Un’assemblea pubblica nel cuore delle Serre calabresi per costruire argini al degrado del territorio e alla gestione autoritaria della transizione energetica.
Se, come vuole un adagio pessimista, il peggio può non avere mai fine succede pure però che la sensazione di avere toccato il fondo contribuisca a generare imprevedibili energie e concrete capacità di risalire la china. E il bisogno di trasformazione del modello di società in cui siamo immersi ha innervato l’intero dibattito tra i numerosi esponenti di associazioni locali e nazionali, cooperative, avamposti agricoli autonomi, centri sociali provenienti da vari comuni del comprensorio serrese e da luoghi più lontani della Calabria, e riuniti all’ombra di un grande albero a pochi passi dal lago Acero, nel comune di San Vito sullo Jonio.
L’ assemblea ha concluso la manifestazione del 19 marzo “Difendiamo la montagna” (una protesta contro l’eolico stragista, responsabile di un assurdo genocidio di comunità vegetali e suoli con relativa perdita delle loro funzioni ecosistemiche ), articolata in tre diversi momenti: il raduno nei pressi del municipio di San Vito, segnato da una socialità intensa, gioiosa e musicale, e costeggiato da alcuni brevi interventi che si proponevano di avviare la riflessione collettiva sulla crisi ecologica planetaria aggravata da pseudo rimedi discendenti dallo stesso male che l’ha provocata; il successivo “pellegrinaggio tra i faggi” curato dall’associazione Calabria trekking e vissuto come un abbraccio alla madre terra ferita e offesa dai suoi scellerati figli e appunto la riunione finale (in verità preceduta da un altrettanto importante momento di ristoro conviviale), caratterizzata tra l’altro dalla partecipazione davvero straordinaria di Giulio Santopolo, sindaco di Petrizzi impegnato nella difesa attiva dell’ambiente mentre la maggior parte dei suoi colleghi, tutti assenti ingiustificati, è viceversa intraprendente sul fronte della svendita del territorio ai portatori di progetti di tipo coloniale oltre che distruttivo. Tra il racconto di alcune esperienze positive e il resoconto di certi “dolori in corso”, come quello connesso al programmato e dissennato taglio di più di 15.000 alberi nel comune di Girifalco, è emerso il livello alto di informazione e la lucidità dei partecipanti, convinti di dover investire il più possibile, da ora in avanti, in spazi e processi di socialità, democrazia e sperimentazione. “A chi ci accusa di essere preda della sindrome Nimby (non nel mio giardino) – è stato affermato – rispondiamo che siamo contrari, per tutti i giardini e tutti i luoghi del mondo, soltanto alle mega-rinnovabili, partorite da una visione centralizzata e su grande scala. Le consideriamo invece opportunità emancipatrice se diventano uno strumento di autoconsumo, se si fanno cardine di comunità energetiche democratiche e su piccola scala senza consumare suolo”.
Insomma l’assemblea non è stata certo espressione di un fronte del no a tutti i costi ma una fucina di analisi e proposte tendenti a coniugare protezione dell’ambiente, diritti sociali e creazione di nuovo lavoro. Avranno filo da torcere gli amministratori ben disposti nei confronti degli affaristi green: l’impressione, infatti, è di aver partecipato a una mobilitazione capace di propagarsi presto in tutta la società calabrese.