SANTA FAMIGLIA
Lc 2,41-52
Gesù, assumendo la natura umana, ha voluto vivere tutta la sua esistenza terrena, come tutti i figli degli uomini, in una famiglia naturale, crescendo in “età, sapienza e grazia, sottomesso ai suoi genitori“.
Una famiglia, di origine divina, come afferma la sacra scrittura: “per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla sua donna, e i due saranno una carne sola“.
Così i GENITORI” di Gesù… Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono insieme, al tempio, secondo la consuetudine della festa di Pasqua.
Alla luce di queste premesse, le persone di Maria e Giuseppe, appaiono come donna e uomo straordinario, ma al tempo stesso comuni, illuminati da una fede profonda, non solo nei loro rapporti con Dio, ma prima come fidanzati e poi sposi, secondo le leggi umane e la tradizione.
Nei loro rapporti tra loro e col figlio, così, formano e vivono in una famiglia autenticamente umana nella casa, di Nazareth, che certamente, ancora oggi, può essere proposta come esempio, non solo sotto l’aspetto teologico, ma anche nella dimensione antropologica, psicologica, culturale e sociale, nonostante tutte le crisi, di cui oggi si parla.
Le difficoltà descritte dal Vangelo nei rapporti col figlio, oggi molto comuni e diffuse, vengono evidenziate dal vangelo, che racconta, non certamente come cronaca:
“Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero“.
È certo comunque, che anche in queste difficoltà nei rapporti con genitori e figli, come afferma il concilio Vaticano secondo (Gaudium et spes 17, che “il bene della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare, che è la “scuola di umanità più completa e ricca“.
Di fronte alle risposte misteriose di Gesù, tredicenne, dopo il suo ritrovamento nel tempio, e nel suo dialogo con la Madre, Maria, la quale mentre si dimostra con Giuseppe, suo sposo, rispettosa ed affettuosa, “tuo padre ed io addolorati ti cercavamo “, il FIGLIO, nel contempo, prende le distanze dalla SUA figliolanza fisica, e ricorda ai suoi genitori di doversi occupare “delle cose del Padre suo“, che coincide con la loro stessa vocazione primaria, fino al giorno della sua passione, morte e resurrezione. “Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio ed a vederlo, restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso.
Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.
Indubbiamente non è facile nella cultura contemporanea e postmoderna, saper vivere l’unione coniugale imitando Maria e Giuseppe, veri sposi e, soprattutto, insieme, veri genitori.
Essi sono una coppia, una famiglia, ed una comunità, che oggi definiamo “chiesa domestica“; abitano in una casa semplice, impostano un rapporto affettuoso con i vicini, sono solidali con gli amici dei quali, dice il vangelo, partecipano col figlio al rito nuziale, alle nozze di Cana, pienamente consapevoli e testimoni dei valori umani, ma sempre illuminati e sorretti dalla presenza premurosa di Dio, che sorregge la loro strada e la loro vocazione di uomini e di autentici sposi e genitori cristiani e moderni.
Resta a noi accogliere un messaggio fondamentale per la nostra vita, chiedendo al Signore la grazia necessaria per essere fedeli alla nostra vocazione.
Don Silvio Mesiti