A un anno da Metameria punti di forza e punti di debolezza di una indagine che puo’ segnare una svolta
Un anno fa scattava l’operazione Metameria, la Dda e i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria arrestavano 28 esponenti del clan Barreca tra questi alcuni pesi massimi della Ndrangheta di Pellaro: il boss Filippo Barreca cl56, Francesco Labate detto Checco e Domenico Calabrò detto l’ingegnere. All’operazione fece seguito una conferenza stampa che raccontò alcuni contenuti dell’operazione, secondo quanto disse il procuratore capo Giovanni Bombardieri con questa operazione veniva posto un contrasto netto alla mafia di Pellaro. Qualche mese dopo la DDA decise di accorpare l’indagine in un Maxi processo, scelta che dal punto di vista processuale si sta rivelando vincente. Il maxi processo si chiama “Epicentro” e convoglia tre indagini “Malexif”, “Nuovo Corso” e “Metameria”. Il processo ‘Epicentro’ nella sua articolazione di primo grado è in pieno svolgimento, sono state formulate le richieste di condanna e per alcuni indagati di Metameria sono veramente pesanti, a Filippo Barreca chiesti 20 anni, a Domenico Calabrò chiesti 20 anni, a Marcello Bellini chiesti 20 anni, a Checco Labate chiesti 18 anni, ad Antonino Labate chiesti 18 anni e a Pasquale Politi chiesti 16 anni di carcere.
A un anno di distanza possiamo, si puo’ fare un bilancio sereno di Metameria. Sicuramente dal punto di vista della narrazione giudiziaria la funzione apicale di Barreca appare fondata e solida . Ma prima va fatta una considerazione.
Filippo Barreca cl.56 arrestato insieme ai fratelli Santo e Giuseppe nel lontano 1992 fu messo fuori gioco e condannati in via definitiva all’ergastolo con ‘fine pena mai’.
Quando i Barreca non c’erano chi comandava ?
A novembre del 2015 esce dal carcere per gravi motivi di salute e torna sulla piazza. Cosa fa Barreca? Scopre che i suoi diretti e indiretti affiliati sparsi per il territorio sono confluiti in altri agglomerati mafiosi. Impiega circa un anno per rendersi conto di quello che sta succedendo e tassello dopo tassello “ricompone” – secondo almeno quanto ricostruito dalla DDA – una Ndrina militare che fa riferimento a lui composta da:
>Domenico Calabrò, Pasquale Politi, Checco Labate, Marcello Bellini e Giovanni Battista Foti (imputati al processo di associazione mafiosa art. 416bis).
La DDA documenta dettagliatamente il percorso criminale del Barreca a partire dal 2017 fino a febbraio 2021. C’è un elenco di estorsioni operate dal carismatico boss sul territorio. Tra le più significative e le più vistose si segnalano quella al supermercato Conad di Pellaro, alla ditta Edilcem dei fratelli AMBROGIO, alla ditta dei lavori per la realizzazione del cantiere Eurospin di Bocale. Quanto a cifre, va detto, per gli standard della ‘mafia piu ricca del mondo’ (copy Nicola Gratteri, Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino) se vengono sommate le cifre documentata nell’ordinanza non possiamo certo parlare di grandi capitali. In tutto forse 50 mila euro .E qui emerge la prima domanda. Davvero si può cristallizzare il fatturato mafioso della ricca zona di PELLARO – BOCALE – LAZZARO con queste somme?
Una cosa però è certa : BARRECA appartiene a una dinastia di peso ed è deciso a farsi valere, raccontano le carte . Le prove raccolte dagli investigatori, su questo punto, a nostro modesto sono molto solide. Quindi non sarà facile contestare a livello processuale la ferma volontà da parte del vecchio boss di voler approfittare del suo peso criminale e del suo cognome per riconquistare anche sanguinosamente e soprattutto con la violenza il potere a Pellaro, Lazzaro e Bocale.Altro punto di forza delle ricerche investigative l’ aver saputo mettere a fuoco il disegno olistico della cosca De Stefano, della quale Barreca si rivela essere uno strumento, una marionetta, poco piu di un utile idiota.
Il convitato di pietra
Veniamo invece ai punti piu apparentemente piu deboli -narrativamente parlando – dell’indagine. Nonostante qualche vago accenno, il racconto giudiziario , almeno per ora, sorvola su un punto non marginale : chi ha veramente dominato quei territori durante l’assenza dei fratelli Barreca e dei diretti e indiretti affiliati? Chi ha comandato nel primo ventennio degli anni 2000 quella zona? Barreca torna nel 2015. Reggio Sud data 2011. Operazione ‘Ponte’ inizi anni 2000. L’omicidio di Vincenzo Barreca segna un punto di svolta negli equilibri mafiosi. Ma né sulla morte del boss e ne’ sugli effetti che ebbe sul territorio e’ ancora stata fatta chiarezza.
Metameria tende a valorizzare l’importanza della figura di Barreca per ovvie e legittime finalità processuali. E’ comprensibile. Ma è ormai acclarato che a gestire la vera torta nella zona era Carmine De Stefano e che il boss di Pellaro non era altro che un rispettato manichino nei suoi artigli. Non solo. In diversi punti sembra che ci sia una sorta di ‘convitato di pietra’. Metameria parla di un ‘ritorno in scena’ criminale del Barreca senza mai pronunciarsi con chiarezza (al momento almeno) sui soggetti che gliela avevano rubata.
Barreca stesso nelle intercettazioni parla di famiglie rivali, di soggetti ‘competitori’ . Ok ma chi sono questi altri?Per ora non è dato sapere.
I potenziali conflitti di interesse dei neo ‘testimoni di giustizia’
Il secondo interrogativo che pone l’indagine Metameria riguarda i ‘testimoni di giustizia’ o come li vogliamo chiamare (le vittime delle estorsioni ad opera della ricostituita Ndrina). Del caso di Nino e Leandro Ambrogio abbiamo gia accennato. Nell’ordinanza il primo viene definito come ‘incensurato’ . Ma trattasi di un soggetto che è stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel processo “Ponte”. Ambrogio faceva parte di un gruppo mafioso che era storicamente ostile allo strapotere dei Barreca, lo dicono le carte dei vecchi processi accertati dalla magistratura reggina, altro che ‘incensurato’ . Un dettaglio? Sul piano processuale probabilmente si, visto che le estorsioni documentate sembrano difficilmente contestabili. Sul piano giornalistico le riserve e i punti di domanda sono plasticamente sul tavolo. Che i gruppi mafiosi si facciano storicamente estorsioni a vicenda non lo scopriamo certo noi, e’ sempre stato cosi. Interessante dal punto di vista giornalistico capire perche’ in alcuni casi i soggetti facciano il ‘salto della quaglia’ e altri risolvano i conflitti all’interno del perimetro del ‘diritto’ della Ndrangheta. Lo Stato fa bene a ‘turarsi il naso’ – per citare Montanelli – se serve a portare a casa il risultato, ma ovviamente alcune cose saltano all’occhio. Certo, il passato mafioso di Ambrogio non può passare certo inosservato .
Stesso discorso sugli altri testimoni, i Principato, sul cui passato ci soffermeremo in altre occasioni. Anche li scavando si scoprono legami familiari e parentali rilevanti e addirittura qualche ‘fidanzamento’ , che quanto meno giornalisticamente meritano di essere messi in luce, ma lo faremo in una successiva occasione. Anche li i legami non sono mancati, dossero anche solo di natura sociale. Un dettaglio? Mah…potremmo allegare decine di conferenze di magistrati che proprio a questo proposito sostengono il contrario.
I zig zag di Checco Labate potrebbero aiutare la DDA
L’indagine è stata solo parzialmente obnubilata anche da un altro episodio, che invece forse potrebbe giocare a favore degli inquirenti. E riguarda il ruolo di Checco Labate. A pochi giorni dell’ arresto il genero di Filippo Barreca decide di pentirsi e fa una serie di dichiarazioni che riguardano alcune famiglie di Pellaro. Ma con un colpo di scena a novembre del 2021 fa marcia indietro, si rende irreperibile e si consegna al carcere di Reggio Calabria annunciando di voler ritrattare tutto.Ai fini del processo importa poco. Perché se le dichiarazioni si dovessero tramutare in prove, per i PM poco cambia.
Curiosamente, Metameria non fa il minimo cenno a un altro episodio : quello relativo a un tabacchino di Pellaro, un esercizio sulla statale 106 che fu “affidato” inizialmente a un tale Giuseppe Mangiola di Condofuri nonché molto vicino a Mico Calabrò detto l’ingegnere .E che viene passato di mano nell’anno 2018 a una fazione di Arcoti che ne assumono la gestione. Il caso fu segnalato da un nostro articolo nel febbraio del 2018 , ma non vi è traccia di documenti di Metameria in merito . Il fatto poteva essere rilevante perché nel locale circolava un nucleo di scissionisti che volevano scatenare la guerra contro l’establishment mafioso di Archi, come acclaro’ l’indagine Malefix. Il sottoscritto vi incontro’ piu volte SARACENO FRANCESCO affiliato con GINO MOLINETTI, cosa regolarmente segnalata attraverso articoli di stampa. Ma la Polizia Giudiziaria sembra non averne tenuto minimamente conto. Dato poco rilevante? Può essere.
La interruzione delle intercettazioni dopo il caso Lagana’
Un altro dei punti singolari è la vicenda di Laganà e di Antonino SPANTI titolare di un noto bar sulla 106 a Lazzaro (definito da un collaboratore di giustizia De Rosa “Capo locale” di Lazzaro). Nel 2015 Vincenzo Laganà subisce alcuni attentati e nel 2017 fa alcune dichiarazioni. In sostanza prima denuncia all’autorità giudiziaria e poi ritratta. Nell’indagine si legge che Laganà Vincenzo rese sommarie informazioni presso la Questura di Reggio Calabria facendo nomi e cognomi, tra i quali spicca in primis quello di Nino Spanti già noto alle ff.oo. per narcotraffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Il motivo della denuncia si riferiva al ritrovamento di 90 panetti di cocaina presso la sua azienda, e a degli spari indirizzari al portone della propria abitazione. Non solo : parla di un incendio della propria auto e piu di recente di una lite avuta con un certo Verduci titolare di una nota palestra di Lazzaro.
Poi la clamorosa ritrattazione. Una scelta che spinge gli inquirenti, è scritto nel’ ordinanza, a interrompere le intercettazioni nei riguardi di Spanti . Probabilmente sul piano giuridico non avevano scelta, ma è certo che attraverso la figura di Spanti titolare del Cacciatore, forse qualche altro spaccato del contesto ambientale di LAZZARO PELLARO BOCALE si sarebbe potuto raffigurare .
Mai chiarita la vicenda dell’auto bruciata del genero del Maresciallo Piazza
Non del tutto marginale appare anche l’episodio dell’auto bruciata al genero del Maresciallo Piazza avvenuta a giugno del 2018 , che Metameria fa riemergere nelle carte, ma sulle cui dinamiche non è stata fatta chiarezza. Un altro dei tanti altri misteri di questa vicenda. Perché fu bruciata l’auto del genero dello storico comandante della Caserma della zona ? A chi volevano mandare il messaggio gli attentatori?
La Mancanza di colletti bianchi in una zona densa di appetiti
Un ultimo punto è di natura piu antropologica ; colpisce l’assenza di colletti bianchi almeno in questo primo round . In una zona dove gli interessi imprenditoriali sono voraci e ramificati, tutto si limita alla mafia militare (almeno per ora). Ma oggi è veramente pensabile che ci possano essere organizzazioni mafiose e che possano progredire senza essere spalleggiate da partner istituzionali?Si può veramente credere che sia ancora cosi nel 2022? Si parla anche di una tangente incassata da Carmine De Stefano della quale in Metameria non vi è traccia e ancora nessuna prova.
Per la verità nel sottofondo degli allegati qualche nome della ‘Reggio bene’ salta fuori…. A farli è il Barreca, quello che la Polizia Giudiziaria identifica come un ‘capo’. Cosa del tutto vera e che lui rivendica peraltro in più punti del verbale delle intercettazioni. Ma proprio per questo forse la sua involontaria indicazione, forse contiene qualche elemento di verità.
Conclusioni
Pellaro Lazzaro e Bocale non sono affrancate dalla mafia. I colletti bianchi sono fuori dall’indagine, alcuni dei quali in stretti rapporti con la famiglia De Stefano. Altri soggetti poco raccomandabili sono liberi di circolare e ‘intonsi’ legalmente da oltre 20 anni, un fatto inquietante. Nei loro riguardi sono state sporte denunce in vari uffici giudiziari. Difficile dire se siano fondate o meno. E certo però che Metameria ha riacceso i fari verso una zona che per molti anni era stata lasciata un pò in disparte. Quindi rappresenta una grandissima opportunità di fare pulizia. Ma bisogna sciogliere tutti i misteri, anche quelli piu’ scomodi, anche quelli dove qualche figura magari disinvolta delle istituzioni potrebbe avere avuto un ruolo non marginale nel vedere o nel non vedere.