Operazione ” Santa Fè”, coinvolti alcuni dipendenti portuali del porto di Gioia Tauro

Nell’ambito dell’operazione denominata “Santa Fè 2013”, sviluppatasi a partire dai mesi estivi del 2013, la sezione G.O.A della Guardia di Finanza di Catanzaro ha avviato un’intensa attività investigativa nei confronti di una consorteria criminale calabrese consolidata nel territorio italiano, con importanti ramificazioni all’estero, in grado di importare ingenti quantitativi di sostanza stupefacente dal Sud America.

 

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Diversi i sequestri di cocaina effettuati nel corso di circa due anni di indagine, per un totale di circa cinque tonnellate.

Il 15 luglio 2013 uno degli indagati, il gioiese Rosario Grasso, si recherà in Brasile per trattare l’acquisto dello stupefacente e le condizioni di invio dello stesso. Grazie alla collaborazione da parte della Polizia Federale brasiliana, si riusciva a monitorare Grasso al suo arrivo presso l’aeroporto di San Paolo, nonché durante i suoi spostamenti. Le indagini condotte, anche a seguito del soggiorno di Grasso a Santos (Brasile), permettevano di concentrare l’attenzione sulla motonave MSC MAUREEN, partita da Santos il 10.08.2013 e giunta a Gioia Tauro (RC) il 26.08.2013.

 

Il porto di Gioia Tauro, infatti, è uno snodo fondamentale: in tal senso, infatti, si spiegherebbe la sinergia tra cosche dell’area jonica della provincia di Reggio Calabria, (i Coluccio e gli Aquino) con importanti casati della fascia tirrenica, i Pesce di Rosarno e gli Alvaro di Sinopoli.

Se, infatti, il metodo utilizzato principalmente dall’organizzazione criminale era quello di occultare la droga all’interno di container a bordo di grosse navi, diversi sequestri verranno effettuati grazie a vere e proprie operazioni da film americano. Gli investigatori, infatti, riusciranno a bloccare una serie di imbarcazioni più piccole, abbordandole e scoprendo come trasportassero quantità non di poco conto di cocaina.

Il prosieguo delle attività tecniche permetteva di concentrare nuovamente l’attenzione sulla motonave MSC MAUREEN, partita da Santos e giunta in Spagna intorno alla metà del mese di marzo 2013.

Soggetto chiave nel sistema criminale, sarebbe stato Antonio Femia.

Il 7 marzo 2014 Antonio Femia e Nicodemo Fuda, soggetti apicali dell’organizzazione e dimoranti nella fascia jonica calabrese, incontravano a Roma Claudio Marcelo Soto Rodriguez, giunto dal Sud America quale referente del fornitore dello stupefacente. Scopo del viaggio intrapreso da Soto Rodriguez era quello di precedere l’arrivo di una partita di stupefacente e definirne i dettagli relativi alle condizioni di acquisto e di invio dello stesso.

Le attività tecniche esperite nel mese di marzo 2014 avevano palesato l’intenzione, da parte della consorteria criminale ruotante intorno alla figura di Antonio Femia, di concretizzare alcune imminenti importazioni di stupefacente dal Sud America.

Il 3 marzo il fornitore dello stupefacente, soprannominato “Perrito”, comunicava a Antonio Femia di aver spedito un carico da 170 panetti (o kg) dall’Ecuador e di aver già pronto un altro carico di almeno 230 panetti (o kg) per la settimana successiva.

In tale contesto, “Perrito” informava Femia dell’arrivo, per il 10 marzo, presso l’hotel “Hollyday Inn” di Roma, di un suo uomo, tale Freddy Luzardo Mejia alias il “negretto”, deputato alla consegna dei dati relativi al container. L’incontro sarebbe, poi, avvenuto in Calabria il giorno successivo. Nel contempo “Perrito” comunicava a Femia il nome della nave MSC MANDRAKI:

In attesa dell’arrivo della prima spedizione, Femia e “Perrito” si accordavano affinchè i dati completi relativi alla seconda spedizione venissero consegnati fisicamente da Freddy Luzardo Mejia, in compagnia di Pedro Florentino Vega alias “signor duro”, a Nicodemo Fuda alias “il piccolo” durante un’incontro fissato per il giorno 29 marzo, presso l’hotel “Holiday Inn” di Roma.

Nell’occasione, veniva appurato il coinvolgimento di alcuni operatori portuali, Francesco Giofrè, Placido Giacobbe e Giuseppe Papasergi, aventi il ruolo di recuperare lo stupefacente dal container imbarcato sul natante: alcuni di essi, insieme a Domenico Luppino, venivano sorpresi a bordo di un gommone nelle acque antistanti il porto, nei frangenti coincidenti con l’arrivo della MSC MANDRAKI.

Tale episodio, portava alla luce il coinvolgimento di un’organizzazione parallela, radicata nell’area di Sinopoli/Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC), capeggiata dai fratelli Giuseppe e Vincenzo Alvaro.

Questi ultimi mantenevano i contatti, per il tramite di Domenico Sainato, con Antonio Femia e, per il tramite di Francesco Giofrè, con la squadra di operatori portuali deputata al recupero dello stupefacente una volta giunto presso lo scalo portuale di Gioia Tauro. Tra le persone arrestate, vi sono anche tre dipendenti della Medcenter.

Propedeutico a una ulteriore spedizione era stato il soggiorno di Vincenzo Alvaro e di un serbo-montenegrino in Argentina nel mese di settembre 2014, i cui spostamenti e incontri venivano monitorati dal personale della D.E.A. Argentina, nonché la discesa in Calabria da parte del serbo-montenegrino nel mese di ottobre per incontrare i propri sodali al fine di definire i dettagli relativi alla spedizione del carico.

Le contestuali indagini avviate dalla D.E.A. americana in seguito allo scambio info-investigativo, permettevano agli americani di addivenire, in data 14.04.2014 a Guayaquil, al sequestro di 172 kg di cocaina pronta per essere occultata all’interno di un container destinato all’Europa.

Nel frattempo, un parallelo filone di indagine rivelava l’intenzione da parte di alcuni esponenti della criminalità organizzata calabrese, fra i quali Gabriele Biondo, personaggio di notevole spessore criminale anche in territorio iberico, di introdurre ingenti quantitativi di stupefacente dal Sud America in Europa, attraverso l’utilizzo di imbarcazioni per la navigazione veloce.

Un’indagine che presenta i contorni di una vera e propria fiction criminale. Se immessa sul mercato, infatti, la droga avrebbe fruttato circa un miliardo di euro. Così, dunque, viene confermata la leadership della ‘ndrangheta nel mercato del narcotraffico internazionale: “La ‘ndrangheta ha attualmente almeno 70 o 80 broker di primo livello in Sud America”.

Il proficuo rapporto di collaborazione instaurato con la D.E.A. americana, permetteva di monitorare gli spostamenti di Biondo fra il Sud America, la Spagna e l’Italia, nonché alcuni incontri avvenuti in Italia tra quest’ultimo ed alcuni soggetti sudamericani, inviati dall’organizzazione dei narcos per precedere l’arrivo dello stupefacente e, al contempo, confermare il buon esito delle operazioni alla propria organizzazione fornitrice.

Un’indagine che, come sottolineato da più parti, si scontrerà con le varie contromisure adottate dagli indagati, ma soprattutto da problemi di lingua e le differenze dei vari ordinamenti giuridici dei Paesi interessati.