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Confisca Inzitari, i dipendenti Nifral contestano la sentenza

 

Lettera aperta indirizzata a:

Presidente della Repubblica Dott. Giorgio Napolitano

Presidente del Senato Dott. Giuseppe Grasso

Presidente della Camera dei Deputati Dott.ssa Laura Boldrini

Procuratore Capo DDA Reggio Calabria Dott. Federico Cafiero De Raho

Procuratore generale della Repubblica Reggio Calabria Dott. Salvatore di Landro

Presidente Tribunale di Reggio Calabria sezione misure di prevenzione Dott.ssa Kate Tassone

· Giudice Tribunale di Reggio Calabria sezione misure di prevenzione Dott. Antonio

Scortecci · Giudice Giudice Tribunale di Reggio Calabria sezione misure di prevenzione Dott.ssa Anna Carla Mastelli

Cerchiamo delle risposte. Da umili ed onesti cittadini e soprattutto da dipendenti della NIFRAL SVILUPPO SRL, esigiamo delle risposte per sciogliere questi dubbi che ormai da troppo tempo ci attanagliano. Per anni abbiamo creduto che i concetti di mafia, pericolosità sociale, ecc. identificassero una ben definita realtà “asociale” ma oggi le motivazioni di una sentenza dai lineamenti assurdi e per certi versi ridicoli ha messo in discussione il significato di queste parole. Eppure facendo una ricerca sull’etimologia di queste parole su Wikipedia, Zannichelli, ecc viene confermato il significato che abbiamo da sempre conosciuto.

Ma allora cosa sta succedendo? Un po’ troppo facilmente vengono confusi gli atteggiamenti e le azioni mafiose con quelle delle persone oneste, e questo non avviene tra i pettegolezzi di una via di paese ma avviene tra le aule di tribunali il cui giudizio dovrebbe essere emesso in maniera coscienziosa e veritiera e non sulla base di accuse costruite da chissà quale vile disegno disumano. Dunque i giudici che si riuniscono da ormai 4 anni in queste aule per decidere il lungo martirio della famiglia Inzitari stanno cercando di farci credere che le persone con cui viviamo e condividiamo le nostre giornate, chi da decenni chi da un po’ meno tempo, sono persone mosse da intenti mafiosi? No caro giudice non ci riuscirà a convincere di questo neanche se ci ponesse di fronte la più evidente delle prove. E possiamo dire di non essere i soli.  Dopo aver reso pubblico il fascicolo delle assurde accuse mosse contro il Sig. Inzitari, dopo aver  schiaffato sui giornali calabresi per giorni e giorni come un reality show alla ricerca dello share più  alto la “delicata” vicenda che lo coinvolgeva abbiamo visto la gente guardare questa famiglia con  sempre più ammirazione perché chi li conosce davvero sa che sono ben distanti dal disegno che gli è stato fatto intorno per farli apparire degli insospettabili mostri. E neanche la sua condanna ha cambiato le cose, la gente ha continuato a dimostrare con incredulità e sbigottimento la propria solidarietà, la propria vicinanza perché la gente comune che li conosce da anni sa che la giustizia ha preso un enorme abbaglio. La GENTE NON HA PIU’ FIDUCIA NELLA GIUSTIZIA, perché vede la vera mafia continuare indisturbata a perseguire i suoi luridi scopi e la gente innocente pagare delle pene assurde. E non solo, tutti noi insieme alla gente siamo indignati di fronte a questo silenzio che ha seguito da  ben 4 interminabili anni l’ uccisione del nostro Francesco, ma piuttosto un continuo accanimento  verso la famiglia ben distante dal tentativo di rendere giustizia quasi a voler sottolineare delle responsabilità con il solo scopo di depistarne i reali responsabili, ovvero coloro che hanno consentito di rendere pubblica la collaborazione del Sig. Inzitari schiaffandone dettagli e particolari che dovevano essere altrimenti tutelati e secretati. E QUESTA LA CHIAMATE GIUSTIZIA?

 

Come fa la gente a non aver timore di collaborare? Come fa la gente a urlare il proprio dissenso, se  poi è proprio la giustizia a voltarti le spalle e a colpire te che hai dato il tuo contributo e lasciarti in pasto alle belve?    E l’ esempio del martirio di questa famiglia sta frenando tutti i tentativi di ribellione, la gente ha  paura di affidarsi alla giustizia perché chi come loro lo ha fatto si è trovata a piangere un figlio e a  vedersi levare i sacrifici di una vita. Purtroppo abbiamo sempre creduto che si dovesse temere il fenomeno della ‘ndrangheta, ma oggi  possiamo affermare che dobbiamo temere anche la giustizia. Abbiamo visto in questi lunghi anni in  cui questa famiglia ha subito ingiustizie e dolori, continuarli a credere ed avere fiducia, malgrado  tutto, nella giustizia affinché faccia luce un giorno sulla verità, ravvedendosi di quanto perpetrato in  questi anni, ma purtroppo non riusciamo a condividere questo stesso sentimento di speranza in  quanto questa sentenza ci fa vedere un ingiusto accanimento puntare su motivazioni di carattere  personale. Si può giudicare ed emettere una sentenza sulla base di concetti meramente personali  quasi dettati da un sentimento di invidia, da un desiderio di vedere il lento logorio e marcimento di  queste persone arse dal dolore e dalle frustrazioni personali? Sembra più un’  atteggiamento di una  persona che mira a distruggere il nemico che è diventato scomodo, così talmente bravo, ostinato e  caparbio che è difficile da sormontare, quindi la soluzione vile è quella di togliergli tutti gli  strumenti per proseguire nella sua escalation, ad ogni costo. Eppur e questo dovrebbe essere ben  distante da un organo di legge.  Ma può mai essere oggetto di accusa la forza di un uomo che ha reagito, seppur apparentemente,  (La inviterei a scrutare nel cuore di questa gente che porta come un marchio i segni di quei  maledetti nove colpi) a tutte le ingiustizie e i dolori subiti?  Può essere un’ accusa aver trovato la forza di reagire grazie alla fede in Dio e alla speranza di una  giustizia divina? Può essere un’ accusa la volontà di circondarsi di tanta gente per mantenere  presente e vivo il ricordo di un figlio strappato barbaramente? Gente che non è mai stata costretta da  nessuno a stare vicino a queste persone ma che è sempre accorsa volontariamente a manifestare con  un caloroso abbraccio la propria vicinanza. Ha mai partecipato ad una giornata in memoria di  Francesco? Anche la persona più insensibile ed estranea a questo sentimento avrebbe percepito a  pelle la sincerità della gente che è gli è stata accanto senza pregiudizio alcuno.  Può essere un’ accusa quella di aver amato così tanto il proprio territorio a costo di mille rinunce,  imperlandosi la fronte di sudore, pur di costruire un po’ di certezze in questo povero e abbandonato  territorio? Può essere un’ accusa quella di aver creato delle opportunità di lavoro e un futuro di  certezze a tanta gente del luogo? E’ un’ accusa “creare delle speranze” per la gente avendo dei progetti per questa terra?  E’ un’ accusa avere intelligenza e creatività? Avere idee innovative per togliere questa ridicola  etichetta di arretratezza della nostra terra? E’ un’ accusa avere tutte queste idee per il solo fine di  dare un futuro ai propri figli? La NIFRAL è un’ organizzazione di 68 persone che hanno contribuito con onestà alla crescita di  questo gruppo con a capo una “macchina da guerra” che è la Sig.ra Maria Princi. Una persona dalle  mille idee e mille risorse con una dedizione al lavoro che fa quasi “paura” ma che ha determinato la  crescita e il successo da oltre 30 anni. LA NIFRAL siamo noi dipendenti, insieme alla Sig.ra Maria con tutta sé stessa, che aldilà di quello che viene stabilito da un tribunale, da un giudice o  chi altro, resta e rimarrà l’ unica nostra titolare dalla quale abbiamo appresso questo mestiere e l’  amore per lo stesso, non dobbiamo ringraziare nessun altro ma solo il suo temperamento, la sua  forza, la sua tenacia e il suo spirito combattivo, malgrado tutto, che in questi ultimi anni ci ha dato  anche delle importanti lezioni di vita.  Aver insegnato questi valori è una colpa? Aver trasmesso la forza di lottare, malgrado tutto, ci è  consentito vederlo come un riconoscimento di tutto merito e stima?  Eppure ci domandiamo: perché mai nessun dipendente è stato ascoltato per carpire informazioni sull’ attività, sull’ amministrazione della stessa, ecc. ecc.? Perché si sono determinate delle  “insinuazioni” sul suo conto e sul suo reale ruolo in azienda? Quattro anni di amministrazione  giudiziaria non hanno dimostrato che l’ azienda si fonda su sani principi e che malgrado mille  difficoltà dettate dalla situazione ha saputo difendere il proprio posto? Quattro anni di  amministrazione non sono stati determinanti per stabilire che l’ attività si svolge nell’ ordinarietà di  un’ azienda commerciale senza intromissioni ed influenze esterne di alcun tipo? E che tutti i  dipendenti svolgono il proprio ruolo in onestà e correttezza sotto il coordinamento ligio, attento e  professionale dalla Sig.ra Maria Princi? Perché insinuare che sia mossa da intenti diversi da quelli  di un’ onesta commerciante? Ma Lei ha mai letto nei suoi occhi la stanchezza e il peso delle  giornate passate tra una moltitudine di carte, telefonate, dipendenti, clienti e tutto l’ infinito elenco  che ne segue? Ma Lei ha visto le rinunce che ha dovuto fare negli anni pur di non far mancare nulla all’ azienda ed essere sempre al fianco dei dipendenti? Perché rendere vani 30 anni di sacrifici e  rinunce?   NOI DIPENDENTI DELLA NIFRAL siamo orgogliosi ed onorati di lavorare per questa azienda  e continueremo a dare il nostro contributo nella speranza che tutti Voi possiate ravvederVi sui  provvedimenti presi e che permettiate a tutti noi insieme a chi l’ ha fortemente voluta e creata, di continuare questo percorso.   Questa lettera non vuole essere un attacco personale alle istituzioni e a chi le rappresenta ma è il  manifesto di un pensiero comune di quello che ormai da oltre 4 anni arriva a noi 68 dipendenti, alle  nostre famiglie, ai nostri amici e a tutte le persone che vivono da vicino e non questa inspiegabile  vicenda.   Fiduciosi che il nostro pensiero possa mutare perché è vero che siamo indignati e sfiduciati ma se  siamo qui a dar dimostrazione del nostro pensiero è perché UN SENSO DI GIUSTIZIA c’è in tutti  noi e confidiamo che il nostro contributo possa servire a rivisitare questa sentenza. Nessuno ci deve  delle risposte, ma le vostre azioni saranno le risposte che cerchiamo.  Comunichiamo infine, che vorremmo rendere personalmente noto il contenuto di questo manifesto  al procuratore Cafiero de Raho al quale chiediamo udienza.