COVID Confcommercio Reggio Calabria: Alimentare la paura non è la strada giusta. Basta con la strategia del terrore!

Chiusure preventive, attenzione mediatica morbosa, numeri di contagi snocciolati ad ogni telegiornale come prima notizia soprattutto quando, purtroppo, si registrano variazioni in aumento. Politici, giornalisti e persone comuni a discettare quotidianamente su contagi e guarigioni, su evoluzioni vere o presunte della malattia, su un virus che avrebbe una carica virale attenuata ovvero più pericoloso perché si registra il contagio di un bambino. Nomi e cognomi di nuovi contagiati o presunti tali – novelli untori – che circolano in centinaia di chat e diventano le nuove “catene” del 2020. E dunque, in ogni luogo, ed in attesa del “dramma autunnale” già annunciato da autoproclamati esperti in materia (così, giusto per dire qualcosa di interessante e ad effetto!) ecco il rincorrersi di posizioni tanto nette quanto prive di fondamento scientifico, in antitesi tra loro e frutto dell’emotività del momento: chiudere questa o quella attività o aprire tutto, chiudere i confini con questo o quel paese, chiudere singole regioni o tornare al lockdown, mascherine solo al chiuso, anche all’aperto, aumentare i controlli o ridurre i tamponi. Ciascuno ha la propria opinione e sente il bisogno di esprimerla al numero più ampio possibile di persone, noncurante delle conseguenze che questo sfogo – tutt’altro che personale – va a determinare.

Per la Confcommercio e per il Presidente Matà è il momento di prendere atto che, forse, la vera strada per uscire dalla crisi che è seguita alla diffusione del Covid è una: il silenzio.

“Tutti hanno, anzi, abbiamo dimostrato di fronte all’emergenza di essere inadeguati, dichiara Gaetano Matà, Presidente della Confcommercio di Reggio Calabria. Abbiamo dimostrato di amare in maniera smodata parlare di un tema tanto delicato quanto oscuro ai più. Di subire il fascino delle telecamere. Di provare un sadico piacere a “spararla” più grossa per fare, almeno sui social, il pieno di like. Dall’alto delle rispettive competenze in ambito medico (in molti casi pari zero) quasi nessuno ha saputo resistere all’ebbrezza di qualche ora o minuto di gloria su facebook piuttosto che alla dichiarazione forte resa ad un tavolo istituzionale dimostrando, grazie alle parole ad effetto urlate, di tenere, noi sì, alla vita delle persone”.

Per Matà, adesso, dopo l’ubriacatura collettiva di notorietà e gli exploit sui social, è il momento del Silenzio!! È ora di porre fine a questa strategia dell’allarmismo e del terrore posta in essere senza pensare alle conseguenze.

“Silenzio non vuol dire sottovalutare il problema – dice Matà – ma vuole dire affrontarlo da persone serie e mature, percorrendo strade chiare e precise. Basta la corsa a fornire il dato, meglio se peggiore del giorno precedente. Basta fare circolare nomi e cognomi di persone contagiate o presunte tali.  Basta la corsa a dimostrare di avere a cuore la vita delle persone con soluzioni che, in molti casi, sarebbero più dannose del virus. Basta continuare con campagne mediatiche, fatte di chiacchiere che rasentano il pettegolezzo, di cui tutti – in primis i politici nazionali – sono protagonisti. Una volta si diceva che in Italia ci sono 60 milioni di allenatori oggi tutti a parlare di virus, epidemia, catastrofi annunciate per il prossimo autunno. E parlare sarebbe anche una cosa tollerabile, sarebbero chiacchiere estive, se purtroppo ogni parola, ogni commento, ogni interpretazione, non avesse in questa fase un peso enorme e non producesse effetti su altre persone. La perenne sovraesposizione del problema non serve come soluzione dello stesso ma vale solo ad alimentarlo. Provoca paura diffusa, quasi panico in alcune fasce di popolazione che psicologicamente e in alcuni casi anche fisicamente sono letteralmente “bloccate” dal virus. Paura di muoversi, di entrare in un negozio, in un bar, di fare la spesa. Paura che porta in maniera irrazionale a tenere comportamenti sospettosi e a prendere di mira altre persone”.

Non è un’analisi sociologica quella fatta dal Presidente di Confcommercio ma è il quadro di una situazione che, dalla data tristemente nota del 9 marzo scorso, in cui viene decretato il lockdown sull’intero territorio nazionale, non accenna a migliorare. E non perché il virus si sia dimostrato più aggressivo o più pericoloso bensì solo perché esiste in molti, anche in posizioni di governo, un gusto perverso di diffondere terrore, profetizzando una imminente necessità di un nuovo lockdown. Speculando in molti casi – questo è il vero dramma – su una situazione che dovrebbe vedere prevalere l’interesse collettivo su quello personale.

“Con il Covid bisogna convivere, continua Matà. È indispensabile tenere comportamenti responsabili ed attenersi alle previsioni sul distanziamento interpersonale ed sull’utilizzo dei presidi di protezione. È indispensabile smetterla di spaventare. Occorre educare al problema, in maniera seria e nei modi corretti. Sicuramente non è serio il permanere nei pubblici uffici di questa condizione di smart working sine die, con tutte le conseguenze che ne derivano sia in riferimento alla minore efficienza del servizio reso all’utenza sia con riferimento alle ripercussioni di carattere economico per i pubblici esercizi dei centri storici. 

Non è serio criminalizzare oggi il ristoratore piuttosto che il lido o paventare, a giorni alterni, la chiusura si negozi ed attività. Ecco, a proposito di chiusure, non vorrei più sentire parlare, a nessun livello, di lockdown! È una soluzione estrema che per ragioni “emotive” e per interessi di parte abbiamo purtroppo già sperimentato nel momento in cui, nel nostro territorio, non era strettamente necessario. Chiudere attività non è un’azione neutra. Dietro un’attività ci sono persone, imprenditori, dipendenti, fornitori. Ci sono spese alle quali il titolare dovrà fare fronte con incassi zero. Chiudere è un’opzione che in un sistema serio non dovrebbe neppure essere presa inconsiderazione se non in situazione di vera e conclamata emergenza e, comunque, quale estrema ratio di intervento”.

Per Confcommercio, i commercianti reggini in questi mesi hanno dato prova di responsabilità personale e collettiva e continuano quotidianamente a farlo. Hanno dimostrato una straordinaria capacità di reazione. Meritano fiducia. Hanno faticosamente rimesso in moto i propri esercizi cominciando ad intravedere la luce fuori dal tunnel. “Non è accettabile – conclude Matà – che vengano insinuati nella gente pensieri e messaggi negativi soprattutto se frutto di pura fantasia ed in assenza di evidenze mediche. L’ottimismo del fare dovrà essere più forte e contagioso del virus”.