Al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria proseguono le attività di studio e ricerca
Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria non è solo sale espositive, con al centro il magnifici Bronzi di Riace e di Porticello. Proseguono infatti anche le attività di studio, ricerca e conservazione sui tanti reperti delle collezioni esposte o conservate nei depositi. Nell’ambito della collaborazione ormai consolidata tra il MArRC e il Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria è in corso un progetto di “Studio archeometrico di gioielli antichi” selezionato tra numerose proposte dall’European Research Infrastructure for Heritage Science (E-RIHS).
Si tratta di un progetto di indagini non invasive, avviato nel mese di luglio nei laboratori del Museo. Riguarda lo studio tipologico di orecchini in oro a testa di ariete, una classe di preziosi oggetti attestata sia nel sito archeologico di Mella, presso Oppido Mamertina, sia nel contesto di località Chiese Carcate, nel territorio di Varapodio, sia infine nelle necropoli dell’antica Rhegion (San Giorgio Extra, Santa Lucia e località Modena). Rientrano nel progetto anche la splendida coppa vitrea con decori in foglia oro da Varapodio e la statuetta raffigurante Apollo in lamina d’oro proveniente dal tempio di Apollo Aleo presso Cirò Marina.
Al Museo le attività vengono seguite da Barbara Fazzari, funzionario restauratore responsabile del Laboratorio di Restauro, e da Daniela Costanzo, funzionario archeologo responsabile delle collezioni. Lo studio vede la partecipazione dell’équipe del Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria e dell’Infrastruttura di Ricerca STAR costituita dal prof. Riccardo Cristoforo Barberi, dal prof. Raffaele Giuseppe Agostino, dal dott. Simone Caputo e dal dott. Andrea Smeriglio con la collaborazione del dott. Giuseppe Secondo Elettivo del Dipartimento di Geologia dell’Università di Bari e del prof. Armando Taliano Grasso del Dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria.
Il prof. Barberi dichiara: «In Calabria si è aperta una nuova fase per l’analisi quantitativa non invasiva di reperti archeologici, con l’avvio di nuovi laboratori tra i più avanzati d’Europa presso l’Università della Calabria. La nostra regione, in questo ambito, gioca per tutto il Paese un ruolo trainante, il cui valore strategico è destinato ad aumentare nel prossimo futuro.»
Il primo step di indagini ha previsto lo studio delle pietre dure incastonate negli orecchini in oro mediante osservazioni al microscopio ottico a cura del dott. Giuseppe Secondo Elettivo del Dipartimento di Geologia dell’Università di Bari e tramite spettroscopia Raman a cura delle dott.sse Brenda Doherty e Irene Bargagli dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche “Giulio Natta” del CNR, sede secondaria di Perugia. I reperti sono stati inoltre sottoposti a studio morfologico mediante indagini tomografiche a cura del dott. Matteo Bettuzzi e della dott.ssa Mariapia Morigi del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Alma Mater Università di Bologna. Il rilievo 3d effettuato tramite fotogrammetria è stato curato dal dott. Andrea Smeriglio del Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria. Seguirà una seconda campagna di indagini XRF per lo studio della composizione elementale dei reperti.
«Le straordinarie collezioni archeologiche del Museo – dichiara il direttore Carmelo Malacrino – sono nuovamente sotto i riflettori della ricerca scientifica internazionale. La collaborazione con le Università e l’accesso alle più sofisticate strumentazioni mobili non invasive permetteranno di conoscere meglio questi preziosi reperti in oro, offrendo anche nuove opportunità di valorizzazione».
Reggio Calabria 07.08.2023 La direzione