AUSER di GIOIA TAURO presentazione libro “IO PARLO. Donne ribelli in terra di ’ndrangheta” di Francesca Chirico
All’incontro, insieme all’autrice del libro, interverranno – introdotti e moderati da Mimma Sprizzi, presidente Auser del comprensorio di Gioia Tauro – Antonino Costantino, segretario generale Cgil comprensorio di Gioia Tauro; Giulia Pantano, magistrato della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e Liliana Esposito Carbone. Lettura e interpretazione di brani scelti dal libro a cura di Andrea Naso, attore della compagnia “Dracma” – Residenza teatrale di Polistena.
Come scrive l’autrice, nell’introduzione, “I codici della ’ndrangheta ignorano differenziazioni di genere, e non certo perché rispettosi delle pari opportunità: la presenza delle donne, semplicemente, non è contemplata e il loro silenzio mansueto – nonostante l’imprevedibilità della natura femminina «cantata» da tanta tradizione popolare – è presupposto dentro e fuori la famiglia-cosca. È un dato culturale, consegnato da un mondo contadino di poche parole che alle donne affidava la casa e precludeva la polis”. “Il messaggio è chiaro: la caratteristica più importante di una donna di ’ndrangheta, non importa quanto sia scaltra, spietata o a quali importanti compiti dirigenziali sia stata cooptata, resta il silenzio”. In Calabria, però, ci sono donne che hanno parlato “infrangendo il silenzio assegnato dalla tradizione e preteso dalle cosche, combattendo paura e pudore, raccogliendo, non in misura uguale, disprezzo e solidarietà”. Sono “madri, figlie, sorelle che negli ultimi trent’anni hanno socializzato il dolore, per socializzare l’ingiustizia, rimanendo spesso sole o isolate e pagando, in troppe, un prezzo altissimo. Vittime di ’ndrangheta che, senza vittimistica rassegnazione, hanno trasformato la ricerca privata di giustizia in una battaglia collettiva di civiltà, «il pathos della tragedia in ethos della democrazia»”.
“Collaboratrici di giustizia come Giuseppina Pesce, cresciuta all’interno della cosca più potente di Rosarno, e Rosa Ferraro. Testimoni come Lea Garofalo, il cui esempio di coraggio risplende oggi nella figlia Denise, o come Maria Concetta Cacciola e Tita Buccafusca che, ritornate sui propri passi, hanno preferito l’acido a una vita tra quattro mura «onorate». Una scelta di rottura, la loro, che ha infranto muri considerati impenetrabili e potrebbe addirittura abbatterli, se diventasse contagiosa. La condizione è che la loro voce non risuoni solo nelle aule dei tribunali e che ad ascoltarla non ci siano solo i magistrati”.
“Io parlo raccoglie e ricostruisce alcune di queste storie, intrecciate con gli ultimi trent’anni di storia criminale calabrese e con il cammino di una terra perennemente in cerca di voce e parole”.