Brancaleone: Formare. È questo l’imperativo del Maledetto Sud
Formare. È questo l’imperativo emerso ieri, presso la casa del Confino di Cesare Pavese di Brancaleone, durante il Salotto D’Autore NOTTI DISOBLIATE – MALEDETTO SUD, promosso da Disoblio Edizioni, al quale hanno partecipato Antonino Tringali, Carmine Verduci (Presidente Pro Loco Brancaleone), Salvatore Bellantone (editore) Gianfranco Cordì, autore del saggio filosofico Realismo Meridiano, Mattia Milea, autrice della biografia romanzata Dalla Calabria alle Langhe, Rocco Nassi, autore della silloge e U ricriju r’u me’ cori.
Formare i giovani e gli studenti alla storia e alla cultura meridionale, è l’unica chance che è possibile dare al Sud per diminuire quella distanza che lo separa dalle regioni italiane industrialmente e economicamente più avanzate, metterlo al passo coi tempi e dare alla popolazione quella speranza di vita, e non di dura sopravvivenza, che oggi sembra soltanto un miraggio.
Questo è il senso del salotto d’autore che abbiamo ospitato, hanno spiegato Antonino Tringali e Carmine Verduci inaugurando la conversazione, fare riflettere i più giovani sull’importanza della conoscenza del nostro passato, quello vero e non quello raccontato nei manuali di scuola, delle risorse che il nostro territorio offre e della voglia di fare imprenditoria indipendente, promuovendo una cultura del locale in ogni ambito della nostra società.
Per fare questo, come emerso dalla conversazione con Mattia Milea, autrice della biografia Dalla Calabria alle Langhe, bisogna conoscere la storia dei nostri antenati, lontani e anche più vicini, come quella dei nostri padri e nonni, rappresentati dal combattente Pasquale Brancatisano detto Malerba, partito per la guerra da povero e da semi-analfabeta per difendere il diritto alla libertà di ogni individuo e tornato in Calabria colmo di una nuova consapevolezza: cioè di aver avuto attivamente una parte nelle grandi trasformazioni geopolitiche di quel tempo per donare un futuro ai suoi discendenti e conterranei e del grande bisogno come essere pensante di informarsi e di conoscere la storia, la letteratura, le altre lingue, il mondo circostante nella sua complessità e quanto altro fa parte della sfera umana e culturale dei popoli, per essere realmente un individuo libero e capace di scegliere consapevolmente per il meglio di tutti.
Tale coscienza, come affiorato dalla chiacchierata con Rocco Nassi, autore della silloge U ricriju r’u me’ cori, dipende dalla buona scuola e dalle buone riforme, mettendo in condizione gli insegnanti di poter fare il proprio dovere, e cioè di educare i discenti alla libertà e allo spirito critico. Questo, tuttavia non è sempre possibile, perché a scuola non è possibile studiare in maniera ordinaria né la lingua dialettale, testimonianza della storia e della cultura meridionale, né quegli autori meridionali nei cui libri si ravvisano le tracce per comprendere il mondo di oggi. La crisi del Sud, e la degenerazione ravvisabile quotidianamente, proviene anche da questo. Bisogna trovare quella pace interiore, difficile per via delle difficoltà economiche che si affrontano giornalmente, per rendersi conto dell’urgenza della buona formazione e per spendere il tempo restante in maniera attiva, tramandando e insegnando ai giovani il mondo di ieri nella sua poliedricità, importando da esso quei fili di speranza utili per affrontare il domani. E ciò è possibile con l’aiuto degli adulti e dei più anziani, spegnendo la tecnologia e favorendo l’incontro con l’altro, come davanti al braciere, come avveniva prima dell’avvento della televisione e di altri strumenti.
Senza l’incontro con l’altro per la sana trasmissione della saggezza e della conoscenza passata, ha spiegato Gianfranco Cordì, autore del saggio Realismo meridiano, restiamo ignoranti e indifferenti alle grandi trasformazioni che stiamo vivendo o, meglio, subendo. Per affrontare le sfide del nostro tempo occorre, per dirla alla Morin, una testa ben fatta, consapevole cioè della nostra storia, che nulla ha da invidiare a quella di altri popoli, della risorse, delle bellezze e delle ricchezze che il nostro territorio possiede, del coraggio di impiegare l’una e le altre in maniera imprenditoriale e occupazionale. È vero che c’è un grande divario tra Nord e Sud, specie sul piano economico, ma tale distanza può essere ricucita soltanto operando sull’elemento culturale: sulla nostra testa, sulla nostra mentalità, per certi aspetti troppo antica e retrò, troppo chiusa, troppo schiava di luoghi comuni, molti dei quali inventati per far sì che il popolo meridionale resti un contenitore di voti e una mandria di consumatori. Ma per cambiare la mentalità occorre guardare alla formazione e all’educazione, non soltanto a scuola ma in ogni dimensione e momento della quotidianità, partendo dal rispetto di ogni individuo e dall’abituarsi a fare rete, a intendersi come una comunità in cui ognuno è legato all’altro, specie sul piano della produzione e del consumo, favorendo il locale.
Aperto in seguito il dibattito, con l’assaggio di prodotti tipici innanzi alla mostra fotografica “Kalabria Experience tour”, sono emersi numerosi spunti di riflessione e prospettive, tutte convenendo nella medesima stella polare: bisogna educare alla cultura calabrese e meridionale come mai è stato fatto. Questo è il sentiero che può trasformare il maledetto Sud in un benedetto Sud.