• Home »
  • Cronaca »
  • ‘Ndrangheta, Processo Sant’ Anna condannati i membri delle cosche Pesce e Belloco

‘Ndrangheta, Processo Sant’ Anna condannati i membri delle cosche Pesce e Belloco

 Il Gup di Reggio Calabria Olga Tarzia ha avvalorato l’impianto accusatorio portato avanti dal sostituto procuratore della Dda, Matteo Centini, punendo con 18 anni di reclusione l’anziano patriarca Umberto Bellocco (classe 1937). Ma sono condanne pesanti anche quelle nei confronti di Salvatore Barone (13 anni e 4 mesi) e Domenico Bellocco (10 anni). Condanna dura (13 anni e 4 mesi) anche per Umberto Emanuele Oliveri, considerato un astro nascente del clan, soprattutto con riferimento al traffico di droga. Tra le condanne spiccano anche gli 11 anni inflitti a una donna, Elvira Messina.

Il procedimento scaturisce dagli esiti di due distinte attività investigative sviluppate dai Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio Calabria in due periodi differenti: la prima, tra settembre 2012 e ottobre 2013, finalizzata alla cattura dell’allora latitante Giuseppe Pesce, detto “Testuni”, divenuto reggente dell’omonima cosca all’indomani della cattura, il 9 agosto 2011, del fratello maggiore Francesco cl.1978; la seconda, condotta tra i mesi di gennaio e giugno 2014, nei confronti di Umberto Bellocco, (suocero di Giuseppe Pesce) e di altri appartenenti all’omonimo sodalizio, di cui l’anziano boss è il capo fondatore.

In particolare, il primo segmento di indagine curato dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria ha principalmente mirato alla localizzazione del latitante Pesce reggente dell’omonima famiglia mafiosa egemone a Rosarno, che si era sottratto ai provvedimenti coercitivi emessi nell’ambito dei processi “All Inside” e “Califfo”. L’intensificarsi della pressione investigativa, nonché il fermo di indiziato di delitto, il 16 aprile 2013, di Domenico Sibio (uomo di fiducia di Giuseppe Pesce) e l’esecuzione di ordinanza custodiale, il 5 maggio 2013, nei confronti della moglie del latitante, Ilenia Bellocco (cl. 1989), hanno indotto Giuseppe Pesce, il 15 maggio 2013, a costituirsi presso la Tenenza dei Carabinieri di Rosarno.

L’attività di indagine ha accertato che il pericoloso latitante aveva potuto fare affidamento (in forma diretta o mediata) su una ristretta cerchia di soggetti particolarmente fidati che, con ruoli diversi in più fasi – tutte documentate – della fuga del giovane rampollo della cosca rosarnese, avevano fornito il proprio determinante contributo per coprirne la clandestinità.

La prosecuzione dell’attività di indagine ha, altresì, dimostrato le complesse dinamiche associative sviluppatesi all’interno della Società di Rosarno, a seguito della scarcerazione dello storico boss Umberto Bellocco (cl. 1937), avvenuto nel mese di aprile 2014, dopo una detenzione durata oltre un ventennio.

È fin da subito emerso lo spessore criminale di Umberto Bellocco, il quale usufruendo dell’ausilio dei suoi più stretti sodali, la maggior parte appartenenti al medesimo contesto familiare, ha tentato di riaffermare la propria leadership, anche attraverso il ripristino di preesistenti relazioni con esponenti apicali di altre cosche mafiose (tra cui i Crea di Rizziconi) e la riorganizzazione delle attività illecite della cosca sul territorio rosarnese. Sono stati anche documentati gli interessi della cosca mafiosa nel traffico di sostanze stupefacenti, nel cui ambito si inseriscono le convergenze investigative del GOA della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che vedono coinvolto Umberto Emanuele Oliveri, nipote di Umberto Bellocco cl. 37, prescelto dallo zio quale referente della potente cosca di ‘ndrangheta, per il traffico di droga condotto attraverso il porto di Gioia Tauro.

I ventidue rispondono, a vario titolo, di associazione mafiosa, armi, intestazione fittizia di beni e favoreggiamento. Tutti i reati-fine sono aggravati dalle modalità mafiose previste dall’articolo 7 della legge 203 del 1991.

Questo il dettaglio della sentenza:

Salvatore Barone 13 anni e 4 mesi di reclusione

Domenico Bellocco 10 anni e 8 mesi di reclusione

Umberto Bellocco 18 anni di reclusione

Giuseppe Ciraolo 9 anni e 4 mesi di reclusione

Michele Forte 8 anni e 4 mesi di reclusione

Elvira Messina 11 anni di reclusione

Francesco Oliveri 9 anni e 4 mesi di reclusione

Umberto Emanuele Oliveri 13 anni e 8 mesi di reclusione

Antonella Bartolo 2 anni e 8 mesi e 10 giorni di reclusione

Rosanna Bartolo 2 anni e 4 mesi di reclusione

Domenico Bartolo 1 anni e 9 mesi e 10 giorni di reclusione ( pena sospesa)

Antonella Bruzzese 1 anni e 9 mesi e 10 giorni di reclusione( pena sospesa)

Domenico Corrao 2 anni e 8 mesi e 10 giorni di reclusione

Mercurio Cimato 1 anno, 9 mesi e 10 giorni di reclusione ( pena sospesa)

Massimo Paladino un anno e 9 mesi e 10 giorni di reclusione ( pena sospesa)

Francesca Spagnolo assolta

Sergio Biagio 2 anni di reclusione ( pena sospesa)

Salvatore Zangari 1 anno e 9 mesi e 10 giorni di reclusione ( pena sospesa)

Giorgio Antonio Seminara un anno e 9 mesi di reclusione ( pena sospesa)

 

TUTTA COLPA DELLA MICROSPIA A svelare a inquirenti e investigatori le manovre di Umberto Bellocco è stata la microspia piazzata nella sua abitazione. Ascoltando l’anziano patriarca gli investigatori hanno infatti avuto modo di raccogliere innumerevoli elementi sui futuri progetti del clan, che sotto la guida del boss – “uomo di rispetto” anche per altri clan come i Caporosso della Sacra Corona Unita – mirava a riprendere il predominio su Rosarno, scalzando i Pesce. Un progetto per il quale il clan poteva contare su un proprio arsenale, che non avrebbe avuto alcuna difficoltà né esitazione ad ampliare, anche grazie ai proventi derivanti dai traffici di droga gestiti nel porto di Gioia Tauro. Un “ramo di attività” appaltato dal “capo” al nipote Umberto Emanuele Olivieri, già oggetto di approfondimenti investigativi da parte della Guardia di finanza, perché individuato quale reggente degli interessi della potente cosca nei traffici illeciti all’interno del porto di Gioia Tauro.