ancor più con quel che si fa, molto più con quel che si è” (Sant’Ignazio di Antiochia).