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Centrarsi: il nuovo pragmatismo di Matteo Salvini, del nuovo Governo e della nuova economia. Di Al.Tallarita

La forza di Matteo Salvini è l’accettazione del cambiamento. Il leader che oggi si pone già su posizioni moderate, lo dichiara apertamente nell’intervista al Paìs. Dove si dice entusiasta della vittoria di Isabel Díaz Ayuso, del Partito Popolare, della Comunità di Madrid. Fautrice delle riaperture, che ha visto la Spagna, nel post pandemia.
È tempo di centrarsi. Il momento storico lo richiede. Evolversi entro una sorta di
liberalismo nuovo, nato su presupposti conservatori, che però guardino alle libertà popolari. Andare verso il futuro, recuperando alcuni elementi dalle origini, evolvendosi. Tanto come leader, quanto nel nuovo soggetto politico di centro-destra che verrà, tanto in Italia quanto in Europa. E Salvini sà come trarre il meglio dalle esperienze, dai cambiamenti sociali e anche dalle conseguenze delle sopravvalutazioni. Rendendo sempre la realtà futuribile, nel pensiero del suo partito; attraverso una trasformazione, a passo con la continuità storica. Così come aveva fatto quando era nato il suo nuovo soggetto politico, che teneva alcune radici e innestava nuovi germogli. Nazionalizzando il partito, postosi come partito centrale, del centrodestra italiano. Oggi il centralismo moderato, può essere determinante nella ricostruzione del paese. E lui ha la leadership, adatta per poter gestire questa transizione. L’elettorato si stabilizzerà. La nuova teologia sarà quella della ricostruzione, del futuro, della solidarietà della vicinanza ai lavoratori, riscoprire le radici di una sinistra sparita. Che dentro la visione del futuro, si evolve e difende la nuova classe produttiva, così come i lavoratori. Ristabilendo i caratteri fondamentali della libertà sociale. Della fiducia ai cittadini, contro una sterile politica ‘chiusurista’, attuata per non avere altre soluzioni. Specialmente nel progetto di una sanità che sia per tutti, tanto pubblica quanto privata, fondamentale in un paese civile. Fattore emerso con la pandemia.
Salvini in un’intervista al Messaggero, alla domanda:”La accusano di somigliare a Bertinotti. Crede che giovi al Paese essere di lotta e di governo?” – Risponde: “Non posso essere un fascista il lunedì e un Bertinotti martedì. Chi mi critica si decida (..) siamo pienamente al governo per condurre, nel governo, con il governo, la lotta epocale per la ripartenza del nostro Paese.”
Salvini ha superato sempre se stesso, qui sta la sua forza. E oggi supera le etichette che gli sono state poste addosso, sempre troppo strette. Lui fascista non lo è mai stato. Come oggi non è bertinottiano ne più populista.
Modifica l’esperienza del suo passato politico, mantenendo gli elementi positivi e tagliando i rami secchi.
Quando Salvini dice “se il premier Mario Draghi si presenterà come candidato presidente della Repubblica lo sosterremo convintamente”. 
Ha fatto scacco al re al PD sfocato di Letta (..che probabilmente decide di tornare dalla Francia, solo per quello smacco mai risolto con Renzi).
Dove molti esponenti dei suoi, come a Perugia, non rinnovano neppure la tessera sostenendo che il PD non sia più ‘la sinistra’.
Basta vedere la strumentalizzazione della piazza, al concerto del primo maggio di Roma, quando i lavoratori avrebbero dovuto avere la priorità. Così come le morti sul lavoro, dovrebbero averla in parlamento, con provvedimenti per la sicurezza sul lavoro. Anziché concentrarsi e polemizzare, sulle discussioni dei diritti civili, laddove la Costituzione già protegge tutti, da eventuali reati. Per un partito totalmente privo di elettorato, lo si vede dalle urne, che non corrispondono alle proiezioni di voto fatte su campioni di popolazione. 
Anche perché diciamocelo, sulla società macista non basta un disegno di legge. Queste polemiche non servono a trasformare la società alla quale apparteniamo, che è la causa dell’omofobia. Come la causa dell’oggettivizzazione del corpo della donna e della violenza che viene perpetrata su questa. E non la mancanza di leggi, che puniscono già chi commette reato.
Oggi bisogna creare sicurezza nel paese.
Per ricostruire una società distrutta da una pandemia, dal punto di vista economico, morale, psicologico. Bisogna essere pronti a cambiare, facendo arrivare quel denaro, che solo può avviare la ricostruzione. Siamo dinnanzi a un cambiamento radicale dell’economia.Così come alla caduta delle forze anti-establishment. Si è visto in Italia, con lo sfascio del M5S, in Spagna con le dimissioni di Iglesias e negli Stati Uniti con la caduta di Trump. Il voto di protesta si modificherà. Perché la gente oggi vuole certezza, che solo in un centro moderato, può trovare. Un’evoluzione del voto, verso chi saprà garantire la costruzione del nuovo futuro, del lavoro, della certezza sociale. 
Della formazione della nuova normalità.
Chi è all’opposizione, è più facilitato a continuare a cavalcare la disperazione, a cui si può rispondere però nei fatti, solo ricostruendo. 
Il pragmatismo, a cui è votato questo Governo, dovrà essere il mantra di tutti coloro, che vorranno restare nella politica di domani in Italia e disegnare la nuova storia. 
E Salvini può rappresentare il primo leader realmente liberale d’Italia.
Perché ci ritroviamo davanti a una nuova corrente liberista centrale, che vuole rinnovare l’Europa, che metta da parte vecchi dubbi, che vuole prendere le risorse disponibili e sfruttarle al meglio per il paese. Creare nuovi posti di lavoro, pensare alla digitalizzazione, reinserendo però, chi verrà sostituito dalla ‘macchina’ e all’ambiente.
E allora ecco che protezionismo statalista e visione keynesiana, che pone l’attenzione sulla domanda e non sulla produzione di beni, per garantire la piena occupazione;
saranno le basi della nuova economia.
Portata avanti dal presidente Mario Draghi, che ha fatto suoi, gli insegnamenti dell’economista e professore Federico Caffè, consulente di banca d’Italia, cardine della scuola keynesiana italiana. Con la sua economia da ‘laboratorio’ che costruisce attraverso la ‘dialettica dei contrari’ come la vita. Un’economia di ‘forme’, sintesi di un’elaborazione costante e che attinge dovunque. Usata per risolvere i problemi e affrontare situazioni, che non possono essere rinviate. 
All’indomani di una pandemia, che ha cambiato il volto del mondo, così come quello dell’Europa. E che necessita di un coordinamento tra pensiero e azione, che si muove per ottenere. 
Ci sarà un totale cambio sociale, in cui bisognerà riformulare la vita, il rapporto con la natura, il concetto di abitare e di lavoro, inutile pensare che le cose torneranno com’erano. Siamo davanti a una nuova rivoluzione industriale, sociale economica, umana. 
E la politica e i suoi leader, si riplasmeranno su tutto questo.