Mario Caligiuri e Andrea Sberze: l’intelligence è un investimento culturale
VIBO VALENTIA. Se a partire dall’11 settembre 2001 il concetto di terrorismo è entrato a far parte della nostra quotidianità, dal 7 gennaio 2015 – anniversario della strage nella sede del giornale Charlie Hebdo a Parigi – non c’è giorno in cui non venga scritta sui quotidiani o detta nei notiziari la parola “intelligence”, che è un metodo di trattamento delle informazioni per selezionare quelle realmente rilevanti, consentendo di comprendere e analizzare la realtà poiché “è un termometro culturale di questo tempo”.
Se n’è parlato al Festival Leggere&Scrivere 2017 in occasione della presentazione, in anteprima nazionale, del libro di Mario Caligiuri e Andrea Sberze Il pericolo viene dal mare. Intelligence e portualità, appena edito da Rubbettino con la prefazione di Lucio Caracciolo. Come hanno ribadito durante l’incontro i due autori, il ruolo centrale dell’intelligence si intreccia con la questione della sicurezza via mare. Infatti, a partire dai tempi della fine della guerra fredda, i confini tra criminalità e terrorismo non sono più così netti. Hanno affermato Caligiuri e Sberze: «Circa l’80% dei flussi commerciali globali si svolge via mare con procedure molto complesse. La movimentazione della merce su una scala così larga può essere sfruttata dalla criminalità e dal terrorismo, rendendo vulnerabili le infrastrutture portuali e agevolando l’economia e i traffici illeciti».
Ne consegue che, se l’intelligence rappresentava in passato un argomento di nicchia, oggi la sua percezione sociale è enormemente cambiata. Hanno sottolineato Caligiuri e Sberze: «Essa rappresenta uno strumento che consente a tutti, cittadini, imprese e Stati, di comprendere la realtà e ricomporre il sapere». Hanno, quindi, concluso: «Il fatto che un tema come questo abbia risalto anche all’interno di un festival della letteratura è emblematico della trasformata percezione sociale e della necessità di questo strumento, che rappresenta un autentico investimento culturale, poiché potrebbe essere presto studiato nelle scuole e nelle università italiane, così come già avviene da tempo in tanti altri Paesi del mondo».