Caterina Marasca di Giovanna Gulli
Caterina Marasca di Giovanna Gulli ristampato nel 2006 da Ilisso Rubbettino, nella collana “Scrittori Di Calabria” è stato pubblicato per la prima volta nel 1940, qualche mese dopo la morte della scrittrice, che ha avuto il tempo di correggere le ultime bozze.
La vicenda del romanzo, dal carattere fortemente autobiografico, è incentrata sulla figura di Caterina Marasca, appassionata eroina femminile che si staglia sullo sfondo costituito dall’ambiente sordido in cui vive, con nettezza di contorni e intensità di toni.
Motore della narrazione è l’impegno della protagonista, che si presenta sempre con nome e cognome, quasi a voler sottolineare ed imporre con forza la propria essenza.
Di carattere autobiografico assicura calore e tensione alla ricerca e alla speranza di Caterina di “esistere meglio, al meglio” in una società stravolta dal bisogno e dalla sopraffazione.
In una società in cui conta solo il danaro, dove il lavoro è un mezzo di sfruttamento e un’arma di ricatto, e dove la donna è vista come oggetto di conquista in funzione del bisogno sessuale maschile.
Caterina Marasca è una giovane donna del Sud, proprio come l’autrice che era nata a Reggio Calabria nel 1911 ed è morta a Milano, giovanissima( 28 anni) per una polmonite.
L’intera vicenda è ambientata a Napoli, la prima parte del romanzo, descrive l’ambiente dei Marasca, delle giovani Caterina, Rachele ed Elisabetta e dei loro fratelli, tra i quali spicca la figura del giovane e prepotente Nicola.
Abito in un misero e soffocante appartamento, ridotti a vivere di stenti, mangiavano solo pane ed orzo.
Il padre Massimo Marasca si era suicidato, lasciando la famiglia in miseria, infatti la parola centrale del romanzo è “fame” intesa anche come mancanza di essere qualcuno, di contare qualcosa nella società.
Nonostante tutto la protagonista è fiera, tenace, orgogliosa del proprio nome e della propria onestà, che è pieno, ingenuo abbandono al proprio impulso vitale: volontà di amare senza riserve e senza altri scopi ed interessi.
Anche Caterina come Giovanna è costretta a cercarsi un lavoro e fa esperienza della prepotenza maschile, della mancanza di solidarietà e della falsa morale che domina nel mondo.
Il clima storico del romanzo è quello illiberale e paternalistico del fascismo, con la sua ideologia della virilità e del rispetto formale della donna come madre e come amante.
Infatti molte furono le difficoltà che la scrittrice incontrò per la pubblicazione dell’opera che, avvenne soltanto dopo la sua morte e grazie ad alcuni tagli strategici operati per eludere la censura del regime.
Opera dove la Gullì alterna il racconto in terza persona con la forma diaristica e, a volte, con il dialogo diretto con il lettore, le vicende narrate, cioè la caduta, la “risurrezione” e la definitiva, ma non rassegnata, perdizione di Caterina, sono il correlato di un lungo monologo interiore, che si sviluppa sul filo dell’ acuto contrasto tra l’io profondo e l’io quale è indotto a determinarsi nelle situazioni incombenti e pressanti di miseria materiale e morale, che deformano, ma non snaturano l’immagine ideale che la protagonista ha di sé.
Infatti l’introspezione psicologica è una delle caratteristiche del romanzo.
Caterina,arriva anche a rubare, accetta un lavoro servile senza asservirsi, si riscatta attraverso l’esperienza di un amore, cui si abbandona con tutta se stessa, si umilia accettando da un uomo il denaro e diventando, poi, l’amante e la mantenuta di un nobile e ricco ammiraglio napoletano, ma nonostante tutto rimane se stessa.
Un romanzo importante di una scrittrice che meriterebbe un posto importante nella storia letteraria del Novecento italiano.
Accanto a Corrado Alvaro, Leonida Repaci Alberto Moravia, Dacia Maraini, Elsa Morante e tanti altri.
Una scrittrice che tutti dovrebbero conoscere, non solo i calabresi.
Caterina Sorbara