Sono decenni che si discute dell’integrazione reale dei migranti, ma i risultati sono disastrosi e il problema si aggrava sempre più. Non intendo affrontare il tema sotto l’aspetto fumoso delle sole indicazioni o delle teorie irrealizzabili. Non è il mio modo di operare. Il mio motto nella vita è sempre stato: “conoscere, studiare, comunicare e concretizzare”. Sotto questo aspetto, penso di poter dare delle esperienze reali e interessanti, per essere stato, per quasi tre anni, sindaco della Città di Rosarno, dove vi è stata, molti anni orsono, una vera rivolta da parte dei migranti, che sono molto numerosi nell’area. Nel periodo della raccolta degli agrumi, poi, la situazione diviene incontrollabile e queste persone sono costrette a vivere in modo inumano. Dopo la rivolta vi è stata una passerella di politici con idee rivoluzionarie: a distanza di tantissimi anni il risultato è sotto gli occhi di tutti e le condizioni di vita umane sono veramente pessime. Nulla è cambiato, anzi è tutto peggiorato. Di progetti e, forse, di risorse buttate a mare, tanti, di risultati nulla. Uno, per esempio, che ho commentato negativamente, è stato quello del trasferimento dell’insediamento posto nella zona industriale di San Ferdinando presso la struttura abbondonata dell’Opera Sila, in territorio di Gioia Tauro. A Rosarno esistevano già delle strutture realizzate per l’accoglienza, ma vi è stata una grande difficoltà a convincere i migranti a spostarsi su una. Quella prospettata di ristrutturazione del bene dell’Opera Sila, a mio parere, era irrealizzabile sia per i costi e sia per la non accettazione da parte dei migranti di spostarsi ivi, essendo il centro lavorativo sito nell’area di Rosarno, Tanto è vero che, a distanza di tre anni, nulla emerge! Ripeto, la questione non può avere iniziative isolate e senza alcun collegamento con la realtà: un tal modo di ragionare è un fallimento ancor prima di iniziare. Il problema va affrontato avendo riguardo a diversi aspetti. Quello interno, che deve essere regolato tenendo presente che l’integrazione non può essere imposta, ma deve essere accettata e condivisa. Quindi, si potrebbe ipotizzare la creazione di una struttura prefabbricata o no, che possa, anche, accogliere i nuclei familiari e che contempli l’alfabetizzazione e la formazione nei vari settori di interesse, con radicazione sul territorio e sostegno alla creazione di famiglie. Questo approccio, che deve essere condiviso anche dai migranti, consentirebbe una vera integrazione e la possibilità, anche, che le risorse rimangano in Italia e non trasferite nei paesi di origine. Allo stesso tempo, si formerebbe una nuova classe operaia che tanto è richiesta dalle aziende italiane. In un contesto di vita umano e degno di chi vorrebbe riscattare una nascita in paesi difficili e, spesso, dittatoriali con guerre in corso. Quello esterno, invece, dovrebbe prevedere una formazione presso i luoghi in cui si trovano i migranti, pronti per tentare di raggiungere l’Italia, in relazione alle nostre necessità e della stessa Europa. Da uno studio italiano è emerso che le nostre aziende hanno bisogno di oltre 500.000 lavoratori su diversi settori. Allora, formiamoli e facciamoli entrare in Italia con un permesso specifico e con un lavoro già assicurato. Integriamoli seriamente e diamogli la possibilità di vivere degnamente, sostenendo, tra l’altro, le nostre aziende e la loro necessità di risorse umane, Sottoscriviamo un protocollo con gli imprenditori sia per l’assunzione e sia per la tutela dei lavoratori, stabilendo clausole di sostegno e parametri di rispetto della legge. Un percorso che, naturalmente, va approfondito, ma che potrebbe eliminare il traffico di essere umani, le morti in mare, l’agevolazione ai criminali come agli scafisti, una integrazione reale e un modello di vita per tutte quelle persone che scappano dalle guerre e che meritano di essere accolti, ma nel rispetto della legge e senza limitazioni numeriche che, oggi, possono ritenersi superate. Lo sostengo dal 2003, quando sono stato eletto Sindaco della Città di Rosarno, ma che non sembra voglia essere preso in seria considerazione. Inconsistenza del progetto o incapacità della politica e di tutti gli altri protagonisti di comprenderne la portata? O, allo stato, interessi diversi che non hanno nulla a che vedere con la reale integrazione e esistenza delle persone che meritano, con le condizioni sopra indicate, di essere accolte degnamente. L’esempio del ghetto di San Ferdinando ne è la prova più che evidente.
Giacomo Francesco Saccomanno – Avvocato e già Sindaco del Comune di Rosarno.