Rosarno sequestrata azienda raccolta arance
2 gennaio – In data odierna, i Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria, appartenenti al G.I.C.O., unitamente allo S.C.I.C.O. di Roma, stanno eseguendo il decreto di sequestro, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, dell’intero patrimonio aziendale di una ditta agricola riconducibile a Rosario Arena, 34 anni, figlio del ben noto Domenico Arena, 59 anni, appartenente alla cosca Pesce di Rosarno. L’impresa vanta la disponibilità di circa 15 terreni, siti nei comuni di Rosarno (RC), Candidoni(RC) e Nicotera (VV), attraverso i quali ha ottenuto diversi contributi pubblici. I sequestri odierni – richiesti dal Procuratore Aggiunto Dott. Michele Prestipino Giarritta e dal Sost. Procuratore Dott. Stefano Musolino – sono l’ennesima e diretta conseguenza della “storica” sentenza pronunciata il 20 settembre 2011 dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti della famigerata cosca di ‘ndrangheta operativa nella Piana di Gioia Tauro, con importanti propaggini in tutto il Nord Italia e, in particolare, in Lombardia. Il 21 e il 29 aprile, il 5 maggio e il 13 ottobre 2011, Guardia di Finanza e Carabinieri, diretti dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, dopo gli arresti del 2010 nell’ambito delle operazioni “All Inside 1 e 2”,avevano già inferto un durissimo colpo alla cosca sottraendogli importanti attività commerciali (operanti in un regime pressoché monopolistico) beni immobili, beni mobili e disponibilità finanziarie, per circa 210 milioni di Euro, che formavano l’illecito “impero economico” dei PESCE – Operazione “All Clean”. Il giudizio pronunciato con rito abbreviato dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 13 accoscati, nel mese di settembre 2011, ha lanciato un ulteriore importantissimo segnale della reazione della società civile alle proditorie minacce della criminalità organizzata in Calabria. Nell’ambito del dispositivo, infatti, oltre alle pesantissime condanne personali, il Giudice ha posato una vera e propria pietra miliare nella storia del contrasto alla criminalità organizzata, condannando gli imputati anche al pagamento di una somma di 50 milioni di Euro a titolo di risarcimento per i cittadini del Comune di Rosarno (RC) vittime, per decenni, delle angherie e dell’arrogante prepotenza della cosca. L’odierno provvedimento di sequestro riguarda un’impresa esercente, l’attività di “coltivazione di agrumi” ed il relativo patrimonio aziendale, comprensivo dei titoli Agea ceduti da Domenico a Rosario Arena. In particolare, l’attività d’indagine ha dimostrato come Domenico Arena abbia fraudolentemente trasferito i crediti vantati nei confronti dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura alla ditta agricola del figlio Rosario, spogliando – in tal modo – l’impresa agricola di una cospicua parte del patrimonio aziendale, allo scopo di sottrarre all’aggressione da parte dello Stato, i diritti di credito derivanti dal possesso di titoli Agea, oggetto, pertanto, del sequestro odierno. Domenico Arena, resosi irreperibile al fermo di indiziato di delitto emesso in data 28 aprile 2010, poi catturato il 22.7.2012, era particolarmente attivo nel settore dei trasporti (imposizione dei mezzi di trasporto e attraverso cui la CE.DI. SISA S.p.A. svolgeva le attività di logistica) e della distribuzione, al punto da causare uno scontro in seno al clan tra il cognato Vincenzo Pesce – interprete più autentico della ‘ndrangheta tradizionale, quella dal volto più violento e parassitario, capace di azioni immediate ed eclatanti, tant’è che egli stesso (in un colloquio ambientale intercettato in carcere) arrivò a dichiarare “io sono sempre uno ‘ndranghetista … io sono stato sempre uno sgarrista … e ho campato sempre di sgarro” – ed il giovane rampollo del casato Francesco Pesce, 35 anni, già assicurato alle patrie galere.