Gioia Tauro, celebrato il 115° anniversario della fondazione del Rotary
Il 115°° anniversario della Fondazione del Rotary è stato celebrato con un momento culturale di particolare importanza, proposto dal Club di Gioia Tauro in sinergia con altri sodalizi rotariani, Calabresi e Campani tutti riuniti in collegamento web.
Il tema scelto si è rivelato di grande interesse storico e antropologico:
“Le ragioni del pregiudizio antiebraico e la presenza degli ebrei in Calabria”.
Tema che si è prestato a molteplici chiavi di lettura, rappresentando le comunità ebraiche presenze storicamente importanti e numerose nell’intera attuale Italia meridionale ( ex regno delle due Sicilie) e in particolare nel lembo estremo corrispondente all’attuale area reggina.
Relatori, su invito del presidente Antonio Castellano sono stati il giornalista Luigi Mamone e Antonio Sorrenti, esponente di rilievo, questi, della Comunità Ebraica calabrese e profondo conoscitore delle tradizioni religiose e delle commistioni culturali e linguistiche che legano indissolubilmente le genti calabresi alla culture e alle tradizioni ebraiche.
La conversazione è stata introdotto proprio da Sorrenti che ha tracciato un quadro affascinante della presenza ebraica in Calabria e del filo d’oro che unisce la Calabria all’attuale Stato di Israele.
Sorrenti si è soffermato attraverso una serie di parallelismi sulle affinità identitaria che sono rilevabili dall’analisi della lingua ebraica con espressioni dialettali calabresi e anche le identità antropologiche e culturali che si invengono attraverso tradizioni religiose, culinarie e di costume.
Ha ricordato il gran numero di ”Giudecche” – i quartieri riservati agli ebrei presenti in tutti i più antichi e importanti centri del reggino, la storicamente preponderante presenza di ebrei nella città capoluogo nella quale una via, in particolare, Via Aschenez” fa espresso riferimento agli Aschenaziti, comunità ebraiche provenienti dalla mittel Europa e stabilmente collocatisi in epoca normanna a Reggio Calabria, la cui popolazione in determinate fasi storiche fu a preponderante maggioranza ebraica.
Al punto che uno dei riti di preghiera attuali non casualmente è detto Calabrese. Sorrenti ha concluso il suo intervento con la parola Shalom: Pace.
L’avv. Luigi Mamone, si è soffermato in maniera più stringente sulle ragioni storiche del pregiudizio antiebraico; ricordando come a prescindere da forme persecutorie operate da alcuni imperatori romani, che a differenza di altri assolutamente tolleranti verso la libertà di culto e favorevoli alla positiva presenza delle comunità ebraiche, da sempre alacri e capaci di essere un formidabili volano per la crescita e lo sviluppo delle economie dei territori, le prime forme di pianificata persecuzione in nome di un pregiudizio religioso, amplificato da opportune predicazione di frati istigatori, come Giovani da Capistrano, Bernardino da Feltre e Giovanni da Pistoia, furono strumento per la corone spagnola ( la cui sovranità al tempo si estendeva sula Sicilia e sull’Italia Meridionale) per appropriarsi dei beni immobili e delle ricchezze degli ebrei.
Proseguendo Mamone ha ricordato la strage del 1474, degli ebrei della Val di Noto sul monte Elveria, magistralmente raccontata qualche anno fa sul quotidiano La Sicilia da Salvo Sorbello, e che anticipò l’editto del 1492 con il quale il Governatore Fernando de Acuna su ordine dei “cristianissimi e cattolicissimi “ Sovrani Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, diede il via alla prima campagna persecutoria finalizzata all’esproprio dei beni degli ebrei che non si fossero convertiti “ lassando la pravitati judaica”.
Da questa data iniziò una vera diaspora per gli ebrei di Sicilia e Calabria che durante il regnum federiciano erano stati stimati e benvoluti , apprezzati per i benefici impulsi alla crescita dell’agricoltura e per la fiorentissima arte della produzione serica, furono costretti a espatriare.
Paradossalmente – ha sottolineato Mamone – a fronte della motivazione religiosa dei sovrani spagnoli – strumentale alla necessità di rinvigorire il tesoro regio fortemente inciso dalle spedizioni transoceaniche verso le Americhe e dalle continue guerre, gli ebrei trovarono accoglienza proprio a Roma dove per anni conobbero condizioni di vita non discriminatorie, fino a quanto con Giovanni XXI non furono ristretti nel ghetto dal quale potevano uscire di giorno con l’obbligo di ritornare la sera e che divenne il centro sovraffollato della comunità, con la conseguenza di dover sviluppare in altezza le abitazioni .
Seguirono altre limitazioni tranne quella di praticare l’arte strazzaria e conciaria: il commercio degli stracci e la vendita dei tessuti, e il commercio di denaro ad interesse che li contrappose ai Domenicani che invece con i Monti di Pietà praticavano il lucroso prestito su pegno e che pertanto vedevano i banchieri ebrei come dei concorrenti da combattere senza tregua .
Il ghetto , poi, dopo la chiusura di moltissime sinagoghe divenne il motore della azione di formazione religiosa sociale e culturale, all’interno di un grande tempio nei pressi del portico d’Ottavia, vicino all’attuale Tempio Maggiore inaugurato nel 1904. La grande sinagoga era detta “le cinque scholae” e in essa i giovani studiavano e potevano essere praticati i vari riti ammessi: il sefardita, l’aschenazita, l’Italiano, il Romano ( detto benei Roma) e il calabrese.
La storia delle persecuzioni antiebraiche – ha concluso Mamone – è ancora oggetto di importanti studi e ricerche al cui impulso contribuì anche la visita al tempio ebraico di Roma di Papa Giovanni Paolo Secondo e il grande lavoro di ricerca di Bice Migliau e Elio Paparatti.
La shoah dell’epoca nazista, è dunque solo una pagina recente – speriamo l’ultima , di esteriorizzazione di un pregiudizio antiebraico la cui vera ragione, al di là delle motivazioni religiose e di deliranti teorie di superiorità razziali, fu sempre e soltanto dettata da un spirito di rapina.
Numerosi i partecipanti al Web meeting che hanno ascoltato con grande interesse i due relatori.
Caterina Sorbara