Caterina Sorbara intervista il maestro Giuseppe Aletti
1) Maestro Aletti che cos’è la poesia?
Potremmo dare risposte molteplici, in sostanza la poesia non è altro che l’esistenza dell’essere umano.
La poesia, racchiude tutte le sfumature di qualunque essere umano sia esistito e di quelli che verranno successivamente, per cui come ho scritto e come pubblicherò nel mio prossimo libro: la poesia è testimonianza!
Da un punto di vista linguistico, invece, la poesia è come e non cosa, cioè molti autori si soffermano purtroppo sull’aspetto catartico, motivo della scrittura, quello è sì un punto fondamentale, ma è un punto di partenza e non di arrivo, la differenza la fa, tra un poeta e l’altro come è riuscito ad organizzare la parola dal punto di vista stilistico, all’interno del suo perimetro di scrittura, all’interno della sua pagina.
2) Qual è oggi in questo mondo malato il ruolo della poesia?
Il ruolo della poesia oggi è fondamentale, come sempre nei momenti di crisi, le persone anche quelle che apparentemente sembrano più lontane dalla fruizione della lettura di un testo
poetico, si rivolgono ai poeti per dare un senso profondo a tutto quello che accade, per cui in tutti i momenti di crisi c’è maggiore bisogno di poesia.
Anche le vendite di libri di poesia sono aumentati tantissimo in questi ultimi anni.
Un po’ anche perché i social hanno aiutato la fruizione di singoli testi che quando hanno trovato empatia con il lettore.
Il lettore sentendosi interpretato da quei testi, in quanto il poeta e lui hanno vissuto cose similari, così hanno comprato i libri completi.
Il ruolo della poesia è comunque oggi fondamentale, poiché ci fa capire realmente chi siamo.
Per concludere la domanda sul ruolo della poesia in questo mondo travagliato, i poeti sono la coscienza repressa della società contemporanea, ecco perché diciamo che la poesia è il mezzo salvifico, al quale bisogna rivolgersi per dare un senso profondo al nostro arco vitale.
La poesia mette al centro l’uomo e dà un senso alle cose che realmente contano, mentre oggi la realtà e la società che ci circonda, si muovono secondo regole che sono antiumane, basta vedere come noi stiamo trattando il pianeta e anche le organizzazioni sociali dei vari Stati, per cui la poesia rimarrà sempre un punto di riferimento, anzi in questi ultimi anni, sta acquisendo sempre più maggiore importanza, poiché dà la possibilità alle persone di mettersi in contatto con la parte più intima e vera di loro stessi, perché la poesia poi alla fine è uno specchio nel quale loro si riconoscono e possono risolvere una parte della loro esistenza, leggendo testi di poesia.
3) A un giovane che vuole pubblicare la sua prima silloge cosa consiglia?
A un giovane che vuole pubblicare la sua prima opera di poesia, consiglio principalmente di chiedersi se è un atto narcisistico, catartico, oppure se è frutto di un’esigenza, cioè se ha un’urgenza, una necessità di voler comunicare quello che lui ha inserito all’interno dei propri testi.
Questo è l’atto primario, poi trattandosi comunque di un’opera prima, inevitabilmente avrà delle ingenuità, delle sporcature, dei clichè, delle ridondanze, dei luoghi comuni.
Ma la cosa principale trattandosi di un’opera prima, è cercare di capire qual è il mondo emotivo entro il quale si muove l’autore, qual è la sua ricerca esistenziale e il suo percorso all’interno di questo mondo.
Questo è quello che bisogna vedere.
Qual è la sua visione in rapporto a quello che sta vivendo.
Ecco perché se c’è questa urgenza, automaticamente il poeta ci apre una porta intima, personale, ci mette un po’ di luce con i testi, sia quando c’è il sole, ma mette un po’ di luce anche, soprattutto nelle zone in penombra e in quelle che sono al buio, quindi la cosa principale è capire se lui effettivamente ha qualcosa che preme dentro e che deve venire fuori, attraverso la scrittura.
Una volta fatto il primo atto ufficiale, formale, bisogna capire che anche per la poesia, gli autori devono fare percorsi di formazione, c’è questo pregiudizio, il luogo comune che “poeti si nasce” e che la poesia non si può insegnare.
Ovviamente è una cosa non vera, perché il sottotesto per me è soltanto un fatto ludico fine a sé stesso “per cui non voglio impegnarmi”.
Il sottotesto nemmeno tanto sottaciuto.
Tuttavia fare percorsi di conoscenza è fondamentale perché la poesia, l’intuizione, l’ispirazione non è altro che un pensiero velocissimo che partorisce tutto il sapere che abbiamo incontrato sul nostro percorso, ma se noi non abbiamo incontrato nulla, spesso la nostra intuizione sarà scontata o sarà uguale a tutti quanti gli altri, che non hanno fatto percorsi di conoscenza di auto-miglioramento, all’interno di sé, ma anche da un punto di vista dell’utilizzo della parola, alla fine i poeti hanno come strumento la parola e spesso la maggior parte degli autori ciò che si dimentica è come utilizzare questa parola, all’interno del perimetro della pagina.
4) Ci parli di Rocca Imperiale il paese della poesia “sua creatura”.
Rocca Imperiale è il luogo ideale e reale nel quale ritorno quotidianamente con la memoria, con la fantasia, l’età della mia formazione culturale, sentimentale, esistenziale.
Ho vissuto l’età giovanile all’interno di quei vicoli, di quelle viuzze che oggi ospitano oltre 60 stele poetiche.
Io dal punto di vista poetico, dalla mia terra non ho ricevuto nulla dal punto di vista pratico, mi ha accolto come accoglie persone da secoli.
E’ il mio modo di dire grazie a quei luoghi che mi hanno ospitato fino a 18 anni e indirettamente, un modo per ricordare mio padre che è mancato nel 2001 e che aveva un amore viscerale per quei luoghi, per quelle terre, l’amore per le pietre di Rocca Imperiale ed ho edificato lì il paese della poesia, anche perché c’era bisogno di un luogo che potesse accogliere gli autori all’interno di un contesto.
I luoghi fanno la cultura.
Dopo i tre anni di pausa causata dal Covid, abbiamo ripreso il Festival dal vivo nel dicembre scorso.
Gli autori hanno la possibilità di condividere le loro passioni dalla colazione alla sera tardi.
All’interno di quel luogo è come se ci fosse il tempo sospeso, dove ognuno di noi si può occupare delle proprie passioni lontano dalla quotidianità.
C’è anche l’aspetto ideale, personale, realizzare il primo ed unico paese della poesia in Italia, ed è bello farlo nel luogo che mi ha cullato e custodito fino a 18 anni.
Ed è suggestivo perché quello che facciamo come comunità di poeti Federiciani rimane al territorio.
Ogni anno, noi decoriamo alcune vie di questo luogo con le stele poetiche.
I versi come arredo urbano.
Purtroppo non è sempre facile, perchè di anno in anno, i problemi che ci creano a livello locale sono sempre maggiori.
Provano in tutti i modi a metterci nel tritacarne della diatriba politica e il fatto che io sia originario di Rocca Imperiale, “Nemo profeta in patria”, crea ancora di più problemi e per questo credo che sia arrivato il momento di creare altri paesi della poesia.
Rocca Imperiale lo è e lo rimarrà per sempre, ma è giusto iniziare un progetto che già lo prevedeva, cioè creare altri paesi della poesia, quest’anno ne ufficializzeremo un altro e ogni 2-3 anni aggiungeremo un altro ancora.
Nei prossimi 10 anni saremo in grado di coprire da Nord a Sud tutta la penisola.
5) Progetti futuri?
I progetti futuri sono tutti legati alla scrittura, mentre da un punto di vista della Casa Editrice è quello di creare innovazioni, anche con la video-poesia.
Gli audiolibri, i docufilm che stanno andando benissimo. Dare alla parola nuove possibilità di fruizione, da sempre mi occupo di questo, da quando nel 1993 ho ideato il manifesto artistico-letterario Habere Artem che si proponeva come uno dei punti programmatici la contaminazione delle arti, ed è tutto ciò che ho fatto fino ad ora: la poesia come arredo urbano, la parola diffusa, non solo con la pubblicazione cartacea ,ma in tutte le innovazioni tecnologiche.
Io sono un poeta e ciò che riesco a raggiungere per me, lo condivido con la mia comunità da sempre.
Dopo che è uscito i mio libro in arabo, ho trovato un poeta arabo Hafez Haidar per tradurre altri testi, la stessa cosa in georgiano, dopo che è uscito il mio libro in georgiano, ho conosciuto Dato Magradze che ha scritto l’inno della Georgia, due volte candidato al premio Nobel, è uscito un libro mio in persiano e darò la possibilità agli autori di pubblicare in persiano, ma adesso è arrivato il momento insieme a tutte queste grandi innovazioni e anche all’inizio dell’internalizzazione della casa editrice e dei nostri autori, di dedicare un pò di attenzione per i poeti alla formazione.
Quindi ai poeti non perdoniamo la banalità, per cui è arrivato il momento che un po’ per volta, un gruppo, una nicchia di autori, possa comprendere che fare formazione, significa rendere al meglio ciò che siamo, altrimenti rischiamo di fare brutta figura, al momento in cui proponiamo ciò che siamo e lo proponiamo in maniera distorta, in maniera scomposta o sbagliata, addirittura perché spesso i testi contengono delle sporcature che sono invisibili agli occhi degli autori, ma visibilissimi agli occhi dei critici letterari, o presidenti di giuria o lettori, per cui gli autori devono comprendere che fare formazione, significa avere rispetto di ciò che sono, al momento in cui ti esponi con le tue poesie ti raffiguri male, vuol dire che non hai rispetto di te stesso.
Caterina Sorbara