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Alle Muse riflessione con docenti dell’Università Mediterranea su La Calabria ferita: tra incendi boschivi e disordine idraulico

Sono ritornati gli appuntamenti culturali dell’Associazione culturale “Le Muse” di Reggio Calabria vere e proprie agorà del pensiero utili a confrontarsi con fatti, persone e personaggi del nostro tempo e della società attuale.

In questa nuova edizione delle “Domeniche Muse” il presidente prof. Giuseppe Livoti ha evidenziato domenica scorsa, come oggi più che mai occorre parlare di contemporaneo e dei tempi che stiamo vivendo, trattando criticità ma anche cercando di fare autoformazione con esperti e personalità che appartengono alla nostra Calabria.

Nasce proprio da questa riflessione accesa e condivisa l’appuntamento di oggi soprattutto anche collegato agli ultimi accadimenti della terribile alluvione che ha colpito la Spagna, in particolare la provincia di Valencia e che ha avuto 217 vittime.

Ospiti il prof. Giuseppe Bombino e l’ing. Daniela D’Agostino dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Sin da subito il prof. Giuseppe Bombino ha ribadito che è importante conoscere quali sono le alluvioni tipiche del proprio territorio: se ce sono state in passato è probabile che ci saranno anche in futuro. In alcuni casi è difficile stabilire con precisione dove e quando si verificheranno le alluvioni in base anche ai territori ed al controllo dello stesso. Oggi più che mai viviamo nella disinformazione ed i fatti straordinari di questo ultimo periodo legati alle calamità naturali sono si straordinari ma non prevedibili. Nel tempo attuale si parla di – bombe d’acqua-  denominazione errata ma che sta ad indicare come esistono eventi che noi ascriviamo a delle categorie, eventi estremi che fanno parte della probabilità di accadimento in una certa area. Gli accadimenti che hanno caratterizzato il nostro territorio sono stati 3, alluvioni importanti che si sono presentati nello spazio di 70 anni ed esattamente nel 1953, nel 1973, nel 1971. Sono situazioni non ordinarie ma straordinarie ed oggi più che mai si possono verificare e/o controllare visto che esistono le adeguate strumentazioni. Il problema fondamentale dice Bombino è che la meteorologia dello Stretto è ingovernabile e gli eventi estremi nei nostri territori sono ricorrenti poiché la Calabria si presenta come una piattaforma al centro del Mediterraneo ed offre una orografia particolare, poiché tra la costa e la parte montana vi sono pochi km passando da 0 a 2000 tra mare e montagna. In Calabria esiste dunque una dorsale tabulare che unisce la parte del Sud verso ciò che diventerà Appennino nel centro Italia. Il problema della città di Reggio Calabria è che esiste una pessima interazione con corsi d’acqua, errate correzioni urbanistiche che non hanno tenuto conto di 7 fiumare alcune delle quali molto ristrette per mano d’uomo come quella di S. Agata. Nel tempo vi è stato un abuso degli spazi naturali a favore della cementificazione. Il prof. Bombino dunque ha condannato una mancata riconoscibilità tra le istituzioni per cui anche se l’università sperimenta poi il mondo politico non applica ciò che è oggetto di studio e di buone pratiche per la salvaguardia del territorio. Io rappresento un Politecnico che opera e studia, Reggio è una città che ha un importante Dipartimento di Architettura e di Agraria ma purtroppo non esiste chi accolga i nostri studi verificandoli ha concluso il noto docente. L’ing. Daniela D’Agostino si è soffermata sul “Caso Aspromonte” dopo gli incendi del 2021, incendio che non ha eguali nella storia. Gli effetti peggiori oltre la desertificazione sono quelli che si ripercuotono da monte a valle poiché la città riceve il risultato di qualcosa che avviene alle sue spalle. Gli incendi hanno danneggiato alberi caduti e le continue precipitazioni potrebbero condurre a valle i tronchi causando occlusione delle sezioni idriche dei canali e non solo. Sono stati bruciati circa 14.840 ettari di cui solo 5600 nel Parco D’Aspromonte. Allora nella zona di Roccaforte del Greco – continua la D’Agostino- si è pensato di fare una sperimentazione poiché i tronchi possono avere allo stato attuale una nuova funzionalità ecologica. Si è pensato tramite l’università Mediterranea di spostare i tronchi in maniera perpendicolare rispetto alla linea di pendenza e fissarli con picchetti di legno, in modo da fare rallentare il percorso dell’acqua anche in situazioni di alluvioni e piogge. Progetto questo che dal 2021 ha dato grandi risultati tanto da essere stati applicati nel catanzarese nella zona di Siano. Da questa sperimentazione si è verificata una riduzione del rischio idraulico ed una mitigazione dei fenomeni erosivi ed infine un miglioramento delle proprietà idrologiche dei versanti. Ovviamente ha concluso la prof. D’Agostino, questa sperimentazione dovrebbe diventare una buona pratica da effettuare su larga scala proprio per gli ottimi esiti, ma la politica deve cercare di incentivare queste forme di operatività che non hanno grossi impatti economici. Ogni domenica in base alle tematiche trattate uno spazio viene dato agli artisti soci Muse che presenteranno un’opera attinente all’argomento trattato in pittura, in scultura, in fotografia. Le prime artiste che hanno tenuto a battesimo questo nuovo spazio sono state le pittrici Francesca Avenoso e Cristina Benedetto. La Avenoso ha commentato una tela con dipinta una quinta architettonica caratterizzata da fichi d’India. Il carattere della specie caratterizza il nostro paesaggio naturale ed identifica visivamente l’area ionica reggina poiché ha una grande resistenza alla siccità (e al tempo stesso una grande produttività di biomassa) determinata dai cladodi che sono ricoperti da una spessa cuticola cerosa e dal parenchima che è costituito da strati di cellule che fungono da riserva d’acqua.

L’opera della Cristina Benedetto invece è caratterizzata da un fondale marino con coralli rossi, evidenziando flora e fauna da proteggere in un bio contesto che spesso vede nell’inquinamento la perdita della specie e il degrado di immense distese d’acqua blu che ricopre parte del nostro pianeta – diventando sempre più la discarica della Terra