San Ferdinando, processo “Eclissi” rinviati a giudizio Madafferi, Celi e Pantano
Sono stati rinviati a giudizio l’ex sindaco Domenico Madafferi, il vice sindaco Santino Celi, l’ex consigliere di minoranza Giovanni Pantano, Domenico Cimato Cl. 1981, Salvatore Pantano Cl. 1985, Stefanov Boyan Dimitrov, il carabiniere Sannuto, Caterina Papasidero, e Danijela Jakovljevic. Il processo li vedrà alla sbarra l’11 dicembre .
Tutti gli altri 29 imputati hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato il 24 Novembre.
Secondo gli inquirenti l’ex sindaco avrebbe fornito un concreto e consapevole contributo alla cosca Bellocco-Cimato, come referente politico del sodalizio pur non facendone parte. Madaffari, lo scorso 14 ottobre, era stato sottoposto a fermo e portato ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno. Il suo arresto aveva poi portato allo scioglimento del Comune.
L’accusa più pesante è stata tuttavia mossa nei confronti del suo ex vice Celi – accusato di associazione mafiosa – che era stato definito dai pm come presunto esponente della cosca Bellocco-Cimato ed a completa disposizione degli interessi della ‘ndrina. Pantano, invece, sarebbe, secondo l’accusa, legato alla cosca Pesce-Pantano.
Estorsioni, danneggiamenti, possesso e uso di armi da guerra, traffico di stupefacenti, condizionamento delle Istituzioni, infiltrazioni di chiara matrice ‘ndranghetista nell’amministrazione comunale di San Ferdinando finalizzate al controllo di autorizzazioni e appalti. Ci sono tutte queste accuse nell’indagine “Eclissi”, condotta dai Carabinieri e coordinata dal pm antimafia Giulia Pantano.
L’inchiesta poi si è arricchita delle dichiarazioni del pentito Pasquale Labate, giovane di Gioia Tauro che dopo essere stato coinvolto nell’operazione “Deja vu” per una serie di truffe ha deciso di collaborare con gli inquirenti, e quelle della neo-testimone di giustizia Annina Lo Bianco e del figlio di soli undici anni. Dal maggio scorso infatti l’ex compagna di Gregorio Malvaso- presunto capocrimine di San Ferdinando, galoppino di Ferdinando Cimato, a sua volta presunto reggente del casato mafioso del piccolo paese della Piana di Gioia Tauro- ha deciso di affidarsi alla legge e i suoi verbali sono diventati preziosissimi per l’Antimafia, così come quelli del figlio.