Statti: “In Calabria crescono le aree soggette a rischio idrogeologico. Si corra ai ripari”
LAMEZIA TERME 19.01.19 – La Calabria è tra le regioni in Italia che ha visto maggiormente incrementare la vastità di aree a rischio idrogeologico. E con questo fette di territorio esposte al pericolo di frane. Dal report elaborato dal Centro studi di Confagricoltura su dati Ispra, si stima che le aree esposte al rischio frane sono passate da 706 chilometri quadrati del 2015 a 903 del 2017 con un incremento pari al 28%. Una variazione che pone la Calabria al terzo posto in graduatoria tra le regioni per aumento delle zone soggette a rischio idrogeologico. Significa che su circa il 6 per cento dell’intero territorio calabrese incombe la spada di Damocle dei potenziali danni derivanti da frane e smottamenti.
Un dato che fa il paio con quello relativo alla percentuale di superficie regionale soggetta a rischio idraulico. Nel 2017, periodo preso in esame dal centro studi di Confagricoltura, si è arrivati a 1.741 chilometri quadrati di territorio sotto questo genere di minaccia. Si tratta cioè dell’11,5% dell’intera Calabria.
Le aree più esposte sono quelle che ricadono nelle zone rurali e nei piccoli comuni dell’entroterra dove maggiore è stato il fenomeno dell’abbandono del territorio e che nel tempo hanno per questo subito pesanti conseguenze in termini di perdite di vite umane e di erosione di terreni agricoli. Confagricoltura ricorda che le frane e le alluvioni, oltre a costituire un grave rischio per l’incolumità dei cittadini (negli ultimi 50 anni in Italia si sono registrati 1.850 morti, 2.000 feriti, 318 mila senzatetto), rappresentano un onere non indifferente per le casse pubbliche in termini di riparazione dei danni: solo nel 2018 sono stati spesi 3 miliardi. E, anche nell’ultimo anno, la Calabria risulta essere tra le aree più colpite.
“Occorre – commenta Alberto Statti, presidente di Confagricoltura Calabria – un piano serio e concordato tra tutti gli attori preposti a prevenire le conseguenze di fenomeni così devastanti”. Secondo Statti, “la strada che abbiamo da tempo sollecitato è quella di convocare al più presto un tavolo istituzionale aperto alle organizzazioni che vivono il territorio da vicino”. “Un passaggio doveroso – sottolinea – per evitare di dover spendere maggiori risorse per riparare danni che potrebbero essere, per far un esempio, facilmente prevenuti magari con una corretta pulizia degli alvei dei corsi d’acqua o con regolari interventi di manutenzione idraulica a monte”. A questo proposito il presidente Statti ha ricordato che “mediamente gli oneri per la riparazione dei danni legati a fenomeni idrogeologici costano alla finanza pubblica da 3 a 4 volte di più degli interventi di prevenzione”. Da qui l’appello alla politica e alle istituzioni.
“È necessario non perde ulteriore tempo – conclude Statti – passando dalle parole ai fatti senza alcun balletto di responsabilità su chi debba intervenire e su cosa debba essere fatto. Si tratta di elaborare e mettere in campo un programma organico di interventi che consenta di superare la logica emergenziale e che, viceversa, punti alla prevenzione ed eviti che tragedie come quella che ha distrutto una famiglia nel Lametino ad ottobre scorso possano ripetersi”.