“Allarme incendi e crisi climatica”
“Sta bruciando l’Aspromonte. Non sterpaglie o erba secca, l’Aspromonte selvaggio e quasi intatto, dei boschi antichi, degli alberi millenari e dall’altissimo pregio. Bruciano la foresta di Acatti e la Valle Infernale, di recente divenuta patrimonio UNESCO”.
Il dolore, la denuncia tagliente e l’impotenza davanti quel fuoco criminale che arriva dove mai aveva osato, le guide ufficiali del Parco Nazionale d’Aspromonte li affidano ai social per gridare che la loro montagna, e la Calabria tutta, stanno subendo un attacco senza precedenti. Il tempo di frenare l’avanzata su un fronte, le fiamme divampano su un altro e poi un altro ancora, in maniera metodica, studiata. Criminale, appunto.
Attorno al mondo delle guide naturalistiche, fatto di verde scintillante, sentieri, rocce, cascate, è andato distrutto un altro piccolo mondo laborioso costruito con i sacrifici di tante famiglie che nel ritorno alla terra hanno creduto, investendo i risparmi e faticando da mattina a sera: contadini, pastori, allevatori, mielicoltori, i produttori di ortaggi, frutta, formaggi, pane, olio, dolci tipici e prelibatezze della tradizione culinaria. Dal 2008, la Condotta Reggio Calabria Area Grecanica di Slow Food in quel territorio dell’Aspromonte meridionale è presente e vicina ai tanti, soprattutto giovani, che hanno deciso di restare recuperando il saper fare dei padri e dei nonni, rendendo vivi i paesi interni ed accogliendo chi va alla scoperta delle piccole cose e dei sapori genuini.
Li abbiamo cercati, confortati in questi giorni di caldo infernale, luce livida, fumo e cenere che piove da quasi tutti i cieli della Calabria.
E’ emergenza ovunque, si contano ancora una cinquantina di roghi, migliaia di persone sfollate. Bruciano le colline sopra Reggio, la vetta di Montalto, la zona jonica con i focolai di Mammola, Grotteria, Martone, Gioiosa Jonica, San Luca e, sul fronte opposto lo Zomaro, Cittanova, Delianuova. Dopo 3 giorni, nel cosentino è stato spento il fuoco di Acri, che ha lasciato 150 ettari di cenere e gli abitanti stremati. Si combatte ancora a Longobucco ed Orsomarso. A San Floro, è stata colpita anche la Cooperativa “Nido di seta”, che ora chiede sostegno con una donazione o l’adozione di un gelso per rimuovere il maestoso pino secolare crollato su una parte della struttura e far ripartire le visite nel gelseto, nell’allevamento di bachi da seta e nelle sale tessitura.
Slow Food di Catanzaro piange il polmone verde della città, la pineta di Siano, denuncia il colpevole governo del territorio e chiede l’immediata riforestazione.
Intere popolazioni srotolano tubi dell’acqua, muovono trattori, creano argini a colpi di zappa e rastrello, rischiano la propria incolumità per mettere in salvo gli animali, le arnie piene di api o l’uliveto tramandato da generazioni, in una drammatica corsa contro il tempo.
Sono morti così Margherita e suo nipote Antonino tra San Lorenzo e Bagaladi e poi Nicola a Cardeto e Mario a Grotteria. Altre quattro persone, con l’unica colpa di amare visceralmente la propria terra, sono rimaste gravemente ustionate a Vinco.
Francesco Sacca’ la morte l’ha vista in faccia, nell’inferno di fuoco che, una settimana fa, ha distrutto la sua azienda agricola a Roccaforte del Greco. Con i suoi operai, è riuscito soltanto a portare via capre e pecore dal capannone che guardava sui campi di ortaggi, i frutteti, gli uliveti ed il casale diventato accogliente struttura agrituristica.
Non solo l’Aspromonte brucia ancora, ma è cristallizzato in una dimensione di paura e immobilità mai vissute. Sono state annullate le escursioni, le prenotazioni nei ristoranti tipici e negli agriturismi, i festival musicali che avrebbero aggiunto visitatori, cancellate persino le già spoglie celebrazioni per le attese feste patronali a San Lorenzo, Roccaforte e in altri borghi.
In Sila, a Camigliatello, è stato cancellato anche il “Mercato della Terra” previsto per il prossimo 21 agosto. Non ci sono le condizioni di sicurezza ed i piccoli produttori montani di patate, grano, formaggio, salumi, frutta e verdura sono impegnati a difendere dal fuoco i loro terreni e le aziende.
In area grecanica, quasi tutte le famiglie hanno perso un piccolo o grande orto, i filari di pomodori pronti per le provviste di salsa per l’inverno, frutta e verdura di tutti i tipi. “E’ tutta gente che non avra’ sussidi”, commenta Peppe Battaglia, guida del Parco e socio attivo di Slow Food. “Un anno intero di lavoro distrutto, quei luoghi diventeranno roveti e il prossimo fuoco avanzerà ancora più velocemente”.
Peppe ha vissuto il dramma a Bagaladi, nel suo paese, le notizie che gli arrivano da ogni angolo dell’Aspromonte dai suoi colleghi guide, sono un bollettino di guerra. “I piromani agiscono a 360 gradi – racconta – stiamo perdendo un patrimonio di biodiversità cui guardava il mondo intero”. E mentre si danna per i faggi e le roveri millenari andati in fumo, lo lacera il rimpianto di non essere andato prima a Borgo Sauccio, il villaggio agricolo disabitato fuori paese, ora completamente bruciato, nella casa dei nonni dove si era prefissato di recuperare gli innesti degli alberi da frutto di varietà che ormai non si trovano più.
Salvatore Maesano produce grano e farine biologiche a Roghudi con sua moglie Donatella, animatori della Comunità dei grani tramandati in Aspromonte. Salvatore è anche un operaio forestale, impegnato nel servizio antincendi. Con i pochi colleghi ha affrontato turni di 18-20 ore, sfinito e sconvolto nel veder bruciare in maniera violenta ed incontrollata anche le felci verdi, gli alberi più sani, foreste immense e vigorose.
Ci sarà da riorganizzare il sistema di protezione del territorio quando sarà tutto finito, magari riguardando alle esperienze passate, poi inspiegabilmente abbandonate, che, nel Parco Nazionale d’Aspromonte, avevano quasi azzerato gli incendi affidando i 40 mila ettari di Parco alle associazioni locali, ai pastori, agli abitanti con un sistema di ricompense ed incentivi.
Ma più di tutto l’Aspromonte oggi chiede aiuto e giustizia. Nell’area grecanica è partita una raccolta di fieno per il bestiame che non ha più erba da mangiare. La famiglia Barca, custode di un piccolo paradiso col suo rifugio “Il Biancospino”, invoca volontari per salvare i boschi sui Piani di Carmelia. Slow Food continuerà a sostenere ed appoggiare chi combatte e resta, chiameremo a raccolta le istituzioni di buona volontà, le Università, le associazioni per un progetto comune, ma adesso chiediamo che chi sa, ha visto, conosce i turpi interessi in campo, denunci e permetta di individuare i responsabili dei roghi.
Noi continueremo a stare vicino e sostenere le comunità che vivono il territorio aspromontano; continueremo a chiedere il perché qualcuno ha deciso di uccidere la NOSTRA TERRA ed il futuro di ognuno di noi.