Chilometri Rubati. Lo sfruttamento rinnovabile in Calabria e i suoi oppositori

I profili giganteschi,  spigolosi e taglienti delle pale eoliche, le lugubri coltri di pannelli fotovoltaici srotolate sulla terra viva per soffocarla, si stanno manifestando in Calabria come incubo di distruzione e di morte. Questo accade perché la cosiddetta transizione energetica  è un business lasciato in  mano alle imprese e ai gruppi finanziari, perché la Calabria è una colonia immiserita e pronta a spalancare le porte a chi la violenta  promettendo ricadute positive per i suoi abitanti,  e perché  i politici regionali e gli amministratori locali sono  quasi tutti luogotenenti del potere centrale,  a sua volta asservito al potere economico transnazionale.

Cari calabresi  è  tutto qui il nostro  dramma, uguale a quello delle altre regioni meridionali  e delle isole, e  soltanto se ci rapportiamo ai nostri carnefici attraverso il rifiuto,  la lotta e la rivendicazione  organizzate si dischiuderanno per noi speranze di sopravvivenza. Dalla socializzazione di questa coscienza, ancora minoritaria ma per fortuna in via d’espansione, dipende la nostra ultima possibilità di salvezza. Siamo reduci da decenni di politiche nazionali ( quelle successive alla sconfitta delle lotte contadine e bracciantili ) che hanno perseguito l’eliminazione dell’agricoltura tradizionale e lo spopolamento delle aree interne finalizzato alla creazione dell’esercito di manodopera a basso costo indispensabile al decollo del triangolo industriale; abbiamo subito il pacchetto Colombo che ha aperto mille ferite con gravi conseguenze in termini di inquinamento e ulteriore disarticolazione delle economie locali, accelerando le dinamiche di dissesto e disgregazione.  E i nodi storici vengono al pettine perché – come scriveva più di dieci anni fa Arturo Lavorato  – il genocidio si perfeziona,  perché il destino prossimo della Calabria è  ospitare imponenti e devastanti impianti infrastrutturali ( porti, ponti e autostrade, centrali energetiche,  discariche e inceneritori,  basi militari…). Con poche metropoli nane e sovraffollate  a concentrare negli snodi gli apparati di gestione e le popolazioni locali  costrette  ad andarsene o a morire, di repressione o di nocività.  I paesi trasformati in borghi- alberghi dall’effimera  vita stagionale e le coste sempre più affollate da impianti turistici mastodontici e invasivi. E in ultimo con la mafia in tutte le salse che da questi affari otterrà nuove occasioni di riciclaggio e flussi di capitale necessari a fare ulteriori salti di qualità come impresa multinazionale. E dunque se non cambiamo rotta, se non ci poniamo il problema di contrastare l’ideologia della crescita economica nemica degli ecosistemi e del buonsenso,  le fonti rinnovabili si candidano a illuminare il vicolo cieco al posto di quelle fossili, supporteranno i nuovi sviluppi dell’aggressione produttivista alla biosfera.  Se non  si rovescia  la prospettiva, se non inizia davvero la gestazione di una società ecologica in armonia con le dinamiche della vita, cambieremo solo gli strumenti e non gli obiettivi,  e l’estinzione della specie umana continuerà a stare dietro l’angolo. La questione cruciale non è quella posta da Legambiente ( schierarsi contro o a favore delle fonti energetiche rinnovabili) , bisogna chiedersi piuttosto come uscire da un’intelaiatura economico- sociale folle e senza futuro, che frammenta e mercifica i territori calpestando coloro che li abitano. Territori che non possono aspettarsi da questo stato delle cose il ripristino delle loro qualità primarie: fertilità e disponibilità della terra per la produzione del cibo, abbondanza e buona condizione di salute della vegetazione, fisionomia storica, salubrità dell’aria e delle acque. Perciò combatteremo per realizzare tante filiere corte di un’ agricoltura veramente biologica,  per la riduzione sostanziale delle esigenze energetiche legate allo spreco e al consumismo; ci prodigheremo per l’aumento delle produzioni locali capaci di togliere spazio alla mondializzazione economicista e diminuire drasticamente i trasporti con le innumerevoli nocività che essi comportano ( Sergio Ghirardi). Abbiamo bisogno di boschi, paesaggi costieri, montani e collinari non degradati, di una pianificazione territoriale democratica pronta a difenderli soprattutto dall’attacco  di una monocultura energetica il cui avvento è al momento un progetto concreto e già in corso di attuazione ma che ha fatto i conti senza di noi. Le forze mercantili che vorrebbero conformare il nostro spazio fisico alle loro esigenze, che credono di avere ancora a portata di mano la miniera d’oro  messa all’incanto dai decreti dei governi italiani e  dalla apparentemente schizofrenica giunta regionale ( la quale infatti da un lato col suo presidente si impegna  per l’installazione di un rigassificatore a Gioia Tauro e dall’altro stende il tappeto rosso sotto i loro piedi) , si imbatteranno – ad Acri,  nelle Serre, nella Locride e altrove – in esperienze  già avviate di partecipazione della cittadinanza alla vita pubblica, esercitate come pratiche di liberazione dalle prescrizioni del capitalismo,  e come strumenti di autodeterminazione nella costruzione dei  modi di  vita, nelle politiche trasformative sui territori, nelle forme di produzione e di riproduzione sociale ( Ilaria Agostini). Siamo pronti a darvi filo da torcere, signori affaristi spregiudicati; siamo gli ambientalisti incoerenti,  e nello stesso giornale che ci definisce così,  confezionato dagli ambientalisti coerenti e compatibili con voi, leggiamo un’affermazione del fisico Battiston  buona per rafforzare le nostre ragioni: Stiamo muovendoci verso un mondo in cui anche la nostra specie userà per lo più l’energia  del sole, gratuita e  illimitata , come fa il resto della natura, e che oggi possiamo finalmente sfruttare con tecnologie industriali a costi convenienti . . . E tutto questo con una  copertura limitatissima di territorio: pensate che in Italia,  se volessimo generare tutta l’energia elettrica necessaria con il fotovoltaico servirebbero 600 km quadrati: solo di aree industriali dismesse  e inutilizzate abbiamo 9000 km quadrati, quindici volte di più , la superficie dell’Umbria!

E più non dimandare, caro calabro lettore: il Battiston ti rivela indirettamente che ti stanno rubando lo spazio vitale mentre ti prendono per i fondelli. Se non agisci, quando agire suoli ?

 

Movimento Terra e libertà – Calabria

Club alpino italiano  sezione Aspromonte

Associazione di volontariato Cotroneinforma

Fattoria sociale Terre di Vasia

Associazione Il brigante – Serra San Bruno

No Ponte Calabria

Centro sociale Nuvola Rossa

Avamposto agricolo autonomo – Santa Caterina dello Jonio

Primavera andreolese

Associazione Calabria resistente e solidale

Cooperativa sociale A menzalora – Petrizzi

Associazione culturale Kalibreria  -Soverato