“Roma: un viaggio dolce e amaro” L’arte Di Luigi Rosa Di Al.Tallarita
Recensione critica della
Ph.Dr. Anna Luana Tallarita
(Fotografia: Enrico Duratorre)
La mostra “L’arte Sopra le Righe” taglia in verticale dal ’78 ad oggi, il viaggio sociale, in particolare nella città di Roma. Un viaggio al suo interno, che supera la dimensione della temporalità orizzontale. Rappresentandosi, attraverso quel megafono antropologico, che sono le pubblicità. I suoi manifesti posti tra le strade e i vicoli, di una città cosmopolita, davvero eterna. La Roma di Rosa, come le spine e i setosi petali, sfiora i manifesti e ne ricompone i petali. Strappati. Si. Ma che conservano il profumo delle sue storie. Della sua società, che si manifesta e trova nuove materializzazioni, tra le sue pubblicazioni cartacee. Che ne propagandano difetti, manie e realtà consumistica. Ma ne narrano altresì le vicende. Che si mescolano, fondendo i linguaggi e i colori scoloriti. E le parole, scorrono come fiumi. Accanto alle immagini. Accennate. Raccontate. Strappate. Il filo rosso della scrittura, si mescola all’immagine, creando un nuovo metalinguaggio.
Del quale Luigi Rosa si fa interprete.
Dopo aver avuto accesso al suo vocabolario. All’interno di quello che è il suo viaggio, c’è l’artista. Che si cerca. E in questa mostra si trova. Riscoprendosi per la prima volta. Attraverso un dialogo coerente con la materia. E si racconta. Ci racconta.
Di lui e di Roma. E Roma è riconoscibilissima, con il suo Colosseo nel “Il ritorno di Montale” nella poesia della sua crudezza storica. Che si accenna nel racconto aereo della guerra di “Tu. 0” di cronaca e lettere, da cui attendiamo lo scaturire di progetti successivi. E della corrispondenza che sa di guerra, nell’opera “Contromarca”, un collage di francobolli, logo del viaggio per eccellenza, la sua esistenza come marca indica una transizione e qui diviene simbolo, di un tempo fermo.
Questo articolato racconto, prosegue con “Mastroianni” e quell’esercizio romano di perdersi da sempre, nella dolce vita. Amara. Quella femminilità la si ritrova provocatoriamente in “In attesa che”.
E arriva la triade:
“Roma”
“Il tempo”
“Resilienza”
In cui troviamo la risposta, il perché, a questo viaggio che rappresenta la mostra. Su Roma e la sua società. Andamento, evoluzione, storia. Entro questa dimensione temporale, di Roma, che si cavalca fino a oggi. Nella realtà post pandemica, in cui la
“Resilienza” è l’atteggiamento cardine, tra totem, dubbi sfingei, certezze, animali domestici. L’eterno conflitto, tra il temere e l’amare. Il sogno di un’Europa ora in fiamme, dove Notre-dame è ancora integra. E quello americano. In una realtà, a cui si torna con “Family”, dove l’unica famiglia che resiste, è quella in eterno viaggio, rappresentata dalla famiglia circense.
Nella “Serie baci: omaggio a Magritte”, tecnica mista e college su tavola, riscopriamo, questa sensibilità romantica del racconto novecentesco. Quasi esasperato, dalle veline, sovrapposte, che diventano materia prospettica alla base dell’opera; da cui si distacca, la centrale figura del bacio.
E “Cuore” si propone su quest’onda romantica.
“Revolution” porta la rivoluzione, mentre cerca una spiegazione, delle cause prime della realtà, che avviene nell’artista e nel suo linguaggio.
“Notre-Dame” invece si distacca, in parte, da questa narrazione. Legata dal filo francese che avevamo ritrovata nell’altra opera, con l’immagine della stessa Notre-Dame.
Qui il suo parlar d’arte, mescola il figurativo, nel simbolo del libro aperto e l’arte naif, il cammino di Rosa, è stato un cammino sperimentale. Di chi l’arte l’ha sempre vissuta. La cui eleganza viva, ha attinto dal rapporto con i cavalli. E questa ricerca è stata sviluppata all’interno della sua scuderia d’arte. Prima di scopritore di talenti ed esso stesso, ora artista scoperto a se stesso. Che noi oggi conosciamo attraverso le sue opere. Frutto di tecniche miste e utilizzo di vari materiali, tra cui manifesti pubblicitari e manoscritti originali dei primi del 900.
E ora siamo distratti, persi nei nostri pensieri.
Che si concludono, seduti e distanziati, con una “Serata al cinema”. Usciamo dalla mostra e la “La Dolce Vita”, sul cavalletto,
mi saluta.
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