Porto di Gioia Tauro: La tempesta in un bicchier d’acqua
Le elezioni europee sono alle porte e, quindi, ogni vetrina è buona per esporsi e per tentare di vendere il proprio prodotto, cercando di recuperare il terreno oramai perduto di un prestigio politico inesistente. Si continua a vendere fumo ai cittadini e alle migliaia di disoccupati calabresi che hanno difficoltà di sbarcare il lunario e di riconoscersi in questa “strana” politica, che ha pregiudicato anche il loro futuro e il loro destino, così lontana dai loro bisogni reali e problemi di sopravvivenza.
L’antipolitica è figlia della “cattiva” politica, così come il “populismo” lo è dall’incapacità di una classe politica di affrontare e risolvere i problemi concreti e storici del territorio. Dopo numerosi anni di abbandono totale del porto di Gioia Tauro e del suo territorio, lasciato al proprio destino, da una “politica” locale, regionale e nazionale, incapace e inconcludente, ecco all’improvviso (ri)scoprire un amore verso questo grande porto che poteva e che, ancor oggi, può rappresentare un volano importante per lo sviluppo del territorio non solo calabrese, ma anche del Mezzogiorno, dell’Italia e dell’Europa.
Che fosse un porto strategico, baricentrico, nel cuore del Mediterraneo, lo abbiamo sempre saputo, dai tempi in cui abbiamo lottato per la sua realizzazione. Che poteva anche essere testa di ponte dei traffici marittimi internazionali containerizzati tra l’Europa , il Nord Africa e il Medio ed Estremo Oriente, lo sapevamo sin dal 1980. Che poteva assolvere, nello scacchiere mediterraneo, un ruolo di “pace” nella politica, internazionale e mondiale, oggi, ne abbiamo avuto prova e certezza.
Quindi la domanda è d’obbligo: se c’è, qual è, oggi, il progetto, quale è la ”la visione” della politica su un porto finalmente riconosciuto come eccellenza nazionale?
E’ necessario che la “politica” territoriale, dell’autorità portuale, regionale e nazionale rimetta al centro della propria attenzione il porto di Gioia Tauro. Ciò significa puntare in alto, avere strategia verso il futuro. Il nostro porto è un hub di “eccellenza” con maestranze portuali altamente professionalizzate e specializzate. Il Governo, la Regione, l’Autorità Portuale e il Territorio non possono più avere alibi. Devono puntare su questo porto con l’immediata apertura, assieme alle OO.SS, di un tavolo di trattativa istituzionale nazionale per fare il punto sulle cose da fare. Credo sia necessario approntare – senza ulteriori colpevoli ritardi – un progetto di rilancio. Bisognerà guardare all’area industriale ed alla logistica delle merci (così sempre decantata da tutti) con gli occhi e la mente rivolti alle previsioni di breve e medio periodo con la previsione di ciò che avverrà sulle infrastrutture dei trasporti (strade, porti, ferrovie e aeroporti) e di logistica (interporti e piattaforme logistiche) nei prossimi 20/40 anni.
Mi domando quale ruolo stiano giocando i nostri parlamentari nel Parlamento europeo rispetto allo sviluppo della rete trans europea dei trasporti. Qual è la loro visione? E quale ruolo stanno giocando i nostri parlamentari nazionali sulla nuova legge sui porti che individua una sola Autorità in tutto il bacino tirrenico sud? Cosa è stato deciso dalla politica? Sarà Napoli, oppure, vista la riconosciuta eccellenza, Gioia Tauro? Se esiste, quale è il progetto di interconnessione per Gioia Tauro nella piattaforma multimediale? Oppure, come ho avuto modo di sostenere molti anni addietro, Gioia Tauro è destinato a rimanere isolato. Su questo ultimo punto giova ricordare che il trasporto via treno dei containers è ormai prossimo allo zero. Quale è l’impegno affinché il porto di Gioia Tauro, l’interporto, la piattaforma logistica e il terminal nave, strada e ferrovia, appartengano e siano posti nelle condizioni di operare nella rete di trasporto di primo livello? E’ finito il tempo dei convegni, delle attese e delle indecisioni. Non facciamo entrare il porto nelle diatribe della politica inconcludente. La Marina Militare Americana e i più intelligenti servizi di sicurezza mondiali lo considerano “uno standard di sicurezza”, quindi si deduce che il top management, i quadri tecnici ed i lavoratori che vi operano siano di “primo livello” nel mondo. Ma di che cosa state parlando? Abbandonate la politica di “piccolo cabotaggio” che state seguendo e dirigete a mare aperto, con coraggio, verso nuove e concrete rotte per il bene di tutti.