La malattia: Mihajlovic e il dono delle persone speciali
Compiere un coming out rispetto alla propria malattia non è una cosa semplice ma è molto importante farlo. Specialmente per chi ha delle posizioni di riguardo, come è successo in questi giorni a Siniša Mihajlovic, l’allenatore del Bologna, e calciatore. Persona che ha sempre affrontato le sfide del lavoro a testa alta e dello Sport. Nelle posizioni ricoperte da intellettuali, politici, docenti, artisti, sportivi, professionisti attivi nella società, non è facile parlare della propria malattia. Specie se questa si percepisce come la propria debolezza e non come la proprio forza. Dire ‘si anch’io sono in lotta’ ma con coraggio e fede vado avanti a testa alta. A volte per pudore o anche per negarsi alla compassione di chi non coglie la forza di questo, a suo modo: ‘dono’. Accompagnati da qualcosa che ha cambiato profondamente il modo di pensare e di agire o guardare alla quotidianità. Chi queste riflessioni le fa, ha attraversato questo cerchio di fuoco, restando illeso ad affrontare la vita. E rafforzare la voglia di ‘mangiar la vita a morsi’. Cercando di compiere cose per cui normalmente una vita sola non basta. Perché la malattia è questo: un risveglio della consapevolezza, utile a far riscoprire la vita. In quanto rende coscienza della compresenza delle due facce della medaglia nella nostra quotidianità. È importante svegliarsi ogni mattina e pensare che quel giorno dovrà essere il più bello. Proprio tra le cose che ci viene concesso di fare nel nostro quotidiano: magari goderci la famiglia, la natura, gli amici, il lavoro, le piccole cose. E magari compiere qualcosa nel raggiungimento dell’obiettivo che ci eravamo preposti: senza aspettare domani. Perché la consapevolezza di sapere che forse domani potrebbe anche non esserci, dà quella forza per superare l’ultimo gradino, che solitamente si lascia indietro. Quello che fa la differenza tra gli altri e le persone speciali.
AL. Tallarita