Alle Muse la denuncia della spoliazione dell’identita’ Grecanica nel tempo
L’associazione culturale “Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere” di Reggio Calabria, con il terzo appuntamento di domenica scorsa ha iniziato ad occuparsi di identità e territorio.
Dopo un anno e mezzo – ha ricordato Giuseppe Livoti- riapriamo la storica sede di via San Giuseppe ed esattamente la Sala d’Arte di via San Giuseppe 19, in sicurezza e riprendendo quel filo d’Arianna che ci ha condotti in questi anni a parlare ed a discutere sulle valorizzazioni dei luoghi e degli aspetti anche locali di una zona importantissima a livello nazionale come l’Area Grecanica e la sua Grecità. Livoti, ha precisato che due incontri saranno dedicati all’ampia zona geografica della provincia di Reggio Calabria, che si sviluppa lungo il mar Jonio per oltre cinquanta chilometri, e che deve il suo nome alla presenza di antiche comunità che, per secoli, anche dopo la latinizzazione voluta dai Normanni a partire dall’XI secolo, hanno conservato la lingua greca contaminandola con i dialetti autoctoni, generando una koinè unica nel mondo: il grecanico. Una manifestazione introdotta dal Coro Giovanile Laudamus e dal Coro delle Muse diretto dai Maestri Enza e Marina Cuzzola che hanno fatto riemergere tutta l’atmosfera grecanica con l’esecuzioni dei brani quali “Ela elamu kondà, ti ego imme manachò” che, tradotto, vuol dire: “Vieni, vienimi vicino, perché io sono solo“. Canzone in cui gli argomenti delle strofe sono diversi tra loro, e passano dalla semplice e bellissima dichiarazione d’amore “Arte ti ejenàstise megàli egò thelo na se prandestò”, “Ora che sei diventata grande, io voglio sposarti” della prima strofa, a similitudini naturalistiche che invece permeano la seconda e la terza strofa, in cui una storia d’amore dei due giovani viene paragonata dapprima al fiume che scende dai monti alla marina “O potamò èrkete an tin ozzìa ce catevènni cato ston jalò”, “Il fiume scende giù dai monti, e scende giù in marina”, e poi ai pesci che assetati vanno a bere l’acqua dolce Ciòla t’azzària ti ene dizzamèna èrkondo ce pinnu to glicìo nerò”, “Anche i pesci sono assetati e vengono a bere l’acqua dolce”, ed ancora al gioioso canto degli uccelli in festa al sopraggiungere del mese di maggio. Il saluto del presidente del Consiglio Comunale di Staiti preside Leone Campanella, rappresentante del piu’ piccolo borgo della Calabria ha aperto la conversazione: io sono nato a Staiti ha ribadito, borgo riscoperto in questi ultimi anni, paese di confine oltre Ferruzzano e Bruzzano che esprime al meglio la grecità calabrese. Tante cose sono state fatte in questi anni insieme al sindaco Giovanna Pellicano’. Nella bovesia, alle falde dell’aspromonte meridionale, dice Campanella, esistono radici ancora oggi salde per la conservazione e l’identità grecanica. Tra le iniziative a Staiti è stata riaperta la Biblioteca, si è tenuta la commemoriazione del primo sindaco del dopo guerra Saverio Monoriti o ancora l’annuale riproposta dei Vespri a Santa Maria di Tridetti, mentre di nuova apertura oltre il Museo delle Icone dei Santi Italo Greci, il nuovo Museo dedicato alle litografie partendo proprio dalle restituzioni visive di Eduard Lear, viaggiatore inglese nell’estate del 1847. La conoscenza linguistica è importantissima per il glottologo prof. Pasquale Casile: oggi dice, siamo in questo stato delle cose, poiché il governo nazionale ha voluto con fermezza, o meglio ha cercato di fare perdere le tracce del nostro patrimonio, strumentalizzando anche l’alluvione del 1972 a Rogudi. Da qui un voler disseminare con volontà di distruzione –psicologica- i cittadini in varie zone da Brancaleone in poi, emigrazioni volute, tranne che a Bova dove grazie a Dio il tessuto urbanistico, usi e tradizioni sono rimaste invariate. Casile ha denunciato, dunque, la spoliazione della cultura grecanica a favore di quella latina, basti pensare ai vari escovi che, appunto in una visione latinocentrica hanno portato con se a Roma, testi importantissimi della nostra cultura. Tutto il territorio ci parla in greco, dobbiamo imparare a leggere i luoghi che la lingua greca descrive, ha continuato lo storico Salvatore Dieni. Appartenere all’area ellofona della Calabria, vuol dire tramandare e conoscere e noi, cerchiamo di tramandarla nella nostra realtà in cui la donna non è mai stata seconda all’uomo. La donna nelle nostre zone era ed è vestale, educatrice ed animatrice della –ghitonia- del cortile e dell’ambiente familiare. Non è un caso che quando nasceva una bambina nei nostri territori veniva regalato un –fuso-, simbolo del potere fecondante che la bambina nel suo passaggio a giovane donna avrà. Il problema è questo voler a livello nazionale, condurre all’oblio la cultura grecanica anche non editando piu’ libri o non pubblicando una grammatica autoctona.
Artista di ritorno, poiché formatosi in ambito campano e natio di Ferruzzano è Domenico Carteri, scultore, decoratore e restauratore che in questi anni ha trasformato la propria residenza, in un vero e proprio itinerario all’interno di una -Casa parco- in cui il grecanico lo si respira nella valorizzazione di materiali poliedrici e policromi, recuperando finte prospettive pompeiane, mosaici geometrici che ricordano la vicina Casignana, ninfei e fontane proprio per recuperare in pieno, una rinata visibilità dopo anni di ricerca e di passione. Un amore traferito dai genitori alla famiglia Carteri tutta, che oggi dopo una attenta progettazione costruirà nei prossimi mesi, una Chiesa in stile bizantina, proprio per riportare la bellezza del rito e della ritualità a pochi metri dal mare ed alla vicina Locri. Rimanere nella mia terra, ha detto Carteri, vuol dire osservare e fare riemergere aspetti inediti, dove anche una forma ancestrale come le -musulupare- possono diventare un gruppo scultoreo e monumentale, dimostrando alle nuove generazioni come appartenere all’area grecanica, vuol dire amare il bello in tutte le sue forme. Alle Muse ancora si parlerà di valorizzazione dei luoghi, della lingua, dei suoni, dell’arte anche domenica prossima 21 novembre, con la venuta dei Demetrio Crucitti – già direttore della Sede Regionale Rai per la Calabria che converserà sul ruolo delle minoranze linguistiche storiche calabresi.