“THE HUMAN VOICE” il cortometraggio Di Pedro Almodóvar Di Al.Tallarita
Non potevo mancare ad un appuntamento col maestro del rosso. Pedro Almodóvar con il suo nuovo cortometraggio, fuori concorso alla 77° Mostra Internazionale d’Arte del Cinema di Venezia, il film “The human Voice”.
Quasi tutto in inglese sottotitolato. Con una algida vibrante Tilda Swinton.
E il Cinema Farnese, a Roma, lo ha trasmesso in una giornata di pioggia.
Almodovar, che seguo da sempre, lo incontrai per caso con ‘Matador’ film intenso forte erotico drammatico così ha iniziato a conoscere ad apprezzare ad essere ammaliata dalla sua regia dalle sue donne declinata in tutte le forme del suo mondo.
Il film è una bomboniera. Liberamente tratto dalla pièce teatrale di Jean Cocteau. La protagonista è una donna, con le declinazioni del rosso estrapolate in tutte le sue forme e dettagli, a partire dai suoi capelli corti seppur di donna. Un monologo è capace di entrare ed uscire da ogni singola stanza del cuore delle donne. Della razionalità e della loro terribile forza costruttrice e distruttrice. Irrazionalità e quiete, la loro forza. Delicato. Ricco di particolari. Padrone dell’immagine è il design a colori. Che racconta i particolari mondi, le città, i territori amati, da Almodovar. C’è la Sicilia. La Spagna. Le città del nord Europa. Riesco a scorgere in ogni singolo oggetto presente nelle scene, questo metaracconto di oggetti, che si svolge dietro il racconto della voce umana della protagonista.
Un interno, uno spaccato di scena, tra abitazione e teatro. Prima ancora del titolo arriva quel rosso. Che come sempre pervade, invade, accoglie. Rassicura.
Siamo col Maestro, il tempo è il suo.
Scena 1. In un abito ampio un ampia nuvola rossa. Una rosa rossa nel pieno della sua fioritura. Che poi sfiorisce squarcio sul corpo, un nero inquieto. Abito. Calze. Umore. Che sposta la dimensione, ora è la Dimensione 2. Fase 3. Azzurro e asce.
Inquietanti affascinanti asce. Appese. Bavagliate. Tante. Ripetute.
L’odore forte dell’assenza, oltre lo Chanel n5,
pervade gli ambienti, la stanza, i colori, gli abiti vuoti sul letto. Misto all’odore dell’attesa. Scartare un ascia per tagliare l’aria, il ricordo, il vuoto. Il corpo. Che quell’abito lo ha vestito, vissuto, lasciato..
In un mix di colorate pastiglie, rappresentazione del mondo contemporaneo, della solitudine, della speranza, del nulla. Nel silenzio innaturale.
Tra monologo e conversazione con l’altro atteso, ora presente solo nell’etere, rappresentato da un telefono lasciato lontano. E in vero con l’aria che si parla. Dichiarazione di odio e di amore, per una storia arrivata all’ultima pagina. Dopo quattro anni, in un’attesa di tre giorni, con le valige pronte. Appoggiata uno stipite della porta della camera da letto. E il cane che fiuta quell’assenza e non sa darsi pace.
È tutto incalza, proprio nella voce umana. Nella voce di una donna, che prima quasi tace. Che racconta se stessa, la sua malinconia e poi la voce, comincia a raccontare la storia, lei si racconta e racconta. Voce di una donna che reagisce, che esce, che si veste, che parla con lo psicologo, ma poi torna indietro..quella voce che mente. E racconta con un altro tono, la verità. Difficile da dire, difficile da ascoltare, difficile da affrontare, ma la verità.
È la musica, di Alberto Iglesias, a dirci dove siamo e dove stiamo andando. Nel set di ripresa di un tratro casa, un dietro le quinte che diventa teatro. E una casa che spiamo dall’alto. Così come spiamo, i sentimenti, la disperazione, di una donna senza nome.
Le frasi pronunciate dalla voce, diventano pennellate di colori su sfumature di un rosso tenue, sinuoso: ‘Non so se mi diverto’-, medio, tenue, forte.. – ‘Fuggire uscire cosa cambia’-, continua :”- ‘Come Marta e le sue vertigini’-, fino ad arrivare al rosso ‘fuoco’: – ‘Avevo paura di me stessa’, ‘Ho bisogno di crearmi nuove abitudini’,
‘Le tue valige sono pronte da tre giorni’ -“
È la protagonista dice di sé racconta delle altre donne della condizione di una donna che accetta un uomo a metà. Che accetta di dividerlo metti una presenza a metà Ne riempie l’assenza con l’intensità dell’amore della passione e delle emozioni contrastanti.
” Sono stata: ‘Speciale, coraggiosa, remissiva, passionale, fortunata..’, ‘Ero una donna diversa’, ‘Soffrivo nello spartirti.. il nostro amore si contrappone va a molte cose’, ‘Le regole del gioco’, ‘La legge del desiderio’, ‘Accetto tutto..’, ‘Mi tengo soltanto le tue parole’, ‘Sono scolpite nel mio cuore’..”
Il monologo che poi in vero è un dialogo con il silenzio dell’altro, che lo spettatore non sente, di un addio al telefono. In cui si cerca la missione della condivisione dello stesso sogno seppur per breve tempo ma per entrambi.
E poi la benzina è ovunque.
È il rosso che arriva alla sua sfumatura più drammatica. Si intensifica fino a diventare fuoco. Allora colpisce la scelta dei suoi vestiti, presi dall’armadio. Outfit punk pantaloni lamé, zatteroni altissimi nero lucido, capelli tirati indietro, camicione colorato floreale e giacca di pelle.
E allora l’attesa.
Di quella telefonata che cade o forse di una vigliaccheria, se lui chiude.
È l’attesa della platea, lo spettatore che attende di sapere se lei vorrà ancora restare in vita. O morire.
Come le donne di Almodovar, che sono donne forti. Che seppur libere nel manifestare la disperazione più intensa del loro mondo interiore che può costruire e può distruggere mentre si risollevano, non si lasciano mai andare, né morire.
Lui ritelefona, perché era caduta la linea.
” – ‘Lascerò le tue cose dal portiere’,
‘È un peccato dirsi addio come due estranei”
E lei gli lancia l’ultima sfida:
‘Affacciati dovunque sei e guarda ..il nostro attico ..’
Il fuoco… È già dovunque tra i fiori sul balcone nelle stanze dietro le scenografie.
” – ‘Si qualche.. fiamma ..sono io che brucio amore..’, ‘Non riagganciare!’,
‘Devo imparare io a chiudere’.
Ciao.” …..”Dash…. Adesso sono io la tua padrona è bene che ti abitui all’idea” scopriamo sul finire il nome del cane ma quello della donna no. Si apre la porta di questo grande magazzino è la luce. Per noi per lei. Dopo i pompieri..ci attendono gli attrezzi da lavoro, presenti nei titoli d’inizio e nei titoli di coda, che hanno trovato il loro teatro, nel negozio di bricolage. Ora in uno sfondo azzurro.
Azzurro come il cielo.
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