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Il killer Antonino Cuzzola svela: Molinetti e Papalia su libro paga dei servizi. Boss di Reggio voleva uccidere suo figlio Gay

Un fiume in piena, Antonino Cuzzola. Nato a Reggio Calabria nel 1952, affiliato al clan reggino dei Latella. Uno dei killer più temuti della ‘Ndrangheta, Cuzzola, che è stato collaboratore di giustizia dal 2004, si sfoga con Klaus Davi e Alberto Micelotta: “Sono uscito dal programma di protezione perché non volevano che dicessi la verità sui Papalia… Tutti sanno che sono su libro paga dei servizi segreti da anni… Sono uscito perché mi avevano promesso il lavoro, mi hanno promesso la casa popolare a Pisa, mi hanno promesso di tutto, mi hanno promesso 100.000€ e non me li hanno dati; mi hanno prima fatto firmare – prima mi hanno fatto firmare i documenti, che mi davano la casa popolare, che mi davano 100.000€ e pure il lavoro. Ma una volta firmato mi hanno dato 30.000€ e non mi hanno dato né casa popolare né niente. Non volevano che sputtanassi i Papalia per questo mi hanno giudicato inaffidabile”.

Cuzzola, nel colloquio con il giornalista italo-svizzero e il suo coautore, rammenta il suo ingresso nell’onorata società calabrese: “Sono entrato nella ‘Ndrangheta in carcere a Porto Azzurro nel ’77, avrò avuto 23 anni. Il primo omicidio risale al ‘73. Feci fuori mio cognato. Abbiamo avuto una discussione per un diverbio, per una macchina; questo guidava un po’ spericolato e demoliva le macchine, allora suo padre gli aveva comprato, aveva 23 anni, gli aveva appena comprato una Giulia Super e lui dopo 8 giorni che gliel’avevano comprata è andato fuori strada e l’ha demolita proprio… Poi chiedeva sempre la mia macchina, e io che facevo? Non gliela davo: avevo una Fiat 500 per girare, per andare a lavorare, io ero sposato con la sorella e lui insisteva ‘dammela’ e approfittava che aveva i muscoli perché faceva palestra; allora siamo andati sul posto di lavoro, siamo ‘andati in disguido’ e gli ho sparato alla gamba e ho preso la vena…”

 

A seguire alcuni estratti dell’intervista integrale, realizzata con il supporto del network regionale RTV visibile al link https://youtu.be/hTzcT2-1RWA e sul canale 14 del digitale terreste:

 

IL DEBUTTO

Cuzzola: “Sono uscito ad aprile del 1981, avevo preso dei permessi e da Alessandria sono venuto qua a lavorare, però non lo dicevo a nessuno che ero in questa situazione, lavoravo anche quando ero in semi libertà, fino a un bel momento che sono andato giù per un giorno perché ancora avevo la sorveglianza, come ce l’ho adesso, ho preso la macchina e sono andato giù in Calabria a trovare Pasquale Latella, così ho parlato con Pasquale Latella, lui mi ha chiesto armi, perché lui voleva armi… mi ha detto ‘Prendi un appartamento qui a Milano’ e infatti ho comprato un appartamento monolocale a Milano e lì trovai le armi, dalla Svizzera: pistole, fucili mitragliatori kalashnikov… comunque queste dichiarazioni le ho fatte ai magistrati. Poi ho incominciato con queste armi, così… nel frattempo giù hanno ammazzato Pasquale Latella… Gli hanno sparato, i mandanti sono Domenico Papalia e i Tegano… che hanno ammazzato Pasquale Latella”.

 

DONNE DEL CLAN E ORGE

C: “Mi ricordo che dicevano di ammazzare anche la moglie di Nino Ficara, ma Puntoriero dice ‘no le femmine no’ – la moglie di Nino Ficara e quello che si è pentito, Paolo Aiello, erano amanti, andavano in un posto e facevano le orge – quindi dicevano ‘lasciatela stare’… facevano le orge, erano tre o quattro: la moglie di Paolo Aiello, la moglie di Nino Ficara… Non esistono, ma loro non è che lo facevano con uomini della ‘ndrangheta, hai capito?!”

 

BOSS VOLEVA UCCIDERE FIGLIO GAY

Klaus: “Ci racconti del figlio gay del boss di Reggio”.

C: “Si trattava di  OMISSIS  Aveva una birreria al quartiere Gebbione: è successo – io ti parlo di quando era ancora vivo Pasquale Latella – che qualcuno, non so il nome di chi, qualche ragazzino, ha raccontato ai genitori che questo qui li voleva abbordare, toccare, allora qualche padre si rivolse a Pasquale Latella, e Pasquale è andato a parlare proprio col padre di questo, il padre gli ha detto che lo sapeva, che era un povero disgraziato ‘però io non me la sento di ammazzarlo’, e ha chiesto a Pasquale Latella di ammazzarlo e sotterrarlo: ‘io te lo mando lì per un’imbasciata…’, ma Pasquale Latella gli dice che sono cose di famiglia…”.

 

NE HO UCCISI DIECI FORSE QUINDICI

C: “Io mi sono auto accusato dell’omicidio Nettuno di Reggio Calabria, quel ragazzino di 14 anni, poi ho sparato a Ciccio Mercuri dove aveva gli arresti domiciliari qui a Milano, ho ammazzato altri… Caldara; ho partecipato a un palermitano che aveva i domiciliari qui. Siamo andati a sparare a uno in casa che aveva gli arresti domiciliari, ho ammazzato uno che aveva i domiciliari, Francesco Mercuri: poi Pacileo, poi un altro a Cerminà, Priolo, un altro l’ho ammazzato a Modena per conto dei Tegano… adesso tutti non me li ricordo, comunque quello che io ti voglio dire… tra quelli che ho guidato e dove ho sparato…”.

Klaus: “In alcuni casi hai guidato e in alcuni casi hai sparato, quindi tutte queste cose poi con il pentimento ti sono state… se no finivi all’ergastolo”.

 

Il CASO NETTUNO: VI RACCONTO LA LENTA AGONIA DI UN RAGAZZINO

C: “Per il caso Nettuno, siamo andati un gruppo con la paletta della polizia. Lo hanno sequestrato e lo hanno portato vicino a un torrente dove c’eravamo io, Puntoriero, Vincenzo Ficara. Ero lì presente, ho scavato ancora prima che lo portavano una fossa per metterlo sotto terra perché nessuno voleva scavare, poi ti posso dire che questo ragazzino era figlio di un mio amico che andavamo alle elementari insieme. Il padre adesso è morto, si chiamava Gino, io volevo salvarlo questo ragazzino, ma mi dicono ‘tu non sai che fa questo, ha segnalato per la botta di bazooka, giù ai Ficara, ha partecipato, ha segnalato degli omicidi’. Insomma dicevano che fosse una spia. Non l’ho strozzato io. Lo interrogavano e io gli menavo, Ficara gli menava con una pistola in testa di dietro e Puntoriero lo stringeva al collo per farlo impaurire così continuava a parlare. A un certo punto, quando lo stavano ammazzando di botte, comincia a buttare fuori della materia gialla, e lo hanno buttato lì… Quando io gli ho messo la calce, non respirava più. L’hanno chiuso qui, proprio sotto la gola, per non farlo respirare. E’ morto per soffocamento, quando ha buttato fuori quella roba lì. Senza pietà, lo abbiamo messo in quel buco lì. Poi gli ho detto a Domenico ‘prendi un sacco di calce’, perché se la calce la bagni, corrode e non viene fuori la puzza, e così è andato a prendere un sacco di calce. Ho coperto tutto io e gli abbiamo buttato sopra dell’acqua. Poi lo abbiamo lasciato lì…”.

 

LA VICENDE DELL’EDUCATORE E I SERVIZI

C: “L’educatore veniva al carcere di Opera da Parma e questo educatore sapeva che Domenico Papalia faceva i colloqui con i servizi, perché poi ti aggiungo pure che una guardia che mi accompagnava per gli interrogatori dai magistrati che io gli ho fatto questa dichiarazione, questo era fuori vicino alla porta e mi ha sentito. Mi dice ‘è vero, Papalia ha sempre fatto i colloqui con i servizi’ dice ‘ce n’erano tre o quattro al carcere’ – questo educatore, mi ha raccontato Antonio Papalia, facendo servizio a Opera lì c’erano dei ragazzi del loro gruppo. Questo educatore gli faceva la relazione, è successo che uno non è riuscito a prendere il benestare dei permessi da parte di questo educatore. Questo d’istinto gli dice: ‘Ma come, vanno gli ergastolani in permesso? Domenico Papalia va sempre in permesso a casa avanti e indietro’, e lui gli ha risposto ‘fa i colloqui con i servizi, sono i servizi che danno i permessi a Domenico Papalia’. L’educatore in questione fu poi ucciso dalla ‘Ndrangheta nell’ambito di una vicenda tutta da chiarire”.

 

GINO MOLINETTI FECE ARRESTARE DOMENICO PAVIGLIANITI

C: “L’arresto di Paviglianiti in Spagna? Sono stati gli Arcoti a farlo arrestare, perché prima se n’è occupato Mico Libri con i servizi segreti e poi è subentrato Molinetti… Lui tese la trappola a Paviglianiti. Gino viveva a Milano; a un certo punto prende questo treno e parte per la Spagna. Sapeva perfettamente di essere controllato e che seguendo lui avrebbero arrestato l’altro”.