Reggio, Arundo donax – Suoni di Canna spettacolo di teatro musicale multimediale
Debutta domenica 29 Luglio alle ore 22:00, presso il Face Festival 2018 nel Parco Ecolandia di Reggio Calabria, lo spettacolo ARUNDO DONAX – suoni di canna, una performance originale di teatro musicale e multimediale, risultato della ricerca sul campo sui “suoni” dell’Aspromonte, condotta da Mimmo Morello e Nino Cannatà.
L’obiettivo è quello di portare all’attenzione del pubblico i suoni e le immagini della cultura di tradizione orale, attraverso il teatro e la sperimentazione dei linguaggi dell’arte, come la musica, la danza, il cinema.
La performance prodotta da LYRIKS, Laboratorio Interdisciplinare Ricerche Artistiche, con regia e video live di Nino Cannatà, vede in scena il polistrumentista Mimmo Morello e la danzatrice Alessandra Mariano in un continuo dialogo esplorativo tra suoni, immagini, danze e gesti rituali, rimandi alla tradizione orale e all’utilizzo della Canna comune (nome scientifico Arundo donax) che cresce spontanea e rigogliosa su tutto il territorio che si affaccia sul mediterraneo, presente, fino a qualche decennio fa, in ogni momento della vita, ordinario ed extra-ordinario, durante la festa, il rito religioso, il gioco, il lavoro, il racconto, la musica.
Una prima nazionale per il Face Festival 2018 già eseguita in forma di primo studio a Cittanova, in occasione della prima edizione del Piana Eco-festival.
Intorno alla Canna comune vi è un mondo di saperi e competenze artigianali, custodite gelosamente dai maestri liutai che la utilizzano per far suonare gli strumenti musicali della cultura agro pastorale. Suoni di canna come riferimento al termine “u sonu” (il suono) che in Aspromonte sta ad indicare appunto la musica ed il ballo tradizionali e, per estensione, anche le altre forme di vita comune permeate di musicalità. Per “mettere in scena” l’arcaicità e la risonanza di un elemento molto diffuso come l’Arundo donax, si è scelto di eseguire i repertori musicali tradizionali con modalità e contesti altri da quelli originari fino a produrre suoni ancestrali e allo stesso tempo innovativi.
Non bisogna dimenticare che strumenti in canna esistono in diverse regioni del mondo, notoriamente nella cultura sarda, con uno strumento affascinante come le launeddas, e che la canna è tuttora utilizzata per far risuonare gli strumenti della musica colta come il sax, il clarinetto, l’oboe, il fagotto, per citarne alcuni.
L’Arundo donax è utilizzata come oggetto percussivo dal danzatore-attore, è soggetto del video, è scenografia, permette il suono degli strumenti, è strumento musicale: zampogne, flauti doppi, flauto singolo, corno ad ancia, carriciola (tamburo a frizione rotante), raganella, “ceramedduzza” (doppio clarinetto popolare) in canna, ancia semplice e doppia, tamburello, lira calabrese (cordofono ad arco popolare), catapu’ (tamburo a frizione a bacchetta), launeddas (triplo clarinetto popolare), flauto armonico.
Il pretesto narrativo è il passaggio dalla quadrupedia alla bipedia, raccontato attraverso un linguaggio corporeo che si situa al crocevia di varie tecniche, dal mimo, tecnica Lecoq, con l’utilizzo della maschera neutra, nata dal genio di Amleto Sartori, alla danza contemporanea, al butoh, alle danze sacre di ispirazione sufi. L’essere non ben definito, interpretato da Alessandra Mariano, cresce e si identifica attraverso e grazie alla musica. I suoni diventano parola e ci raccontano l’elevazione del danzatore e la sua identificazione.
Il finale della performance rimane aperto a creazioni estemporanee, grazie alla partecipazione di altri musicisti o attori, nel rispetto dello stile e dei linguaggi della musica di tradizione orale.
Lo spettacolo è un omaggio all’animale uomo, dotato di grande immaginazione e capacità creativa, in grado di vedere in una canna, l’Arundo donax, uno strumento musicale, un giocattolo, un vestito, uno strumento per alleviare le fatiche quotidiane del lavoro dei campi…, un sostegno per la sua elevazione fisica e morale.
La ricerca continua di un’armonia possibile tra esseri e specie diverse, una convivenza che sia elevazione di tutti e non appiattimento delle differenze, questo è il fine ultimo della cultura, la creazione di un uomo nuovo, in grado di concepire un unicum che contempli modi diversi di stare al mondo.
La ricerca ecologica indaga questo uomo nuovo, e la possibilità per quest’ultimo di stare al mondo senza annullare il mondo, con i suoi saperi e l’ambiente che lo circonda, che lo arricchisce, che lo nutre, che lo veste, che lo ripara, che gli permette di respirare.