Gioia Tauro, Inchiesta “Tempa Rossa”: in Calabria un fiume di veleni
Il filone dell’inchiesta “Tempa rossa”, scandalo che ha portato alle dimissioni dell’ex ministro Federica Guidi, tocca anche la Calabria. Al centro dell’inchiesta soldi e affari con i rifiuti pericolosi per i cittadini ma straordinariamente preziosi per manager e imprenditori.
Veleni che, secondo le indagini, partivano dal Centro Oli, impianto Cova di Viggiano e facevano due viaggi importanti in Calabria: a Gioia Tauro – con la Iam – e a Bisignano, nel depuratore della Consuleco.
La Procura di Potenza indaga in particolare su due anni, il 2013 e il 2014, nel corso dei quali migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi sono arrivate nei due impianti calabresi che non avevano i mezzi per trattarle. Si tratta di 28mila tonnellate giunte a Gioia Tauro, sarebbero 3.200, invece, quelle finite nel depuratore di Bisignano.
In entrambi i casi, il consulente nominato dagli uffici giudiziari ha evidenziato che “i rifiuti liquidi provenienti dalle due vasche dovevano essere caratterizzati con i codici che indicavano rifiuti pericolosi. Il codice assegnato, invece, era decisamente tranquillizzante e riservato agli scarti non pericolosi.”
Sono sei i calabresi indagati nello scandalo del Centro Oli di Viggiano. Tutti – secondo l’accusa – pronti ad accumulare denaro senza tenere conto delle conseguenze per l’ambiente. Un ingiusto profitto ai danni dei cittadini.
Secondo gli accertamenti eseguiti dai Carabinieri del Noe, gli scarti della lavorazione, anziché quali rifiuti pericolosi sono stati smaltiti quali rifiuti non pericolosi presso gli impianti calabresi. Alla sola Iam di Gioia Tauro, nel biennio 2013-2014, sarebbero stati conferiti come rifiuti non pericolosi i quantitativi di liquido tossico provenienti da due diverse vasche di raccolta: complessivamente si parla di oltre 2 mila tonnellate il primo anno e addirittura quasi 26 mila tonnellate il secondo, per un totale di oltre 28 mila.
Entrambe le tipologie di rifiuto sarebbero state sversate alterando i codici di pericolosità. 3 mila e 200 le tonnellate invece sarebbero state trattate, sempre nello stesso periodo a Bisignano, nel cosentino, oltre 83 mila alla Econet di Lamezia Terme e poco più di 2700 alla Mida Tecnologie ambientali di Crotone.
Non è chiaro ancora quali possano essere gli effetti sulla salute dei cittadini. Sta di fatto che, alla luce di quanto emerso c’è grande preoccupazione.Centinaia di migliaia di tonnellate di liquidi contenenti metidieanolammina e glicole trietilenico, sostanze tossiche smaltite però come acque di produzione, sarebbero state rilasciate in mare.
In tutto sei le persone indagate in Calabria, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Potenza. Sono tutti amministratori di aziende del settore ambientale. Secondo quanto riporta Corriere della Calabria e Gazzetta del Sud sono Salvatore Mazzotta, di 43 anni, Rocco Antonio Aversa (53) e Antonio Curcio (49), della Ecosistem di Lamezia Terme; Giuseppe Fragomeni (73) e Maria Rosa Bertucci (57), rispettivamente amministratore unico e responsabile tecnico della Iam di Gioia Tauro e Vincenzo Morise (69), amministratore unico della Consuleco di Bisignano. I sei sarebbero indagati per aver alterato i codici di identificazione da assegnare ai rifiuti.