Morte Barbara Corvi: Esclusiva Klaus Davi, Nino Lo Giudice accusa i fratelli Roberto e Maurizio
MORTE BARBARA CORVI: ESCLUSIVA KLAUS DAVI NINO LO GIUDICE, CONSOLATO VILLANI E FILIPPO GREVE ACCUSANO ROBERTO E MAURIZIO LOGUIDICE
Colpo di scena nella vicenda della morte di Barbara Corvi, moglie di Roberto Lo Giudice. Il Procuratore di Terni Alberto Liguori come anticipato ieri dal massmediologo Klaus Davi sulla sua pagina facebook https://www.facebook.com/klausdavi2/posts/1090220304807569 collaboratore del programma Mediaset “ Fatti e Misfatti, è riuscito ad ottenere la testimonianza di ben tre pentiti che accusano i fratelli dell’omicidio della donna uccisa in circostanze misteriose nel 2009. I tre sono ben noti a chi si occupa di Ndrangheta si tratta di Nino Logiudice, Consolato Villanie Fabrizio Greve sentiti in questi mesi dalla Procura Umbra che ha in carico la vicenda.
Nella ordinanza s legge che ‘ il collaboratore di
giustizia, Lo Giudice Antonino, soprannominato Nino, fratello degli
odierni coindagati, rendeva dichiarazioni eteroaccusatorie sostenendo
che nel corso di un incontro, tenutosi nel periodo agosto settembre
2010 a Reggio Calabria, apprende dal fratello Lo Giudice Roberto che,
dopo la scomparsa della moglie, si era trasferito dal fratello Maurizio
Lo Giudice. Sempre secondo che entrambi i fratelli, Maurizio e Roberto,
erano coinvolti nella scomparsa di Barbara e che, per (questa
ragione, Roberto si era trasferito a da Maurizio. Sembra addirittura che la
circostanza relativa al loro coinvolgimento venne confermata da Roberto
con un cenno confermativo del capo durante un incontro. Non solo : prima della scomparsa di
Barbara (circostanza appresa questa volta dai nipoti Salvatore, figlio
di Barbara e Roberto, e dall’altro nipote, anch’egli di nome Salvatore,
ma figlio del fratello Giovanni) i fratelli Maurizio, Giovanni e
Roberto, con le rispettive consorti si erano riuniti a Taormina. La
circostanza a lui non nota, venne intepretata quale conferma del loro
proposito criminoso in danno di Barbara. Egli riferiva che la cautela
mostrata da Roberto nel riferire il proprio coinvolgimento nella morte
della moglie, unitamente a quella del fratello Maurizio, fosse dovuto al timore di essere intercettati..
Il commosso abbraccio dei figli
La Procura ha sentito anche Salvatore Lo Giudice
figlio di Roberto. Costui riferiva che, durante la sua permanenza a
Reggio Calabria (da novembre 2009), subito dopo la scomparsa della
madre, il cugino Salvatore, figlio di Angela Costantino – anch’essa
scomparsa ed uccisa per mano di mafia da componenti del clan Lo Giudice
– gli disse testualmente” mia madre, come la tua, è morta” e lo aveva
abbracciato. Salvatore riferiva che , all’epoca, aveva interpretato
queste parole nel senso che entrambe le donne, dato che avevano tradito,
non dovevano più essere considerate membri della famiglia anche se,
successivamente, aveva dato un significato diverso, ma di cui non
intendeva parlare. Le sue effettive convinzioni Salvatore Lo Giudice le
manifesta apertamente perfino alla propria fidanzata nel corso di una
intercettazione ambientale ” …. Mia madre ..
dentro una cosa di acido è finita .. si si senza tracce … e non ce ne
saranno mai ….. come non saprò mai la verità amo ‘ … cioè come i
mie … come il cugino mio” facendo ovvio riferimento al cugino Salvatore Lo Giudice di Reggio Calabria che ebbe a dirgli che la madre aveva fatto la stessa
fine della sua. Uniti da un tragico destino.
Il procuratore Liguori ha anche sentito Consolato Villani in merito. Il quale riferiva di essere parente dei fratelli Lo Giudice
(la madre era loro cugina), e di aver appreso da altro componente del
clan, Reliquato Giuseppe, cognato di Nino Lo Giudice, tra la fine
ottobre, inizi novembre 2009, nel negozio ‘Tremulini’ di Reggio Calabria
gestito da Reliquato, che ” era scomparsa un ‘altra donna della cosca Lo
Giudice facendo riferendosi alla moglie di Roberto Lo Giudice, e cioè
Barbara Corvi, facendo però anche riferimento anche ad Angela Costantino
affinché io capissi, in termini di Ndrangheta, che anche Barbara aveva
fatto la stessa fine” .
Secondo un altro collaboratore Federico Greve ,
un tempo sodale di Lo Giudice Antonino, unito in matrimonio con Parise Caterina
dalla quale si separerà, e che è l’attuale compagna di LO GIUDICE Roberto che decise di portare con sè anche il figlio
Giulio, avuto da Greve. E, proprio, in occasione delle sue visite in
Umbria per incontrare il figlio Giulio, Federico Greve aveva parlato
con Roberto Lo Giudice il quale, lamentandosi del comportamento del
figlio, maleducato, buono a nulla e tossicodipendente, gli avrebbe detto
che, se non si fosse ravveduto, rispettando le regole, lo avrebbe murato
vivo, cioè lo avrebbe ucciso. Secondo l’ordinanza la frase testuale sarebbe “murerò tuo figlio
se continua così come ho murato mia moglie.” Peraltro gli incontri tra
il Greve Federico e Lo Giudice Roberto sono stati confermati anche dal
figlio di Greve di nome Giulio il quale però non ha confermato il contentuto di queste dichiarazioni
in merito alla scomparsa di Barbara Corvi. Mentre Giulio Greve avrebbe confermato
tuttavia i rapporti burrascosi avuti con il marito della sua ex moglie.
Lo Giudice Nino
Lo Giudice, detto Nino il Nano , al vertice della cosca, ricostruisce con dettaglio il clima
criminale che si respirava a Reggio Calabria e le precauzioni adottate,
tenuto conto dell’attenzione costante osservata dagli inquirenti verso
il clan. Ovvio il suggerimento al capo clan attenzione e e cautele nei
movimenti, nei contatti e, soprattutto, particolare attenzione alle
conversazioni più che probabili bersaglio di intercettazioni
telefoniche e ambientali. Il clan temeva altresì agguati da cosche
avverse anche nel periodo immediatamente successivo alla scomparsa di
Barbara: l’invito del capo cosca, inappellabile, ai fratelli residenti a Reggio Calabria, era di non commentare la vicenda di
Barbara perché temeva di essere intercettato. Egli precisa al riguardo
che l’incontro con il fratello Roberto, descritto come persona non
facente parte della consorteria mafiosa – vuoi perché non attrezzato a
livello criminale vuoi perché cresciuto, sin dai tempi del soggiorno
obbligato (anni ’90) del padre, ad Amelia, ove poi si sposerà e vivrà
– avvenne a fine estate 2010 nel chiosco di frutta dove
Roberto gli confermava il coinvolgimento suo e di Maurizio nella
scomparsa di Barbara.
+++IL DISPERATO ABBRACCIO DEI CUGINI ORFANI DI MADRE ++++
Particolarmente toccante è il passaggio dedicato ai figli di Barbara Corvi e Angela Costantino. A parlare con il procuratore Alberto Liguori – si legge nell’ordinanza- è Salvatore Lo Giudice
figlio di Roberto. Costui riferiva che, durante la sua permanenza a
Reggio Calabria (da novembre 2009), subito dopo la scomparsa della
madre, il cugino Salvatore, figlio di Angela Costantino – anch’essa
scomparsa ed uccisa per mano dei componenti dell’omonimo clan –
– gli disse testualmente” mia madre, come la tua, è morta” e alla terribile e commossa frase fece seguito un abbraccio fra i due. Salvatore riferisce agli inquirenti che , all’epoca, aveva interpretato
queste parole nel senso che entrambe le donne, dato che avevano tradito,
non dovevano più essere considerate membri della famiglia anche se,
successivamente, aveva dato un significato diverso, ma di cui non
intendeva parlare. Le sue effettive convinzioni Salvatore Lo Giudice le
manifesta apertamente alla propria fidanzata nel corso di una
intercettazione ambientale ” …. Mia madre ..
dentro una cosa di acido è finita .. si si senza tracce … e non ce ne
saranno mai ….. come non saprò mai la verità amo ‘ … cioè come i
mie … come il cugino mio” facendo ovvio riferimento al cugino Salvatore Lo Giudice di Reggio Calabria che ebbe a dirgli che la madre aveva fatto la stessa
fine della sua.
MIA MADRE DENTRO UNA COSA DI ACIDO E’ FINITA….
Tre pentiti- Nino Lo giudice “ u nanu”, Consolato Villani e Federico Greve. Hanno dato inpullso e forza alle indagini della Procura di Terni sul caso della misteriosa sparizione di Barbara Corvi la moglie di Roberto Lo giudice che sarebbe stata uccisa per vendetta rispetto ad una relazione extraconiugale. Un caso finito nel dimenticatoio. Come pubblicato ieri in anteprima da Klaus Davi sulla sua pagina Facebook sono state proprio le dichiarazioni, e le accuse, dei tre collaboratori di giustizia a riaprire il caso. Non solo le dichiarazioni dei tre pentiti alla base dell’indagine coordinata dal procuratore di Terni Alberto Liguori: altro elemento nel quadro di accusa lo offre il figlio della donna sparita nel nulla, Salvatore Lo Giudice. Sentito dagli inquirenti il 9 giugno 2020, riferiva che durante la sua pemanenza a Reggio Calabria ( da novembre 2009) subito dopo la scomparsa della madre, il cugino Salvatore, figlio di Angela Costantino ( anch’essa scomparsa ed uccisa per mano di mafia da componenti del clan Lo Giudice con lo stesso “ movente” gli disse testualmente “ mia madre, come la tua, e morta” e lo0 aveva abbracciato . per la procura di Terni la testimonianza del figlio della vittima riveste un enorme valore, come emerge nell’ordinanza di custodia cautelare: salvatore riferirà che all’epoca, aveva interpretato queste parole nel senso che entrambe le donne, dato che avevano, tradito non dovevano essere più considerate membri della famiglia anche se,successivamente, aveva dato un significato diverso, ma di cui non intendeva parlare. Ancora più cruento il tenore della chiacchierata sfogo d tra salvatore Lo Giudice e la fidanzata. Contenuti genuini, essendo stati intercettati: le sue effettive convinzioni Salvatore Lo Giudice le manifesta apertamente alla propria fidanzata Veronica nel corso di una intercettazione ambientale dicendo testualmente “… Mia madre dentro una cosa di acido e finita.. si si senza tracce e non c’e ne saranno mai.. come non saprò mai la verità amo.. cioè come il cugino mio, facendo ovvio riferimento al cugino Salvatore Lo Giudice di Reggio Calabria
Che ebbe a dirgli che la madre aveva fatto la stessa fine della sua.