Carfizzi, paradossale l’intervento di Oliverio

Ho letto e riletto l’intervento fuori programma del governatore Oliverio alla Montagnella di Carfizzi, in occasione della festa del Primo maggio. Mi sono impegnato a farlo perché volevo saziare la mia stupita curiosità. L’ho fatto perché avevo intenzione di capire se quelle parole fossero state proferite proprio dal presidente della giunta regionale o da uno dei tanti sindacalisti o dei tantissimi lavoratori presenti a Carfizzi.
Quelle parole dette dal presidente Oliverio, infatti, mi sono parse da subito paradossali. Era come se il capo del governo regionale stesse abiurando se stesso ed il proprio lavoro quadriennale, come se volesse salire a bordo di una macchina del tempo per cancellare gli ultimi quattro anni di storia legislativa calabrese, come se fosse quello il primo giorno di una dura campagna elettorale avviata per portare il centrosinistra al governo della Calabria.
Mario Oliverio pronunciando quel breve discorso ha preso a schiaffi se stesso. Ha buttato alle ortiche quel poco che la sua squadra di governo è riuscita a fare in questi anni. Ha ammesso la bancarotta delle sue politiche. Ha detto a chiare lettere che il suo passaggio ai piani alti della cittadella di Germaneto è stato fallimentare.
Le sue parole sono risuonate irreali, fuori contesto, quasi fossero pronunciate da un marziano della politica. Che il lavoro sia uno dei problemi più importanti di questa terra lo sanno anche i muri. Che sia necessario ottenere un piano nazionale di interventi straordinari lo stiamo sostenendo da tempo, tanto che siamo scesi in piazza il 16 novembre dello scorso anno, insieme alla Cgil, per portare all’attenzione della giunta regionale una piattaforma analitica su cosa serve alla Calabria per uscire dalla crisi profonda in cui è precipitata.
Da quel documento bisogna far ripartire il confronto costruttivo con le organizzazioni sindacali ma, sino ad oggi, il governatore ha fatto finta di non capire il messaggio lanciato dalla piazza del 16 novembre. La situazione della Calabria non è migliorata, questa terra non ha bisogno di comizianti fuori posto, questa regione non può attendere a lungo un concreto cambio di passo.
E questo cambiamento deve partire dai temi posti al centro della festa del Primo maggio: il lavoro e la sicurezza. Ci saremmo aspettati, ad esempio, che la Regione Calabria, in veste di stazione appaltante delle opere previste dal Masterplan, si sforzasse di sottoscrivere con i sindacati, come già fatto da diverse amministrazioni regionali in giro per l’Italia, il protocollo per l’applicazione dei nuovo codice degli appalti. In una terra in cui c’è bisogno di trasparenza e legalità questo strumento sarebbe essenziale per frenare il dumping contrattuale, per ottenere maggiore sicurezza nei cantieri, per ricercare la massima chiarezza sulle forniture e sui sub appalti al fine di contrastare la corruttela. Questo strumento consentirebbe, poi, ai cittadini calabresi di conoscere con chiarezza lo stato dell’arte del Masterplan: uno strumento di contrasto alla crisi annunciato in pompa magna e, poi, finito nelle nebbie di Germaneto. Ad oggi, infatti, non si conosce lo stato di avanzamento lavoro delle opere previste nel cronoprogramma del Masterplan.
Al presidente Oliverio, che ha insistito sulla necessità di un piano nazionale di interventi, vorremmo ricordare che il Masterplan tutto è tranne che un piano straordinario, rappresentando, invece, solo una riorganizzazione di risorse messe già a disposizione della Calabria da quel governo sostenuto da un partito, il Pd, di cui egli stesso è esimio rappresentante in terra calabra.
Davanti allo stallo amministrativo alla Regione ribadiamo con forza la nostra idea che l’ultima fase politica del governo regionale debba essere finalizzata alla realizzazione di un programma di fine legislatura che sia basato su pochi e qualificati punti, utili al rilancio produttivo, economico e sociale della nostra terra.
Intanto, la Calabria ha bisogno di vedere realizzata la tanto attesa legge regionale sulla stabilizzazione del precariato.
La giunta regionale, poi, secondo noi dovrebbe accelerare lo sblocco delle politiche attive per il lavoro attraverso l’avvio del tavolo interdipartimentale e lo stanziamento fattivo dei 294 milioni di euro pronti per sostenere questa misura.
E’ necessario, poi, rivitalizzare la spesa dei fondi del Programma operativo regionale e procedere ad una loro attenta ricognizione.
Dovrebbe, poi, ritornare all’attenzione del governo regionale il destino del porto di Gioia Tauro. Su questa importante infrastruttura si sta giocando una partita delicata. Mct e Msc avevano preso degli impegni con il Governo, che per il momento è ancora in carica, ma questi non sono stati rispettati. Noi non abbiamo firmato quell’accordo perché non eravamo convinti della sua valenza e, alla luce di quanto sta accadendo adesso, avevamo visto giusto. Il blocco delle attività è da scongiurare e per questo chiediamo alla Regione Calabria, pur riconoscendo l’autonomia delle scelte sulle strategie aziendali, di riprendere il bandolo della matassa per tornare a governare una vertenza sulla quale pesano gli accordi disattesi da parte di Mct ed Msc.
Stiamo ancora attendendo, poi, l’applicazione della sbandierata riforma della partecipazione pubblica regionale che, nonostante i forti richiami della Corte dei conti, ancora tarda a dispiegare concretamente i suoi effetti mente, nei pochi casi in cui una svolta si è ricercata – come successo con la legge sul sistema idrico regionale – non si è chiarito il futuro della vecchia società e dei suoi lavoratori.
In ultimo, ma non per ultimo, ricordiamo al governatore Oliverio che il settore della forestazione ancora aspetta la sottoscrizione del Contratto integrativo regionale che era stata strumentalmente promessa dal presidente della giunta a poche ore dalla mobilitazione del 16 novembre dello scorso anno e, ad oggi, sparita dal ragionamento del governatore.
Santo Biondo
Segretario generale
Uil Calabria