CAVEA MARINI apre a Milano con le opere di Francesca Piovesan tra pietra e fotografia

Milano, 14 aprile 2023

Con le inedite opere “ECO” di Francesca Piovesan apre oggi a Milano il nuovo spazio CAVEA Marini (via Alberico Albricci 1 – Missori) per l’arte, il design e l’architettura. Sotto la direzione artistica di Sabino Maria Frassà e la collaborazione con CRAMUM la Marini Marmi porta nel cuore di Milano, a pochi passi dal Duomo, le pietre – Ceppo di Gré® e Nuvolato di Gré – della storica cava di famiglia, fondata nel 1897 alle pendici del Monte Clemo sulla sponda nord-occidentale del lago d’Iseo in provincia di Bergamo. Per l’apertura dello spazio, disegnato dall’architetto Giorgio Rava, Sabino Maria Frassà ha concepito BLOCCO, un’installazione artistica multisensoriale e pluridisciplinare fatta di arte, design e cioccolato: al fianco delle opere – tra fotografia e pietra – di Francesca Piovesan, sarà infatti presentato CAV(E)A, un portacandela a edizione limitata in Ceppo di Gré, e la pralina BLOCCO del pluripremiato maître chocolatier Guido Castagna.

Come spiega il curatore Frassà “l’installazione Blocco dà forma alla tensione in continuo divenire verso sempre nuovi equilibri tra esteriorità e interiorità, fulcro stesso del nostro vivere. L’idea è nata dall’analogia tra le pietre della Marini Marmi e l’epidermide umana impiegata nel lavoro di Francesca Piovesan. Il Ceppo di Gré è una pietra naturale di colore grigio-azzurro, formatasi 600.000 anni fa, che si trova nella parte più esterna della montagna. All’interno, nel cuore della terra, si trova il pregiato Nuvolato di Gré, antichissima pietra “madre” compatta formatasi 200 milioni di anni fa. Allo stesso modo Francesca Piovesan intende la pelle come contenitore e contenuto, come ciò che ci separa, unisce e protegge dall’altro da sé”.

Giulio Marini, Amministratore Delegato della Marini Marmi spiega così il progetto: “La Lombardia è stato il primo mercato della nostra cava. Milano racconta ed è raccontata dal Ceppo di Gré. Apriamo questo spazio a Milano con l’idea di creare cultura con e attraverso la pietra: da una collezione di opere d’arte realizzate ad hoc, al cibo, all’architettura. Oggi più che mai è importante creare contenuti di qualità e noi vogliamo fare la nostra parte in dialogo con la città”.

L’arte di Francesca Piovesan

I lavori di Francesca Piovesan non rappresentano mai la realtà, ma sono essi stessi scorci di realtà. Nelle sue opere c’è letteralmente il suo corpo: i grassi e i sali minerali dell’epidermide, reagendo con i sali d’argento, danno così vita a opere fotografiche (off-camera, ovvero senza l’ausilio della macchina fotografica).

Le opere di Piovesan sono così fotografie fatte di realtà, in cui la pelle, catturata e scomposta, ci porta a riflettere più che sulla forma – il corpo – sul contenuto – l’essenza stessa e l’interiorità.

Tutto nel nostro mondo ha una forma contenuta in qualcos’altro. Ogni cosa esiste in quanto ha una propria individualità, ovvero è separata dall’altro da sé.

Il termine “blocco” indica così sia una grande massa uniforme (di pietra o di legno) che sembra inamovibile, sia l’atto forzato di fermare o essere imprigionato. Per tale ragione in mostra sono presentate opere inedite del ciclo ECO, che raccontano questi due aspetti dell’essere solo a prima vista antitetici. Alle pareti della Cavea Marini sono posizionate due lavori – i più grandi mai realizzati – del ciclo “Aniconico”, ciclo presentato per la prima volta al Gaggenau di Roma nel 2021. A prima vista i due lavori bidimensionali sembrano mosaici in pietra. In realtà i tasselli sono frammenti di impronta del corpo dell’artista, che misura e registra con la propria epidermide il mondo esterno.

La fisionomia umana nelle opere di ANICONICO non è mai riconoscibile nella sua soggettività: riusciamo a scorgere nell’opera frammenti di una figura umana, ma non comprendiamo chi sia. Ci troviamo di fronte a geometrici “mosaici di corpo”, che a prima vista sembrano fatti di pietra simile al travertino. I tasselli in realtà derivano dalla mappatura del corpo realizzata dall’artista attraverso il contatto tra la propria pelle e il nastro adesivo. Il corpo sembra quasi scomparire, così scomposto in frammenti. Solo l’orecchio, l’organo con cui ci mettiamo in contatto con gli altri, rimane sempre riconoscibile e in evidenza.

I due nuovi grandi lavori presentati rappresentano un importante punto di arrivo della ricerca artistica di Piovesan, che cattura “in” e “attraverso” di essi la propria figura intera. Appare evidente in queste opere una forma di rielaborazione laica della geometria sacra – trasversale ai più importanti culti monoteisti; da sempre è la geometria a narrare la perfezione del “creato” qualora non si possa o voglia ricorrere a immagini figurative. In questi mosaici le ri-composizioni geometriche sono fatte di un corpo “universale” non (più) riconoscibile che richiama e tende a un nuovo ordine trascendente. È la straordinarietà di questa artista che riesce a impiegare l’epidermide umana per raccontare l’universalità a cui tendiamo. In fondo siamo tutti figli delle stelle. Siamo anche noi le stelle. Siamo noi con il nostro corpo l’opera d’arte.

A contraltare dell’infinitezza in noi racchiusa, “Blocco” ospita anche le inedite opere scultoree “Eco” di Francesca Piovesan, realizzate con la pietra Ceppo di Grè spazzolata. L’artista ha scelto di impiegare questa pietra perché costituisce lo strato esterno della montagna, che custodisce, come lo fa la nostra pelle, un contenuto prezioso: il Ceppo è così inteso come la pelle della montagna, quel “sottile” strato che unisce il mondo esterno alle viscere della Terra, al Nuvolato di Grè. Non a caso la finitura scelta è stata la pietra spazzolata, che rende il ceppo poroso, come se fosse segnato da rughe e pieghe epidermiche.

Il nuovo ciclo di opere parte dalla celebre serie “Specchianti” con cui l’artista catturava le impronte del proprio corpo su vetri che venivano poi specchiati. In “Eco” l’attenzione è posta su un altro aspetto della pelle, quello di essere strumento di “difesa” e forma di contenimento nei confronti di un mondo esterno, che molte volte non si comprende (più) pienamente. Il corpo si fa oggi pietra al fine di proteggersi. Tutto diventa stasi e quiete nell’immobilità.

Queste nuove opere sono ispirate al mito della Ninfa Eco che si consumò per l’amore non corrisposto nei confronti del bellissimo Narciso. Tale fu il dolore che di lei rimasero solamente la voce e le ossa pietrificate. Gli specchi, impressi del corpo di Francesca, sono posti all’interno del guscio-corazza realizzato in ceppo di Grè, dando forma a un’eco infinita di caleidoscopici riflessi. Enigmatico, come sempre lo è il lavoro di Francesca Piovesan, Eco risulta un corpo in cui il dramma umano viene sublimato e regna il più totale silenzio. Di quell’amore così lontano rimane solo un ancestrale memoria, un bisbiglio infinito – sempre presente – in cui ci si perde.

L’opera si presta a infinite interpretazioni e suggestioni: innanzi tutto l’impiego dello specchio e dell’immagine riflessa portano alla mente l’innamoramento mortale di Narciso per la propria immagine riflessa, ma anche la profezia di Tiresia sul fatto che sempre Narciso sarebbe vissuto a lungo “se non avesse mai conosciuto se stesso”. Allo stesso tempo queste opere si mettono in chiaro dialogo con le sculture marmoree del Bernini: non solo e non tanto il corpo del Ratto di Proserpina quanto il capolavoro Apollo e Dafne realizzato dal Bernini nel 1625. Il corpo della Ninfa Dafne si trasforma in alloro, e quindi in pietra nelle mani dello scultore, per evitare di cadere vittima dell’amore non ricambiato per Apollo. Di nuovo il tema dell’amore sofferto, della difficoltà del dialogo con l’altro, onnipresente nella ricerca di Piovesan. L’opera del Bernini fu tra l’altro completata da un cartiglio moraleggiante che citava: «colui che ama e insegue i gaudi della bellezza fugace, colma la mano di fronde e coglie amare bacche».

L’installazione Blocco, intesa nella sua totalità, è l’occasione per conoscere e ri-comporre il complesso apparato di senso e contenuto della ricerca artistica di Francesca Piovesan: se il corpo è il fulcro e punto di partenza di ogni suo gesto artistico, il dialogo con la propria interiorità e con il mondo esterno sono il forte fil-rouge che negli anni ha accompagnato l’evoluzione – non solo personale – dell’artista.

Il corpo nella sua individualità viene negato: esiste “soltanto” una materia universale, di cui siamo tutti fatti e in cui non possiamo che riconoscerci, ma esiste anche un’impalpabile individualità sofferta, profonda, difficile da scoprire e condividere con gli altri.

Le opere di Francesca Piovesan finiscono così per essere fonte continua di riflessione per ricongiungere e cicatrizzare queste ferite interiori, ma non sono né vogliono essere risolutive. Del resto, l’arte è intesa dall’artista quale strumento per misurarsi e conoscersi meglio… un viaggio al di là del “blocco” che non ha mai fine, ma che non possiamo che continuare a percorrere.

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BLOCCO

Francesca Piovesan

a cura di Sabino Maria Frassà

In collaborazione con CRAMUM

presso: CAVEA MARINI, via Alberico Albricci, 1

17 aprile – 31 luglio

Visite su appuntamento da lunedì a venerdì.

Apertura straordinaria durante la DesignWeek: spazio aperto tutti i giorni dalle 13:00 alle 19:00.

Opening 14 aprile dalle ore 17:00 alle ore 21:30.

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