Confermati 16 anni in appello a Luigi Preiti, di Rosarno, per gli spari a Palazzo Chigi
La prima sezione della Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza con la quale il gup Filippo Steidl, nel gennaio del 2014, ha inflitto 16 anni di reclusione a Luigi Preiti, il disoccupato di Rosarno che il 28 aprile 2013, giorno del giuramento del governo Letta, fece fuoco davanti a Palazzo Chigi ferendo alcuni carabinieri, tra cui il brigadiere dell’Arma, Giuseppe Giangrande.
La figlia del militare, presente in aula, ha spiegato dopo la sentenza: “E’ stata confermata la condanna. Sono soddisfatta. A Preiti io non ho proprio nulla da dire”. Giuseppe Giangrande per mesi è stato in gravissime condizioni di salute perché raggiunto al collo da un proiettile sparato dal disoccupato di Rosarno. ”Le condizioni di mio papà sono stabili – ha detto la ragazza -, diciamo che lui sta abbastanza bene e possiamo dirci soddisfatti di questo risultato”.
La sentenza è stata emessa dai giudici della I sezione d’appello di Roma presieduta da Giovanni Masi. Al momento della lettura l’imputato era in Aula ma non ha avuto alcun tipo di reazione. I giudici hanno disposto anche le spese di giudizio a carico dell’imputato. Nei suoi confronti il procuratore generale aveva sollecitato una condanna a 18 anni per l’accusa di tentato omicidio plurimo e porto abusivo d’armi.
“Non si commentano le sentenze prima di leggerne le motivazioni; l’unica cosa certa è che sicuramente ricorreremo in Cassazione” hanno detto gli avvocati Raimondo Paparatti e Mauro Danielli, difensori di Luigi Preiti, che, dopo la lettura del dispositivo della sentenza d’appello, hanno inteso rilevare come al muratore di origine calabrese “non sono state nemmeno riconosciute quelle attenuanti generiche chieste dalla stessa procura in sede di giudizio di primo grado”. I difensori dell’imputato nel corso del loro intervento avevano sollecitato i giudici a disporre una perizia psichiatrica sul loro assistito. “A nostro avviso c’erano i presupposti per una rinnovazione dibattimentale con l’effettuazione di una perizia psichiatrica – hanno detto i legali di Preiti – La realtà è che è evidente ed è stata certificata l’esistenza di un disturbo psicologico-psichiatrico di cui tuttavia i giudici non sono riusciti ad ammetterne la rilevanza processuale.