Gioia Tauro, Operazione Porto Franco dettagli e nomi

Operazione Porto Franco i nomi degli arrestati:

Pesce Salvatore, cl 88 Rao Gaetano, cl 55 Mazzitelli Marco, classe 83 Comandè Giuseppe, cl 83 Franco Domenico, cl 57 Franco Giuseppe, cl 60 Franco Antonio, cl 62 Rachele Francesco, cl 41, Rachele Salvatore, cl 78 Rachele Rocco, cl 68 Stilo Bruno, cl 66 Canerossi Domenico, cl 67, Filardo Nicola, cl 59

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Le aziende sequestrate:

di seguito l’elenco dei 23 sequestri preventivi  dell’intero patrimonio aziendale nei confronti della: –   MERIDIONAL TRASPORTI DEI F.LLI FRANCO E LUCCISANO SALVATORE S.n.c.; –   MEDITERRANEA TRASPORTI di Macrì e D’Agostino S.n.c.; –   UNIVERSAL TRANSPORT & SHIPPING S.a.s. di Zungri G. & C.; –    Ditta individuale “LA ROSARNESE DI RACHELE Francesco”; – Ditta individuale SIBIO Domenico; –  Ditta individuale COMANDE’ Giuseppe; –    F.C. IMMOBILIARE S.r.l.; –   FERPETROLI SERVICE S.r.l.; –   Ditta individuale “AUTOSUD DI FILARDO Nicola”; – GA.RI. S.a.s. di Gianluca Gaetano e C.; –   PUNTO UNO INGROSS UNIPERSONALE S.r.l.; –  Ditta individuale CHINDAMO Giuseppe; –  Ditta individuale DI BARTOLO Salvatore; –  TRANZ VEICOM S.r.l.; –  VEROTRANSPORT S.r.l.; –    ITALSPEEDY LOGISTIC S.r.l.; –   LUCCISANO TRASPORTI S.r.l.; –  Cooperativa SOLIDARIETÀ e SERVIZI Soc. Coop. A R.L.; –  Cooperativa SERVIZI e SOLIDARIETÀ Soc. Coop. A R.L.; –    WORK PROGRESS Società  Cooperativa Sociale A R.L. .; – TRUCK DRIVERS Società Cooperativa; –   GLOBAL TRANSPORT SERVICES Società Cooperativa ; – GLOBAL SERVICE Società Cooperativa. 

 

La complessiva attività di indagine ha consentito di portare alla luce l’ingegnoso e asfissiante sistema di controllo dei servizi connessi alle operazioni di import-export e di trasporto merci per conto terzi  realizzato dalle suddette cosche nel porto di Gioia Tauro, la cui estensione ricade in ben due comuni, San Ferdinando e Gioia Tauro, nonché di ritenere provata l’appartenenza all’organizzazione criminale di stampo mafioso di  soggetti, fino ad ora non coinvolti in altre operazioni di polizia.

Si tratta di tutti i preposti alla gestione delle imprese dell’organizzazione che hanno rivestito un ruolo determinante dapprima nell’acquisizione dei proventi di attività estorsive, perpetrata attraverso l’imposizione a imprese terze dell’obbligo di contrattare esclusivamente con loro, facendo leva sulla forza intimidatrice di cui disponevano. Infatti, come tutte le organizzazioni di stampo mafioso attualmente operanti, la caratteristica della cosca Pesce consiste nella circostanza che, a causa della “fama” acquistatasi nel tempo con atti di violenza o minaccia a danno di chiunque ne ostacoli l’attività, è ormai in grado di incutere timore per la sua stessa “esistenza”.

Successivamente il ruolo di dette aziende e, quindi, dei rispettivi rappresentanti legali è stato quello di crearsi disponibilità di risorse liquide, attraverso la contabilizzazione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, da corrispondere agli elementi di spicco delle cosche Pesce e Molè.

Le persone intranee alla “cosca”, sfuggite alle precedenti operazioni, hanno assunto compiti e incarichi attinenti agli interessi dell’organizzazione, sia economici ovvero di infiltrazione e controllo del tessuto imprenditoriale del territorio di influenza con particolare riguardo ai servizi connessi al traffico commerciale generato dal Porto, che finanziari di acquisizione sicura dei relativi proventi, mediante l’attuazione di sopraffine tecniche di riciclaggio.

Ciò è stato reso possibile sia attraverso fittizie intestazioni di società a persone terze, direttamente riconducibili ai vertici della cosca “Pesce” sia mediante il ricorso all’utilizzo di fatture false emesse prevalentemente da distributori stradali e da società cooperative nei confronti delle aziende di trasporto riconducibili alla cosca “Pesce”.

In particolare è stato dimostrato che i distributori di carburante non erano i veri beneficiari degli assegni, ma si limitavano a monetizzarli, in quanto la relativa provvista veniva incassata da esponenti di primo piano della cosca.

Tale modus operandi, grazie alla liquidità di cui dispongono normalmente i distributori al dettaglio di carburante, ha consentito all’organizzazione di acquisire concretamente i proventi dell’attività illecita, di dare agli stessi la parvenza di una lecita attività commerciale (acquisto di carburante) e di ottenere l’immediata liquidità attraverso il cambio del titolo operato dai distributori, di modo che non venissero identificati i reali beneficiari dei titoli stessi.

In più, le indagini hanno consentito di appurare che la cosca PESCE ha perseguito e consumato anche reati di contrabbando, consistenti nell’importazione di merce contraffatta dalla Cina in evasione di dazi e diritti doganali.

Infine, gli approfondimenti investigativi eseguiti nei confronti delle aziende di trasporto riconducibili alla cosca “Pesce”, alcune delle quali operanti nel Nord Italia, in particolare a Verona, hanno evidenziato l’utilizzo di imprese cooperative che si sono interposte tra esse e i clienti finali. Infatti, le cooperative di lavoro hanno avuto quale unico scopo quello di fornire uno schermo giuridico alle imprese della “cosca”, le quali – una volta “esternalizzati” i propri lavoratori, facendoli solo formalmente assumere dalle cooperative, e fittiziamente ceduto in comodato i mezzi d’opera alle stesse – hanno continuato a operare direttamente non preoccupandosi più del pagamento degli oneri erariali che gravavano interamente sulle false cooperative. Le stesse cooperative hanno successivamente fatturato alle imprese beneficiarie della frode prestazioni di servizi, simulando inesistenti contratti, e così consentendo loro la fraudolenta contabilizzazione dei relativi costi ed Iva a credito.

Le cooperative di lavoro si sono rivelate società di fatto inesistenti, interposte al fine di caricarsi tutti gli oneri impositivi (in termini di II.DD. ed IVA dovuta), contributivi e previdenziali che, come acclarato, non sono stati mai assolti Infatti, le predette cooperative erano di fatto “scatole vuote” che hanno cessato l’attività dopo breve tempo e i loro rappresentanti sono risultati prestanome nullatenenti.

L’indagine portata a termine dalle Fiamme Gialle reggine denota, ancora una volta, un moderno quadro dell’imprenditoria ‘ndranghetista” e un nuovo modo di “fare mafia“, dove, non creando allarmismi sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica, si creano vincoli di affiliazione derivante da un’unica matrice: il denaro e l’ingiusto arricchimento. Tutto questo con una totale trasposizione delle consuetudinarie modalità mafiose nel mondo dell’imprenditoria e dell’economia legale falsando il libero mercato e la leale concorrenza tra imprese.

In conclusione, il condizionamento dei settori più produttivi dell’economia locale, prima affidato solo ai proventi delle estorsioni a tappeto, si è trasformato, giovandosi del processo di modificazione delle locali famiglie di ‘ndrangheta, che hanno acquisito una vocazione direttamente imprenditoriale e che operano trasversalmente, quasi sempre dietro il paravento di prestanome, direttamente nei singoli settori economici infiltrati.

Sulla scorta dei gravi elementi indiziari raccolti, in data odierna, sono stati eseguiti in Calabria, Veneto e Lombardia i seguenti provvedimenti, emessi dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria:

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