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La PPM replica al consigliere Pino Ippolito Circolo Armino

LETTERA APERTA
Al Consigliere Pino Ippolito
Circolo Armino

OGGETTO: REPLICHE ALLA NOTA PUBBLICATA NELLA GIORNATA DEL 19.06.2019 SULLA TESTATA GIORNALISTICA “INQUIETO NOTIZIE”.
Gent.mo Consigliere,
in merito alla posizione emarginata in oggetto, mi duole constatare la Sua volontà di utilizzare la questione, continuando ad affermare circostanze, dati e fatti non corrispondenti a verità, esprimendo altresì assunti destituiti da qualsivoglia elementare principio giuridico.
Per confermare l’assoluta infondatezza di quanto da Lei sostenuto, sarebbe stato sufficiente prendere in visione il contenuto della Visura Camerale depositata presso la Camera di Commercio di Reggio Calabria (di cui si allega copia per Sua comodità), da cui risulta documentalmente che l’attività su cui Lei ha tanto polemizzato e sulla quale continua ad immaginare fantasiosamente presunti misfatti, in realtà è regolarmente consentita alla PPM spa per il raggiungimento dello scopo sociale.
Si legge infatti a pag. 47 della Visura de qua, che tra le attività che la PPM spa può svolgere per il raggiungimento dello scopo sociale vi è la “… gestione e manutenzione del verde per privati cittadini ed imprese ed aziende…”, mentre a pag. 4 della stessa si legge chiaramente la possibilità della PPM SPA di “…svolgere servizio di noleggio…”.
A pag. 37 del sopra citato documento si legge ancora che l’Azienda può provvedere, altresì, all’esercizio di “…attività che siano ad essa affidate o connesse dal Comune di Palmi o da altri enti pubblici o privati…”
Ad ulteriore chiarimento, lo statuto può non esplicitare attività che sono accessorie a quelle principali come anche nella carta dei servizi. La società deve attenersi alle attività dichiarate, come sopra provato, nella Visura Camerale depositata presso la Camera di Commercio di Reggio Calabria.
Detto ciò, senza volersi elevare a cultore della materia e senza voler tediare il destinatario, che immagino abbia poco tempo per leggere quanto appresso, corre l’obbligo di spiegare anche dal lato tecnico, come una società per azioni a capitale pubblico venga disciplinata dalla legge e non certo dal Presidente pro tempore.
La società con partecipazione pubblica è società di capitali di diritto comune, di cui lo Stato o altro ente pubblico detiene una partecipazione che può essere totalitaria (azionariato di Stato), di maggioranza o di minoranza (società mista). In tutti i casi l’impresa si presenta formalmente come un’impresa societaria privata e soggiace alla relativa disciplina in quanto i tratti pubblicistici si fermano a livello di enti di gestione, senza concernere le strutture operative attraverso le quali agiscono. Sono sottoposti al diritto comune non solo i rapporti esterni di impresa, ma anche i rapporti di organizzazione. La disciplina è quella dettata in generale dal codice civile in materia di società e impresa e quella specifica relativa al tipo societario prescelto.
La tradizionale impostazione di pubblica amministrazione è stata travolta attraverso le così dette privatizzazioni. Con la privatizzazione è infatti accaduto che alcuni servizi pubblici – pur ritenuti essenziali – siano stati affidati a società per azioni le cui quote risultano di pertinenza prevalente, se non esclusiva, di enti pubblici.
La società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato per il solo fatto che l’ente pubblico ne possegga in tutto o in parte le azioni. Pertanto, se la società partecipata dalla mano pubblica si avvale degli strumenti previsti dal diritto societario, essa non può che essere ritenuta un soggetto di natura privata.
Le forme privatistiche di esercizio di impresa commerciale potranno eventualmente porre questioni attinenti alla natura pubblica o privata del soggetto partecipato da enti pubblici solo qualora l’aspetto gestionale e di attività di detti enti risultasse completamente avulso dalle regole e dagli schemi del diritto commerciale, così da rappresentare la società un mero organo, un’articolazione che si immedesima nel soggetto pubblico che la partecipa.
Su questo tema la giurisprudenza ha affermato che gli indici di valutazione riguardanti sia l’aspetto gestionale che l’attività della società che gestisce il servizio pubblico in favore dell’ente locale che interamente la partecipa attengono in sintesi alla concorrenza dei seguenti dati:
a) il soggetto affidatario deve svolgere la maggior parte della propria attività, ora l’80% in favore dell’ente pubblico;
b) l’impresa non deve aver acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’ente pubblico e che può risultare, tra l’altro, dall’ampliamento del soggetto sociale, dall’apertura obbligatoria della società ad altri capitali, dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutto il territorio nazionale ed all’estero;
c) il consiglio di amministrazione della società non deve avere poteri gestionali di rilievo e l’ente pubblico esercita poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza sociale;
d) le decisioni di maggior rilievo devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante. (Tribunale Santa Maria Capua Vetere 24 maggio 2011).
Appaiono, pertanto, pienamente configurabili, a livello di teoria generale, nell’ambito delle società in parola, segmenti di disciplina speciale rappresentati, tra l’altro, dal regime di responsabilità amministrativa, rimesso alla iniziativa del pubblico ministero contabile, a tutela della corretta gestione delle risorse pubbliche investite ed affidate all’ente societario. Si tratta, in pratica, di un bilanciamento degli interessi in gioco, che, laddove penda in favore degli interessi pubblici coinvolti, consente segmenti speciali di disciplina, in deroga a quella civilistica, a tutela degli stessi.
Tanto esposto, è più che mai evidente come nel caso di specie l’attività svolta e su cui Lei ha focalizzato la Sua attenzione, è chiaramente ricompresa dalle attività consentite alla PPM spa per il raggiungimento dello scopo sociale.
In altre parole, essendo l’attività in questione perfettamente legittima (il privato, la ditta, l’esercizio commerciale ecc.) può altrettanto legittimamente rivolgersi alla Ns società per richiedere un servizio a cui la stessa è abilitata, pagando il compenso pattuito, in maniera tale che le somme incassate contribuiscano al raggiungimento dello scopo sociale di cui si è detto.
Andando quindi ad analizzare la situazione concreta dei fatti, ossia quello che Lei ha tentato vanamente di fare assurgere a caso scandalistico, in realtà non si è verificato altro che una ipotesi pratica di quello che è previsto dalla normativa citata.
Alla PPM spa è stato richiesto un servizio non dal Sindaco, ma da parte di una Ditta “Stile libero di Saffioti Francesco” dedita alla vendita e commercializzazione di fiori e piante ornamentali, la quale doveva eseguire un servizio di addobbo floreale della Chiesa dal Santissimo Soccorso di Palmi, in occasione di un matrimonio.
Per tale motivo, la Ditta “Stile libero di Saffioti Francesco” ha regolarmente inoltrato una richiesta di noleggio di un mezzo meccanico dotato di cestello alla PPM s,p.a., pagando regolarmente l’importo richiesto, come risulta dai documenti contabili in Suo possesso.
Il fatto che il servizio di addobbo floreale servisse per la celebrazione del matrimonio del Sindaco Giuseppe Ranuccio è quindi fatto assolutamente privo di qualunque rilevanza.
E’ certamente superfluo evidenziare ma lo facciamo lo stesso visto il carattere della diatriba, che la Ditta “Stile libero di Saffioti Francesco” ha richiesto il servizio sopra spiegato, non certo per incarico del Sindaco Giuseppe Ranuccio, ma per il privato cittadino Giuseppe Ranuccio, senza avere alcuna corsia preferenziale o tanto meno un comportamento di favore o addirittura contrario alle norme.
Se anche Lei, Consigliere, decidesse di risposarsi, potrebbe legittimamente chiedere ed ottenere lo stesso servizio, senza provocare alcun “danno erariale”, poiché anche se si verificasse tale felice eventualità, non verrebbe superato il limite del 20% che comunque la PPM spa è tenuta a rispettare, per quanto attiene le attività da potere svolgere in favore di soggetti diversi dalla P.A.
Al contrario di quanto da Lei avventatamente sostenuto, nessuna mala gestio si è quindi configurata ma, anzi, si è realizzato lecitamente un introito economico che, in definitiva, va a favore dell’intera collettività.
Per chiarire la questione, con specifico riferimento alla tematica delle società in mano pubblica, si sono espresse anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la Sentenza n. 10299 del 2013, dove si sostiene che: “non è dato ravvisare la giurisdizione della Corte dei Conti in controversie che abbiano ad oggetto la responsabilità per mala gestio imputabile ad amministratori di società a partecipazione pubblica, ove il danno di cui si pretende il ristoro sia riferito al patrimonio sociale, cioè ad un patrimonio che … appartiene alla società medesima, la quale non diviene essa stessa un ente pubblico sol per il fatto di essere partecipata da un ente pubblico”.
Le Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 3/1993 cit.; S.U. n. 4989/1995 cit.; S.U. n. 2738/1997 cit.. Di recente Cass., S.U., 7799/2005 cit.) hanno riconfermato che: Normalmente, come è stato già sottolineato dalla stessa Corte (Cass. Sez. Un. 6.5.1995, n. 4989; 6.6.1997, n. 5085; 26.8.1998, n. 8454) la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché lo Stato o gli enti pubblici (Comune, Provincia, etc.) ne posseggano le azioni, in tutto o in parte, non assumendo rilievo alcuno, per le vicende della medesima, la persona dell’azionista, dato che tale società, quale persona giuridica privata, opera “nell’esercizio della propria autonomia negoziale, senza alcun collegamento con l’ente pubblico”: il rapporto tra la società e l’ente locale “è di assoluta autonomia, sicché non è consentito al Comune incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società per azioni mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali”.
Tuttavia, come è stato più volte evidenziato dalla Cassazione a Sezioni Unite (ma anche da una parte della giurisprudenza amministrativa), la società pubblica è un soggetto autonomo rispetto all’ente pubblico proprietario e quest’ultimo non ha poteri ulteriori rispetto a quelli ad esso attribuiti in qualità di socio.
Ritenendo di avere chiarito ogni dubbio circa la legittimità dell’attività svolta, si auspica che lo sforzo politico futuro sia orientato su altre questioni costruttive per la nostra collettività, piuttosto che su fatti di alcuna fondatezza o consistenza giuridica.
Distinti saluti
Il presidente della PPM s.p.a.
Avv. Angelo Langone